lunedì 28 agosto 2017

Momento di auto-promozione

So che probabilmente interesserà a pochi, ma siccome pochi sono anche coloro che seguono questo blog, spero che interessi a loro! Ebbene, io e la mia ragazza Martina facciamo musica: lei canta e io mi occupo del resto. Abbiamo iniziato con delle cover (che riprenderemo a fare) e poi abbiamo pubblicato il nostro primo album ad Aprile, Favete Linguis (lo trovate su Bandcamp, su Spotify...). Ora stiamo lavorando al secondo: un concept album che si aggira intorno all'art-rock. Ho quindi pensato di condividere con voi un piccolo frammento di un brano che abbiamo ultimato da poco. Ulteriori novità a breve! Ah ovviamente, se volete, potete anche seguirci su Facebook!

sabato 26 agosto 2017

IQ in Italia!


Segnatevi questa data: 9 Febbraio! Di poco fa il post sulla pagina Facebook degli IQ che dice:

"Stop press: IQ return to Italy!
We've just confirmed we'll be playing Veruno on the 9th February next year. It will be the Phenomen club this time - see the website for ticket details. Really looking forward to this one - see you there!"

Non al "Phenomen" come scrivono loro, ma il Phenomenon Club a Fontaneto d'Agogna (Novara), quindi non proprio Veruno ma relativamente vicino... Sicuramente presto avremo informazioni su come e dove acquistare i biglietti, che pare siano tra i 25 e 30 euro.

Marillion - Holidays in Eden (recensione)

Si parla spesso di "svolta pop" per molte band, anche se raramente si tratta di scelte volute quanto di normali evoluzioni artistiche e stilistiche, piacciano o meno. Questo Holidays in Eden invece è diverso.
Perchè si tratta effettivamente di un tentativo ben chiaro di andare in quella direzione da parte dei Marillion e del produttore Christopher Neil, principale artefice del suono contenuto in questo tanto discusso disco. C'è anche da tener conto del fatto che questo fu effettivamente il primo album composto dai Marillion con Steve Hogarth. Perchè il precedente Seasons End era frutto di lavori iniziati ancora con Fish in formazione, ed ultimato con un Hogarth presente praticamente solo come cantante\esecutore e poco più. Quindi una prova importante per la band, dove vengono fuori le differenze nei metodi di composizione, e dove si sente molto di più l'influenza del nuovo arrivato. Ed è forse proprio a causa di quest'album che molti "vedono male" i Marillion post-Fish, quasi quanto i Genesis post-Gabriel. Ma quello che poi si scoprirà ascoltando il successivo Brave, è che questo altro non è che un episodio isolato, un tentativo (fallito) di fare il gran salto.

Ma la musica quindi com'è? Beh, è vero che ci sono pezzi puramente pop, specialmente cose come Cover My Eyes, No One Can, Waiting To Happen; tutti pezzi melodici, semplici, fatti apposta per esser passati in radio. Ma sono brutti? No, affatto. Solo che se arriva il tipico ascoltatore prog che si commuove ascoltando l'inizio di Script For A Jester's Tear, con quest'album inizia a diventare idrofobo. Vero comunque che qua e là sono sparsi indizi su quella che forse era la vera direzione che avrebbero dovuto intraprendere, e che si noterà nell'album successivo. Basti ascoltare Splintering Heart in apertura all'album, The Party, la "suite" finale formata da This Town, The Rakes Progress e 100 Nights. Una sorta di neo-prog alleggerito, ma con intenzioni ben evidenti se si scava un poco sotto la produzione patinata (siamo ai livelli dei primi album dei Pendragon, quelli anni '80, tipo Kowtow).

Insomma potrebbe sembrare un passo indietro rispetto al precedente ed un passo falso se si ascolta il successivo Brave, ma per me rimane un album poco impegnativo che ascolto con piacere. Se per un attimo si smette di cercare a tutti i costi il prog, si possono trovare buone canzoni pop che non fa certo male ascoltare ogni tanto! Consiglio di ascoltare la versione a 2 CD, con un secondo cd di outtakes e demo che trovo molto interessante come aggiunta\contorno. Ovviamente si trova su Spotify. Un voto? Beh, preso singolarmente per quello che è potrebbe guadagnarci qualche punto, mentre se lo si confronta con altri lavori dei Marillion sfigura inesorabilmente. Credo che si tratti di un 7, o 7,5 se si apprezza un certo tipo di pop. Anche se sono i pezzi un po' più complessi ad alzare notevolmente la media facendo scorrere bene l'album anche grazie all'alternanza.

giovedì 24 agosto 2017

Nuovo album di Peter Hammill



Peter Hammill ha annunciato per il 3 Novembre l'uscita del suo nuovo album, intitolato "From The Trees", e scrive su Sofasound:

"At long last the latest solo album is now finished and ready for release. It’s titled “From the Trees” and will be out – on Fie! as ever – on November 3rd.

