lunedì 27 luglio 2020

Electric Light Orchestra - Zoom (2001) Recensione

Dopo la pubblicazione del suo primo e, tecnicamente, unico album solista nel 1990, Armchair Theatre, Jeff Lynne passa tutti gli anni '90 in veste di produttore, lasciandosi alle spalle non solo l'Electric Light Orchestra, ma anche la sua carriera solista. Quindi via a collaborazioni importantissime come la reunion dei Beatles nel complicato riadattamento dei demo di Lennon Free As a Bird e Real Love, a quella con il solo McCartney in Flaming Pie, al già più volte rodato sodalizio con Tom Petty in Into The Great Wide Open; l'elenco è veramente lungo. Per tutti gli anni '90 si sono inseguite insistenti le voci su di un seguito di Armchair Theatre, ma il tutto sembrava non volersi avverare, almeno fino al 2001.
Infatti proprio in quell'anno, senza che nessuno se lo aspettasse, ecco che vide la luce Zoom, primo album di musica inedita di Lynne in dieci anni e, soprattutto, il primo dal 1986 a nome Electric Light Orchestra. Di fatto Lynne sembrava essersi lasciato definitivamente alle spalle il fardello legato a quel nome, così come ogni tipo di lavoro "da band" (esclusi i Traveling Wilburys), preferendo situazioni di totale controllo quando non di completa solitudine. Ed infatti, nonostante si sia deciso di rispolverare il suddetto nome, Zoom è comunque un lavoro del solo Lynne, con giusto qualche collaboratore esterno a dare una mano, ma comunque nulla di simile ad una band. Pare ovvio che la decisione di far uscire Zoom a nome ELO e non a nome Jeff Lynne fu dettata sia da un impeto di fiducia raro da parte di Lynne (specie dopo essersi aggiudicato legalmente la paternità del nome), ma anche e soprattutto da una palese questione di immagine che avrebbe aiutato le vendite. Proprio in quel periodo infatti vide anche la luce Flashback, un sostanzioso cofanetto antologico con brani editi ed inediti degli ELO, ad alimentare il senso di "grande ritorno" di questo leggendario marchio.
Di fatto però Zoom ha le sembianze di un vero e proprio seguito di Armchair Theatre, con l'unica differenza nel nome di copertina. Gli arrangiamenti essenziali, la batteria e le chitarre tipiche della produzione di Lynne da fine anni '80 in poi, gli ingredienti ci sono tutti; chi si aspettava un ritorno al sound orchestrale di Out Of The Blue ha di che rimanere deluso. Lynne si occupa praticamente di tutto, dalla composizione alla produzione all'esecuzione sia vocale che strumentale, pur invitando ospiti illustri come l'ex ELO Richard Tandy alle tastiere in Alright, Ringo Starr alla batteria in Moment In Paradise e Easy Money, e George Harrison alla chitarra in Long Time Gone e All She Wanted, in quelle che si rivelarono essere tra le sue ultime registrazioni prima della sua morte.
Tutto l'album è carico degli ingredienti tipici del "Lynne sound" dai tempi di Secret Messages, lasciando da parte i fuochi d'artificio sonori e partorendo una serie di canzoni semplici, essenziali, in cui il focus è tutto sul songwriting. E ciò è testimoniato da melodie di pura bellezza come in Moment In Paradise, Ordinary Dream, Lonesome Lullaby, a cui fanno da contraltare momenti un po' più spinti, basati su riff di chitarra, come Alright, State Of Mind o la dylaniana Melting In The Sun. Nonostante non ci sia una gran varietà, specialmente a livello di arrangiamenti, Zoom sostanzialmente non ha punti deboli, mancando giusto forse di un po' di carica sparsa qua e là, visto il generale feel "mid-tempo" di gran parte dei pezzi.
Di fatto, però, il grande ritorno degli ELO nella nuova veste di band di supporto a Lynne ebbe vita breve, in quanto le vendite di Zoom furono deludenti, ed il tour di supporto finì ancora prima di incominciare, essendo annullato appena dopo la prima data di presentazione, da cui fu tratto un DVD. Forse i tempi non erano ancora maturi, forse non si era ancora in vena di "revival", ed infatti un'operazione simile fatta poi nel 2012-13 portò altri nuovi ELO a supporto di Lynne ad un enorme e celebratissimo concerto ad Hyde Park, spianando la strada ad un paio di ottimi album in studio (non così lontani da Zoom stilisticamente), e ad anni di infiniti tour.
Tempismo sbagliato a parte, Zoom è degno di stare al fianco dei migliori lavori di Lynne, mostrando maturità, solidità, ed in generale ottime idee compositive come ci si può ovviamente sempre aspettare da lui. Negli anni Zoom sparirà da ogni catalogo diventando irreperibile, fino al 2013, anno in cui la Frontiers lo ristampa con in aggiunta la bella One Day ed una versione live di Turn To Stone tratta dall'unico concerto del 2001. Unico appunto sull'artwork, curiosamente revisionato e, di fatto, peggiorato (vedere qui a lato), quasi a voler trascinare giù il livello alla pari degli orridi artwork degli altri album partoriti abitualmente dalla Frontiers.