mercoledì 11 aprile 2018

Gentle Giant - Acquiring The Taste (recensione)

Un album che per me è un po' un paradosso, in quanto regalatomi pochi giorni fa nonostante lo conoscessi già da molti anni. I paradossi dell'era di Internet suppongo... Però, per come sono fatto io, non riesco mai a dedicarmi all'ascolto di un album con attenzione ed impegno finché non ne ho una copia originale tra le mani. Immagino che sia il vecchio che vive in me che ogni tanto si fa più evidente. Comunque, negli anni ho avuto modo di esplorare la discografia dei Gentle Giant in lungo e in largo e posso tranquillamente dire che, pur amando molti altri loro album, questo Acquiring The Taste è forse il più riuscito. Forse perchè il quasi eccessivo (e sottolineo quasi, specialmente tenendo conto di molto progressive più recente) tecnicismo degli album successivi a Octopus qui è molto meno evidente, implementato in brani complessivamente più "facili" all'ascolto ma non per questo meno complessi. Quasi come se il tutto fosse semplicemente più a fuoco, meno sfuggente, più concreto e memorabile.
Fin dall'apertura con Pantagruel's Nativity, con testo ispirato al libro Gargantua e Pantagruele di Rabelais, si nota come i consueti intrecci siano costruiti intorno a linee melodiche memorabili, parti che rimangono stampate nella mente. Anche il riff di chitarra che ogni tanto emerge, per poi portare il brano alla magnifica parte centrale, con armonie vocali che definire audaci è quasi riduttivo. Il tutto però, seppur indubbiamente complesso, non suona freddo, cosa che invece sento in alcuni loro lavori successivi (i magnifici In A Glass House o The Power And The Glory, pur adorandoli, ne sono un esempio). Edge Of Twilight è un brano più "pacato" ma decisamente interessante (solo io l'ho sempre trovato un po' inquietante?), specialmente nella parte centrale dove di nuovo le voci esplorano territori inusuali per poi lasciar spazio ad una sorta di assolo(?) di timpani ed interventi di clavicembalo. Un brano che ho sempre sottovalutato a dire il vero, sbagliandomi. Interessante notare la citazione a The Moon Is Down all'inizio, brano che troveremo più avanti. The House, The Street, The Room ci riporta in territori più movimentati con il consueto cantato aggressivo di Derek Shulman, alternandosi con Kerry Minnear qua e là. Un brano che diventa poi particolarmente interessante nella quasi impressionistica parte strumentale centrale, poi praticamente spazzata via da un'aggressiva entrata prima della chitarra e poi del resto del gruppo (con tanto di Hammond distorto, cosa piuttosto rara per loro) ad accompagnare un bell'assolo, tra l'altro curiosamente piuttosto "canonico" tenendo conto del gruppo in questione, di Gary Green. Ciò ci accompagna alla ripresa del cantato e alla chiusura di un gran bel brano, uno dei migliori dell'album. La title track è una sorta di breve parentesi strumentale del solo Kerry Minnear, dove può sfoggiare le sue doti al Moog intrecciandone molteplici parti e creando una interessante partitura con un che di barocco. Mi ha sempre incuriosito l'inizio "stonato": mi chiedo se sia un effetto voluto o un errore di velocità del nastro. Wreck sembra quasi riprendere il discorso iniziato con Why Not? nell'album precedente, rivelandosi però un brano decisamente migliore non solo per il riff azzeccato ripetuto molteplici volte, ma anche per il contrasto con le sezioni quasi barocche (di nuovo) che spezzano il brano. Un capolavoro per me.
The Moon Is Down è un'altra delle mie preferite: bellissime le melodie e l'uso dei fiati all'inizio, particolarmente riuscito poi l'intermezzo strumentale, forse la parte che preferisco dell'intero album. Poi la ripresa della prima sezione alla fine mi ha sempre fatto venire la pelle d'oca. Ecco, proprio parti come questa mi convincono del fatto che l'equilibrio tra parti puramente tecniche ed altre semplicemente belle ed emozionanti raggiunto in questo album, raramente in altri si è ripetuto con altrettanta efficacia. Ovviamente senza nulla togliere agli altri loro lavori! Black Cat è un piccolo gioiellino con quartetto d'archi che ben rappresentano un andamento felino; forse qui sono un po' meno efficaci le parti vocali, ma di fronte a tale perfezione strumentale ci si può solo inchinare. La conclusiva Plain Truth ci porta in territori più "canonici" dove violino e chitarra guidano il tutto regalandoci un brano che forse in un certo senso impallidisce al confronto con altri, ma che si tratta comunque di una energica conclusione perfetta per questo album.
Come detto all'inizio, Acquiring The Taste si tratta, molto probabilmente, del mio album preferito in assoluto dei Gentle Giant, seguito a ruota da Octopus e dal primo omonimo. Trovo che dopo Octopus la loro musica sia diventata un po' più impervia, con più tecnica a volte fine a sé stessa e meno cose che considero memorabili. Anche se vorrei spezzare una lancia a favore di In'terview: album di cui si parla troppo poco ma meritevole di essere affiancato a cose come Free Hand (anzi, lo preferisco anche a quest'ultimo personalmente).
Un ultimissimo appunto sulla produzione di Tony Visconti che qui fa davvero un ottimo lavoro.
Un voto? Beh dai, sono generoso in questo caso, se lo merita: un 9.



2 commenti:

  1. Capolavoro magnifico......pazzesco.....come hanno fatto ha scrivere certe meraviglie. In Wreck tra gli intermezzi e la ripresa della strofa, come aggancio c'è un breve passaggio di organo, molto fiabesco, come dire: ecco i marinai stanno morendo, e si riprende la filastrocca dicendo che tutto quel che rimane è il profondo mare crudele e pezzi e oggetti della nave affondata.
    e Isn't Quiet ad Cold? del primo album? Parla di un uomo che perde l'autobus e si ritrova apassegiare dal solo. E IL PEZZO E' NEL TEMPO PERFETTO PER LA CAMMINATA!!!! Con tanto di assolo di Xilofono del batterista Martin Smith....ma di che cosa stiamo parlando? Geni assoluti e irripetibili. Un saluto!!!!!

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    1. Vero, i Gentle Giant erano davvero incredibili... Grazie per aver letto la recensione!

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