I’ve played and sung all the parts on the disc, as so often of late. There are ten songs, all at the short end of things and probably as close to conventional song structure as I get. I have, of course, already played quite a few of these live.

I’ll write more about this closer to the release date but for now I can say that the CD is up for pre-order at sofasound.com here: http://bit.ly/2xf12Ot. It’ll also be out on vinyl and you can order from Burning Shed here: http://bit.ly/2w6RPrs.

Oh,(as I emerge once again, blinking, into the light) I’ll also be doing a few solo shows in October and November, in Japan and Italy (plus one in Sweden). Again, you can find details at Sofasound.

Yes, I’m still here, I’m still going…on!"

Quindi si deduce che molto probabilmente sarà un album in linea con i suoi ultimi lavori, e che sicuramente alcune canzoni di From The Trees faranno capolino nei concerti di quest'autunno. Cosa che può interessare a coloro che saranno presenti, come il sottoscritto (precisamente a Milano). Quindi, in attesa di ulteriori informazioni che sicuramente avremo nei prossimi mesi, possiamo gioire per questa magnifica notizia! 

mercoledì 23 agosto 2017

Quando sono "finiti" i Genesis?

Sempre i soliti discorsi, sempre i soliti esiti. Chi "sono finiti con The Lamb", chi "sono finiti con Wind And Wuthering", "eh ma senza Gabriel", "eh ma senza Hackett". Per favore, basta!
Sapete quando sono finiti i Genesis? Nel preciso momento in cui, salvo reunion, hanno effettivamente smesso di far musica, quindi nel 1998, NON PRIMA. E volete sapere perchè?
Beh è semplice, basta vedere chi sono stati, nell'arco della storia dei Genesis, i principali compositori. All'inizio Anthony Phillips aveva un ruolo vitale, pure più di Tony Banks; sono finiti i Genesis dopo il suo abbandono? Dopo Trespass? Ci sono andati vicino, ma no. Hanno preso Hackett e Collins, entrambi per molti anni hanno contribuito marginalmente alla composizione, che invece è passata in mano quasi esclusiva di Banks e Rutherford. Ovviamente anche gli altri contribuivano, ma una Supper's Ready musicalmente ha scritto "Tony Banks" su quasi ogni singola nota. The Lamb è letteralmente cosparso del suo marchio stilistico. Gabriel lascia, perdono un grande paroliere ed un'insostituibile figura carismatica, oltre che una magnifica voce. Finiscono i Genesis dopo The Lamb? No. Perchè esce Trick Of The Tail, Collins canta, non compone, ma non compone neanche Hackett, o perlomeno molto poco. Questo perchè è appena reduce dal suo album solista. Quindi Trick è sostanzialmente un album di Banks e Rutherford, come quelli dopo. Qualcuno se ne è lamentato? Ah no, Hackett era in formazione ancora, anche se suonava e basta lì, quindi va bene. In Wind And Wuthering c'è effettivamente un aumento del contributo di Hackett, come in Blood on The Rooftops, ma i brani forse più celebrati dell'album sono One For The Vine e Afterglow. Uhm, chi li avrà mai scritti? Tony Banks? Esatto. Tutto questo per dire che, una volta che Hackett ha abbandonato, il nucleo compositivo principale è rimasto. E lo testimoniano alcune composizioni di And Then There Were Three, come Down and Out, Burning Rope, che probabilmente non vengono troppo considerate perchè "no Hackett no party" o perchè sono troppo brevi per essere prog. I Genesis sono finiti qui? No! E vi spiego anche il perchè. Sapete quali band sono effettivamente "finite" in quel periodo? Quelle che sono rimaste chiuse nel guscio del prog: i vari Gentle Giant, ELP, Van Der Graaf... I Genesis, anche con un po' di fortuna certo, hanno saputo sopravvivere dimostrando quindi una capacità non comune (certo, hanno semplificato le composizioni, ma ancora c'è gente che crede che scrivere dei pezzi pop che funzionano sia più facile che scrivere una suite prog? Dai, provateci!) E a chi dobbiamo questo? A Collins? Si e no, perchè se è vero che dall'81 ha avuto una carriera solista incredibile, in quanto a composizione nei Genesis nella migliore delle ipotesi c'era equilibrio, quando non svettavano i soliti Banks e Rutherford (come testimoniano i loro album solisti, non certo prog a partire dagli anni '80). Ma quindi se Hackett e Gabriel fossero rimasti? Beh, basterebbe ascoltare Cured o il progetto GTR di Hackett, oppure So di Gabriel. Non mi pare di vedere molto prog in questi album, e lo dico da fan di entrambi gli artisti e adorando So. Avremmo avuto altre Supper's Ready? Un altro The Lamb? Nah, credo piuttosto un misto tra Invisible Touch, Sledgehammer e When The Heart Rules The Mind. Mentre colui che veramente ha continuato a sfornare album interessanti e mai banali è il troppo spesso dimenticato Anthony Phillips. Poi certo, non è lui ad andare in tour da anni con il nome Genesis Revisited, quindi di certo non può esser ugualmente celebrato come salvatore dell'eredità del gruppo.
Concludendo, perchè certi discorsi del tipo "tale band finisce qui" non li si fanno per gli Yes o per i King Crimson, che hanno cambiato formazione e suono ben più volte dei tanto criticati Genesis? Probabilmente perchè siamo ancora qui a dare contro al povero Phil perchè "ha sostituito Peter Gabriel". Oppure perchè ci stanno antipatiche le persone che diventano famose e "fanno i soldi". Come se fosse facile poi... Dai, tutti insieme scriviamo un pezzo pop che diventiamo famosi, è facile no? Perchè non lo fate? Integrità morale? Ma fatemi il piacere...
Fate un favore a voi stessi e leggete l'autobiografia di Phil Collins, potrete capire un paio di cose in più forse.

