giovedì 12 settembre 2019

2 Days Prog + 1 Veruno (06/09/19 - 08/09/19) - Racconto di Venerdì e Domenica


Come da tradizione ormai dal 2015, ho deciso anche quest'anno di assistere al festival 2 Days Prog + 1 di Veruno, attirato indubbiamente da qualche headliner, ma aperto ad ogni proposta anche solo vagamente interessante (nonostante il mio progressivo allontanamento dal progressive, pun intended), ben conscio dell'ottima organizzazione che caratterizza da sempre il festival e che rende l'esperienza sempre piacevole. A differenza degli altri anni questa volta sono stato presente due giorni su tre, il Venerdì e la Domenica, ed ho avuto la fortuna di assistere a gran parte dei gruppi che hanno suonato in questi due giorni.
Premessa importante: quelli qui sotto sono pareri personalissimi di chi scrive, e siccome non si è qui a baciare il deretano a chiunque come è usanza in questo ambiente, ci saranno anche critiche, si abbia pazienza.
Il Venerdì ho ascoltato di sfuggita i Cantina Sociale che suonavano all'auditorium vicino alla piazzetta dove risiede il palco principale, e, probabilmente per limiti del sottoscritto, non ho alcuna memoria di ciò che ho ascoltato, e non so se è un bene o un male.

Arrivati in piazza ecco che inizia la serie di esibizioni sul main stage, a partire dagli Universal Totem Orchestra. Indubbiamente un gruppo tecnicamente impeccabile ed interessante per coloro che cercano sonorità più complesse, a me personalmente non hanno attirato più di tanto, anche vista la presenza di una cantante di impostazione lirica decisamente troppo "ingolata" per i miei gusti. Musica forse troppo "seria" e "colta" (qualunque cosa significhi) per chi scrive. Un ottimo momento per mangiarsi un bel panino con la porchetta e curiosare tra le bancarelle di CD.

Decisamente meglio i peruviani Flor De Loto, che con il loro mix di rock dalle venature metalliche ed una forte presenza dei vari fiati, non solo l'onnipresente flauto traverso ma anche flauto di pan ed un altro tipo di flauto presumo tradizionale del Perù, hanno saputo coinvolgere e divertire. Bellissima anche l'iniziale cover di El Condor Pasa di Simon & Garfunkel.


Successivamente ecco il Balletto Di Bronzo, di cui ammetto che non conoscevo nulla. Di certo non posso dirmi fan dopo questo concerto, visto il per me eccessivo peso di gran parte della musica che ho ascoltato, ma la sola presenza scenica di Gianni Leone vale il prezzo del biglietto. Impressionante la resa sonora con solamente tre membri sul palco, grazie anche e soprattutto al gran lavoro del bassista e alle indubbie qualità sia tastieristiche che canore di un Leone in gran spolvero, sempre pronto alla battuta pungente con quel fare supponente che riesce a non risultare odioso. Curiosa la decisione di eseguire una cover di Nevermore dei Queen, cosa che ho apprezzato non poco.

Mentre la pioggia va e viene ed il freddo aumenta, ecco finalmente i Caravan. Da tempo orfani dei Sinclair e con ormai solamente Pye Hastings presente della formazione originale, hanno presentato una scaletta con largo spazio dedicato al classico In The Land Of Grey And Pink, per poi dedicarsi a brani dagli album successivi, provocando l'orrore nelle orecchie dei proggettari più incalliti e guadagnandosi la mia infinita stima (perchè diciamocelo, lamentarsi che i Caravan fanno pop significa non aver mai ascoltato bene la loro musica, anche quella più "prog"). Notevole il lavoro di Geoffrey Richardson alla viola, al flauto, ai cucchiai, alla chitarra e chi più ne ha più ne metta, così come il misurato e preciso contributo di Jan Schelhaas alle tastiere, mentre il nuovo batterista Mark Walker ha saputo divertire con il suo entusiasmo da vendere. In definitiva un'ottima chiusura di un'ottima giornata di concerti.







Domenica invece, sopravvissuti ad un bel temporalone in autostrada, arriviamo e ci sono gli Overture all'auditorium, sui quali si può copiare ed incollare il commento relativo alla Cantina Sociale di poco sopra.
In Piazzetta invece inizia il Bacio Della Medusa, che tra pioggia battente e l'ennesimo panino con la porchetta, passano abbastanza velocemente senza lasciare troppe tracce nella mente del sottoscritto, a parte un evidente plagio ai Triumvirat.

Parlando di potenti voci, ecco gli Acqua Fragile con l'inossidabile Bernardo Lanzetti. E se la sua voce che tanto deve a Roger Chapman è fuori da ogni discussione, le effettive canzoni hanno provocato una narcolessia acuta in chi scrive, in quanto piuttosto generiche e prive di un qualunque punto di interesse. Insomma è come avere un motore Ferrari e metterlo sull'Apecar.

A seguire arrivano gli Arena, gruppo di cui conoscevo poco o niente e da cui non mi aspettavo nulla. Ed invece si sono trattati di una delle più belle sorprese per il sottoscritto, proponendo un bel rock spinto e coinvolgente ottimamente suonato ma, soprattutto, egregiamente cantato (cosa rara nel genere che dà il nome al festival). Non essendo fan non ho molto da dire sulla scaletta, a parte che personalmente ho apprezzato ogni brano, dalla lunga suite The Legend Of Elijah Shade ai brani più semplici sempre coinvolgenti e piacevoli. Un plauso a Mick Pointer che con le sue tanto discusse imperfezioni stilistiche dona umanità ad un genere spesso fin troppo robotico. Gli Arena si sono ufficialmente guadagnati un fan in più.

Ed infine ecco gli Iron Butterfly. Certo, la formazione è interamente rivista, con ahimè nessun membro originale a farne parte, portandoci quindi a chiederci se di fronte abbiamo la band di cui il nome od una tribute band ufficializzata. Ma poco importa alla fine, in quanto la resa sonora e le performance sono di altissimo livello, con l'unica mancanza di una voce possente come quella di Doug Ingle. C'è poi chi potrebbe storcere il naso per la presenza dell'Hammond al posto del Vox che tanto caratterizza il sound di questa band, ma dopo aver ascoltato quel possente suono è impossibile aver da ridire su nulla. La scaletta pesca pesantemente dai primi tre album della band, con chicche come Flower And Beads e Filled With Fear in mezzo a classici come l'Iron Butterfly Theme, Are You Happy? e l'immancabile e chilometrica In-A-Gadda-Da-Vida in chiusura prima del bis di Unconscious Power. In mezzo poi impossibile non citare Butterfly Bleu, notevolmente estesa da vari assoli al suo interno come si faceva nei bei vecchi tempi. Insomma qualunque sia la formazione, certi brani sono inossidabili, ed ascoltarli lascia sempre qualche brivido.



Quindi, tra alti e bassi anche questa edizione del 2 Days Prog + 1 volge al termine, come al solito caratterizzata da un'organizzazione che dovrebbe far scuola a tanti altri festival analoghi o aspiranti tali, specialmente rimanendo in Italia.
E ora si attende l'anno prossimo. Chi scrive è ancora qui a sperare in Arthur Brown...
Qui sotto vi lascio qualche video dei Caravan e degli Iron Butterfly.