martedì 22 agosto 2017

Procol Harum - Novum (recensione)

Era da 14 anni che i Procol Harum non pubblicavano un disco. Quasi non ci speravo più! Eppure, quasi dal nulla, ecco Novum. Purtroppo supportato da una promozione quasi imbarazzante (tant'è che ho scoperto per caso della sua uscita), siamo di fronte ad un album certo non perfetto, ma carico di classe indubbiamente.

Novum esce anche per celebrare i 50 anni tondi dall'uscita di quel primo singolo che fece la fortuna dei Procol Harum, A Whiter Shade Of Pale; e nonostante il nome dell'album faccia pensare ad una nuova direzione per la band, quello che abbiamo è comunque un album nel pieno dello stile a cui ci hanno abituati negli anni. Certo, l'iconico organo Hammond ha fatto un passo indietro in favore del piano di Brooker e la chitarra di Whitehorn (complice anche l'assenza di Matthew Fisher, storico hammondista sostituito dal pur valido Josh Phillips, che si occupa anche dei sintetizzatori), ma le melodie e la calda voce di Gary Brooker (nonostante un leggero calo dato dall'età) ci fanno sentire da subito a casa. E se da un lato non è presente quell'eclettismo appena un po' più pronunciato del precedente album, The Well's On Fire del 2003, Novum è comunque composto da canzoni molto valide e, a tratti, emozionanti. Tra l'altro si tratta del primo album che non vanta la presenza di Keith Reid come paroliere, fida spalla di Brooker da sempre, ma bensì di Pete Brown (paroliere, tra gli altri, dei Cream). Interessante oltretutto notare che, a mio parere, i brani più validi sono concentrati nella seconda metà del disco, scelta piuttosto curiosa... Ma andiamo con ordine.

Nella prima metà si hanno quindi alcune concessioni all'anima più americana della band in brani come I Told On You e Image Of The Beast, dalle tinte soul e blues, alternati a brani più tipici come Last Chance Motel e Soldier, classici pezzi "alla Procol Harum" con ritornelli immediatamente riconoscibili. Con Don't Get Caught, primo singolo uscito drammaticamente in sordina, arriviamo al primo brano capace di insinuarsi nella mente e farsi canticchiare anche a distanza di tempo, mentre con la successiva Neighbour apprezziamo il ritorno dell'anima umoristica dei Procol che non si sentiva dai primi album (Good Captain Clack, 'twas Teatime At The Circus), in salsa quasi folk. Subito dopo abbiamo una serie di pezzi da 90 sparati in sequenza, e per tanto che la cosa in sé sia esaltante, forse rimescolando un po' i brani sarebbero stati valorizzati un po' di più i primi, ma è solo un'opinione personale. Sunday Morning è ciò di più classico che potesse arrivare da questi signori: base strumentale presa dal Canon in D di Pachelbel, aperture melodiche epiche, un capolavoro costruito a tavolino ma che riesce ad emozionare e a far gioire per il ritorno di questa band. E questo era il secondo singolo, uscito ancora più in sordina, poi uno non si deve arrabbiare... Businessman fa capire che sanno ancora tirare fuori gli artigli, con un ottimo brano rock che non sarà Simple Sister ma che sa comunque esaltare. Discorso simile per Can't Say That (gli unici 2 brani rock uno dopo l'altro? Capite ora cosa dicevo riguardo alla sequenza dei brani?), forse ancora più dura come sonorità e dal ritmo più sostenuto, per poi rallentare nel finale e chiudersi con una jam. Una doppietta micidiale che mai mi sarei aspettato dai Procol Harum nel 2017. E quando pensi di aver sentito tutto BAM, ecco The Only One, altro magnifico brano lento tipico dello stile del gruppo, ma a mio parere uno dei migliori in assoluto, come non se ne sentivano dagli anni '70. La chiusura è affidata a Somewhen, brano di Brooker in solitaria di una bellezza semplice ed efficace, una fine perfetta per l'album.
Quindi quasi un album con 2 facce: quella composta da brani semplicemente buoni ma che spesso lasciano il tempo che trovano, e quella capace di colpire ed emozionare come non succedeva da metà anni '70 con questa band. Mi ripeto, ma continuo ad esser convinto che rimescolando la tracklist avremmo avuto un album all'apparenza più solido e sicuramente più scorrevole. Ma parlando di quello che effettivamente abbiamo tra le mani, io personalmente ne sono molto soddisfatto. Sarà che non mi aspettavo nulla, che mi sarebbe bastato un album semplicemente "buono", ma quella raffica di pezzi verso la fine dell'album è qualcosa che non sentivo da tempo. Quindi un album che ovviamente consiglio a tutti i fan nel caso in cui non l'abbiano ancora ascoltato, vista appunto la promozione praticamente assente. Un voto? Gli ultimi brani sono da 9 abbondante, ma gli altri stanno sul 6,5; quindi suppongo di dover dare un 7,5 che posso arrotondare ad 8 per l'affetto che provo verso questa band.

Ovviamente non vedo l'ora che arrivi il 3 Settembre per poterli ascoltare al festival 2 days prog + 1 di Veruno! Concerto che sicuramente recensirò su questo blog, quindi gli interessati stiano all'erta!

Come al solito, su Spotify potete ascoltare l'intero album, ma qui sotto vi metto comunque un paio di video per farvi un'idea.

lunedì 21 agosto 2017

Deep Purple - Infinite (recensione)

Ho atteso molto quest'album, specialmente visti i risultati del precedente Now What nel 2013, un album che ha letteralmente risollevato una carriera che ormai era in un'inesorabile fase calante. Now What era un album fresco, ben radicato nel suono tipico della band ma prodotto con gran classe da nientemeno che Bob Ezrin. Leggere quindi della sua riconferma come produttore per questo Infinite mi ha dato molta fiducia.

L'album fu preceduto da 2 singoli, Time For Bedlam e All I Got Is You, che si confermano come 2 tra i picchi dell'album. La prima è introdotta da un'inquietante sezione recitata con voce metallica da Ian Gillan, per poi trasformarsi in un magnifico pezzo alla Pictures Of Home impreziosito da degli assoli davvero ben riusciti da parte di Steve Morse e Don Airey. Mentre All I Got Is You parte come pezzo più leggero, per poi diventare un brano davvero ben costruito e ben cantato come non se ne sentivano da tanto tempo dai Deep Purple. Quindi dopo 2 singoli del genere potete immaginare il mio stato d'animo! Comprai poi l'album all'uscita e capii che non era Now What. Anche vero che qualunque tipo di album avrebbe sofferto il confronto, però qui ci sono alcune cose ed alcuni aspetti che danno l'idea di un lavoro un po' più frettoloso rispetto al precedente.
Mi spiego meglio. L'album ha dei brani che Now What si sogna, nello specifico i 2 singoli già citati, e poi The Surprising e Birds Of Prey. Queste ultime in particolare sono pezzi che hanno un che di epico, brani che se fossero stati parte di un Machine Head o di un Perfect Strangers sarebbero tutt'ora celebrati. Brani in grado di emozionare, crescere, evolversi verso picchi da brivido sia strumentali (l'intermezzo si The Surprising e il lunghissimo assolo di Morse sul finale di Birds Of Prey) sia cantati (la parte appena prima del finale di Birds Of Prey ed in generale The Surprising), oltretutto da un Gillan conscio dei limiti dettati dall'età, e che quindi esplora tonalità più basse ma sempre cariche di espressività ed emozione. E qui si arriva al "problema" (tra moooolte virgolette). Il resto dell'album è composto da pezzi rock più "canonici", alcuni molto buoni, altri un pochino meno, ma che per forza di cose quando affiancati ai 4 brani citati sfigurano un po'. Certo Hip Boots è un ottimo ed onesto rock blues, Johnny's Band una strizzatina d'occhio ad un rock pop più melodico (che tra l'altro, a parte tutto, a me piace molto), One Night In Vegas si muove quasi verso il rock and roll e Get Me Outta Here è qualcosa di una potenza devastante che travolge tutto. Però è come se qui ci fossero 2 album ben distinti mescolati tra loro, ed il tutto a volte scorre in modo poco fluido... Per di più in chiusura si trova una cover di Roadhouse Blues dei Doors che, seppur apprezzabile nelle intenzioni quasi ludiche con cui è stata approcciata, viene da chiedersi perchè, dopo l'epicità di Birds Of Prey, l'album si debba chiudere così, quasi in sordina... Specialmente considerando il fatto che potrebbe trattarsi del loro ultimo album.
Quindi il mio giudizio non è negativo, anzi! Solo che alcuni brani, sia in questo contesto, che se confrontati con il precedente Now What, colpiscono meno di quanto mi sarei aspettato. C'è da dire che da parte di una band con membri che oscillano tra i 60 e i 70 anni e oltre, avere tra le mani un album del genere c'è altro che da far festa! Perchè nonostante tutto qui c'è una gran classe, anche i brani meno interessanti sono concepiti e suonati in modo impeccabile, l'unico brano che veramente posso quasi dire che non mi piace è On Top Of The World (la parte parlata la trovo piuttosto fuori luogo personalmente). Ovviamente da parte mia c'è la speranza di ascoltare altra nuova musica da parte loro, perchè con Infinite e Now What hanno dimostrato di avere ancora molte frecce nel loro arco, nonostante gli acciacchi fisici (in particolare Steve Morse, che in quest'album suona in modo molto più misurato a causa dei problemi alla mano destra, ma riesce comunque a fare un figurone, forse anche più che in alcuni album precedenti) ed in generale l'età anagrafica. Se dovessi dare un voto credo che staremmo sul 7,5, quasi 8 a seconda dello stato d'animo con cui ascolto l'album.

Qui sotto vi lascio una manciata di video dei singoli estratti dall'album, ma se volete ascoltare tutto l'album, come al solito, è disponibile su Spotify.


domenica 20 agosto 2017

Steven Wilson - To The Bone (recensione)

Ok, se ne è parlato per mesi, chi lo ama, chi lo odia, chi è riuscito a dare giudizi sull'intero album prima ancora di ascoltarlo (poi mi devo far insegnare come si fa), ma finalmente è qui. Mi sono preso un paio di giorni e circa una decina di ascolti prima di scrivere perchè vorrei essere sicuro di ciò che dico (oddio sembro Trump).

Quindi, è pop? Ha smesso con il prog? Si è venduto? è calata la qualità? La risposta, per quanto mi riguarda è no a tutte queste domande; anche se, nel caso in cui riuscisse a "diventare mainstream" grazie a questo album sarei solo felice per lui, perchè se lo merita.
Ma supposizioni a parte, com'è quest'album? Beh, è un album di Steven Wilson, semplicemente. Non mi metto a ripetere le influenze tirate in ballo da lui stesso che tanto se state leggendo già le sapete. Tutti gli elementi tipici suoi sono presenti, l'unica cosa che manca è quel condimento tipicamente prog degli ultimi 3 album (i brani estesi, gli assoli infiniti, le jam, i quintali di mellotron che comunque è presente). Insomma quello che abbiamo tra le mani è, secondo me, l'album più completo, personale, solido e maturo rilasciato finora da Wilson, specialmente da solista. Ovvio che Raven e H.C.E. hanno un posto speciale tra i miei album preferiti (tra l'altro il secondo non mi colpì subito e lo rivalutai dopo), ma qui semplicemente mancano punti "morti", le canzoni si susseguono in modo perfetto, un'ora tonda di album che vola via più veloce dei 4 minuti di Occidentali's Karma (mi scuso e mi vergogno profondamente per la citazione profana, vado a rimettere su Pet Sounds).

Ammetto che a me il termine usato in questo caso, Progressive Pop, non piace più di tanto. Secondo me qui siamo di fronte ad un ottimo album di Art Rock, un termine che mai avrei sperato più di usare per un album del 2017. Ma la musica quindi com'è? Beh, ce n'è per tutti i gusti! C'è il pop certo, con Permanating, Nowhere Now, magari il bel duetto con Ninet Tayeb, Pariah (aaahhh se solo il pop fosse così, magari rispolvererei anche la radio). C'è una tipica ballata wilsoniana, potenzialmente una delle sue migliori, Song of Unborn (che vanta la presenza di un bellissimo intermezzo con un coro). C'è la magnifica Refuge, un crescendo alla Peter Gabriel che verso la metà sconfina in territori di Red Rain-iana memoria, per poi stupire con una serie di assoli di armonica, chitarra e sintetizzatore; c'è del bel rock a scuotere il tutto in People Who Eat Darkness; c'è l'oscurità che sfocia in territori fusion nel tanto atteso, e unico, brano esteso, Detonation. Insomma c'è tanta carne al fuoco, anche più che negli album precedenti. Certo, se volevate i tempi dispari o i Porcupine Tree avete perso in partenza, tornate allegramente a riascoltare i vecchi dischi, sono lì apposta (anche se ci sono pezzi che rimandano a questi ultimi a dire il vero eh). Altra cosa importante è che l'album è ben radicato nella realtà, nei nostri tempi, specialmente nei momenti in cui si affrontano problemi come l'estremismo religioso e gli attentati (People Who Eat Darkness, Detonation) e quando si parla del concetto di verità, che pian piano sta diventando puramente soggettiva (il quasi funk di To The Bone). In questo senso trovo perfetta la conclusione di Song Of Unborn, una sorta di discorso ad un bambino non ancora nato, come a dire "guarda in che mondo stai per nascere", ma che si conclude con una nota leggermente più positiva incitando a non aver paura di morire e non aver paura di vivere, perchè la vita è comunque qualcosa di infinita importanza e valore. Ho trovato molto riusciti anche i brani che invece parlano di relazioni, Pariah, Blank Tapes e Song Of I. Quest'ultima che parla dell'ossessione nei confronti di una persona, e lo fa con toni che ancora una volta possono rimandare ad alcune cose di Gabriel solista (per ritmo e alternanza vocale mi ricorda This Is The Picture da So, anche se meno oscura). Mentre Blank Tapes è un brevissimo pezzo acustico di nuovo in duetto con Ninet Tayeb che invece ci riporta ai tempi in cui si usava fare le mixtapes da regalare ad una persona con cui magari "ci si voleva provare", un concetto che i più giovani probabilmente non comprenderanno più di tanto (parlo dall'alto dei miei ben 25 anni poi tsè). Ma è bello proprio il modo in cui rappresenta la fine della relazione dicendo che tutto ciò che rimane sono i nastri vuoti in macchina, quelli che non sono stati usati, un po' come se fossero speranze infrante, pagine non scritte...
E tutto questo è condito da scelte sonore mai banali, che rivelano nuovi elementi ad ogni ascolto nonostante la semplicità delle composizioni. Il tutto senza demolire e reinventare da zero il suono e lo stile a cui ci ha abituati negli anni (Permanating a parte, che comunque è una delle mie preferite, ebbene si).

In conclusione direi che si tratta di un ottimo album, l'ennesimo da parte di Steven Wilson. Un capolavoro? Eehhmmm ni. Cioè, rendiamoci conto che "capolavoro" è un parolone, non va usato su ogni album che ci piace... Ripetetelo 20 volte di fila e non avrà più alcun significato. Comunque se dovessi dare un voto probabilmente starebbe intorno all'8,5 se non addirittura 9.

Volevo però spendere altre due paroline su tutto questo marasma che c'è stato prima dell'uscita dell'album. Innanzitutto, che piaccia o non piaccia, ha vinto lui. Perchè l'arte funziona quando suscita reazioni, positive o negative che siano. Quindi finchè ci sarà gente che lo elogia e gente che si sente in dovere di comunicare al mondo che è un buffone e che Permanating è qualcosa di irritante, lui avrà comunque vinto. Perchè è riuscito a suscitare una reazione tale da causare discussioni sulla sua musica. E coloro che hanno apprezzato l'album aspetteranno con ansia il prossimo, mentre coloro che lo hanno odiato, almeno una grande percentuale, faranno lo stesso nella speranza che sia migliore!
Quello che però mi ha lasciato l'amaro in bocca in particolare sono state alcune recensioni da parte di personaggi di settore su giornali piuttosto noti, che davvero mi hanno fatto cadere le braccia. Perchè si, è legittimo che non piaccia, che deluda, che irriti, ma c'era una recensione in particolare che descriveva l'album (o almeno gran parte di esso) come una raccolta di canzoni pop insulse senza la minima direzione artistica. Ora, il pop c'è, è vero. E potrei spendere migliaia di parole sul fatto che è sbagliato usare la parola "pop" in modo denigratorio, ma cercherò di sforzarmi di dare per scontato che dei professionisti lo sappiano. Quello che mi rattrista è leggere che il suddetto non è stato in grado di notare le innumerevoli altre sfaccettature, specialmente in termini di generi musicali. Soprattutto tenendo conto che i generi, le etichette LE HANNO INVENTATE PROPRIO I GIORNALISTI E I CRITICI. Quindi non riconoscerle beh... Chapeau.
E per quelli che ancora parlano di "svolta pop", andate a metter su Stupid Dream e Lightbulb Sun dei Porcupine Tree di cui tanti bramano la reunion, poi ne parliamo.

Vi lascio un video in cui lo stesso Wilson parla dei brani dell'album.
Alla prossima!


Whitesnake: riedizioni e novità

Qualcosa si muove nei territori del serpentone. Innanzitutto è stata annunciata per il 6 ottobre la riedizione per il trentennale dell'album 1987, forse il più grande successo commerciale della band. Interessante notare oltretutto il passaggio, dopo anni, dall'italica Frontiers alla ben più grande Warner\Rhino. Questa riedizione consisterà nell'album vero e proprio, un cd live tratto dal tour dell'epoca, un altro cd di demo, un ulteriore cd di remix e versioni alternative, ed infine un dvd con i vari video ufficiali usciti nell'epoca d'oro di MTV, un documentario ed un'intervista a David Coverdale. In inglese direbbero "beating a dead horse", ma tant'è, magari il cd live è interessante... Vi lascio un link dove potete preordinare le varie versioni e leggerne il contenuto nel dettaglio.

Quello che invece potrebbe potenzialmente suscitare interesse, almeno nel sottoscritto, è il fatto che pare che Coverdale, Reb Beach e Joel Hoekstra siano al lavoro su nuove canzoni per un album che potrebbe uscire già in primavera! Il primo composto da pezzi nuovi da Forevermore del 2011 (album che comunque ho apprezzato). Potrebbe essere interessante anche per il fatto che nei 2 album precedenti il partner compositivo di Coverdale era Doug Aldrich, che ha lasciato la band un paio di anni fa... Quindi immagino che ci saranno differenze a livello compositivo. O perlomeno spero. Ovviamente seguirà un tour mondiale come è ovvio che sia, nonostante lo stesso Coverdale da anni parli di ritiro, ma meglio così! Certo, la voce è rimasta negli anni '80, e se facesse un onesto album blues rock su tonalità più basse sullo stile dei primissimi Whitesnake ci guadagnerebbe non poco (in tal senso avrebbe tanto da imparare da Ian Gillan, che negli ultimi anni ha ridimensionato notevolmente il suo modo di cantare per non risultare ridicolo), però chissà, mi sento di dare a lui e alla band il beneficio del dubbio. Staremo a vedere!

Prossime uscite dei King Crimson


Come ben sapranno i fan di questa storica band, negli ultimi anni siamo stati letteralmente sommersi da pubblicazioni live ufficiali, bootleg ufficializzati, box set, il tutto focalizzato sia sull'ultima (e attuale) formazione che sul passato. E quest'anno, ebbene si, non sarà da meno, anzi! Ho pensato quindi, visti anche dei recenti cambi di programma, di riordinare un po' le cose in questo post.

La prima uscita che avremo quest'autunno (in tutto il mondo tranne che in Giappone, ma ci tornerò dopo su questo) sarà un bootleg ufficiale registrato a Chicago il 28 giugno scorso, nell'ultimo tour americano. Concerto potenzialmente interessante per 2 motivi: innanzitutto per la nuova formazione a 8 elementi, che vede il ritorno di Bill Rieflin non come batterista (vista la presenza anche di colui che lo sostituì lo scorso anno, Jeremy Stacey, ad una delle 3 batterie) ma come tastierista, aggiungendo quindi sicuramente nuove sonorità ai vari brani. L'altro motivo di interesse è che, stando al sito Setlist.fm, la scaletta sarebbe questa:

Larks' Tongues in Aspic, Part One
Neurotica
Radical Action III
Cirkus
Lizard
("(c) The Battle of Glass… more )
Fallen Angel
Larks' Tongues in Aspic, Part Two
Islands

Pictures of a City
Indiscipline
The ConstruKction of Light
(part 1 only)
Easy Money
The Letters
Interlude
Meltdown
Radical Action II
Level Five
Starless

"Heroes"
(David Bowie cover)
21st Century Schizoid Man
(with Gavin Harrison drum solo)

Sarebbe quindi la prima occasione di ascoltare brani come Neurotica, Lizard, Fallen Angel, Islands (!!!) e Indiscipline suonati da questa formazione, oltre che brani già noti ma sicuramente diversi in qualcosa grazie alla presenza di Rieflin come scritto sopra. Quindi, niente male!

Dicevo tranne il Giappone perchè là uscirà prima il Live in Vienna registrato nel tour del 2016, previsto invece nel resto del mondo per l'inizio dell'anno prossimo. Insomma, in terra nipponica questi 2 live usciranno in ordine opposto. Quindi, fan incalliti, potete scatenarvi con le importazioni ed avere entrambi gli album in autunno eheh.

Il Live in Vienna si distingue per il fatto che non sarà un bootleg ufficiale ma proprio un live registrato e mixato in modo, presumo, un po' più professionale e completo. Completo nel senso che dovrebbe rappresentare l'intera scaletta del tour del 2016 (che cambia di sera in sera, ma in questo caso pare ci siano tutti i pezzi suonati nel tour, come testimonia una Fracture che sono andati a pescare da un'altra data per completezza, che a Vienna non fu suonata). Quindi altra uscita potenzialmente interessante soprattutto per chi stravede per l'attuale formazione.

Ultimo ma non ultimo, in uscita presumo in tempo per il mercato natalizio, avremo il canonico box set. Ebbene si, e quest'anno si va a coprire un'epoca moooolto interessante nella storia di questa band: precisamente "l'epoca Mel Collins", quindi In The Wake Of Poseidon, Lizard e Islands. Aspettatevi quindi album remixati, innumerevoli live, outtakes in studio... Non ci sono dettagli a riguardo ancora, ma di certo sarà un'uscita di tutto rispetto come tutti i box set rilasciati finora.

Direi che è tutto per ora. Si prospetta un autunno\inverno molto dispendioso per i fan cremisi! 
E il signor Fripp gioisce.
Ma non solo lui dai...



sabato 19 agosto 2017

Pete Townshend's Classic Quadrophenia - Recensione

Con un imperdonabile ritardo dalla sua uscita ho pensato di spendere qualche parola su questa versione orchestrale di Quadrophenia. Anche e soprattutto perchè ammetto che si tratta di una scoperta recente per quanto mi riguarda, ed incuriosito dalle premesse mi ci sono tuffato.

Dunque, l'album è suonato interamente dalla Royal Philarmonic Orchestra, cantato in grandissima parte dal notevole Alfie Boe (probabile che il nome sia pressoché sconosciuto agli ascoltatori rock, ma di sicuro è nome ben noto agli appassionati di musical ed in generale di un certo tipo di rappresentazioni teatrali) con sporadici interventi dello stesso Townshend, di Billy Idol (già volto noto nel mondo degli Who avendo interpretato il cugino Kevin in Tommy nell'89 e Ace Face in Quadrophenia nel '96) e Phil Daniels (protagonista invece del film Quadrophenia del 1979, in cui interpreta appunto Jimmy).
Ovviamente non sto a parlare dell'album originale, su cui sono stati scritti letteralmente mari di parole, ma basti dire che io adoro l'originale del '73, quindi già in partenza sapevo benissimo che, per valida che fosse, questa versione non sarebbe stata paragonabile. Ma ci sono alcune cose da dire comunque. Innanzitutto partiamo dall'orchestrazione. Ad un primo ascolto pare ottima, ben eseguita, fedele agli arrangiamenti originali, niente cambi drastici; il lato positivo qui, per quanto mi riguarda, sta nel fatto che sentire questi pezzi suonati da una vera orchestra fa effettivamente apprezzare ancor di più il lavoro di Townshend all'epoca; specialmente nell'uso dei sintetizzatori, nel concepire le loro parti, che qui sentiamo eseguite da archi e\o fiati. Mi ha letteralmente aperto gli occhi. Un lato negativo invece di questa versione è che c'è TROPPO. Cioè, è tutto imponente e bellissimo, ma un'ora e mezza di muri orchestrali sono sfiancanti... Anche un pezzo come I'm One, nella versione originale sostanzialmente un pezzo acustico, qui suona epico. Insomma, si è persa molta dinamica secondo me. Discorso che potrei fare anche nei confronti del pur bravissimo Alfie Boe. Perchè si che è molto interessante ascoltare questi brani da una voce appartenente ad un "mondo" molto diverso, ed in alcuni pezzi ammetto che sa provocare qualche bel brivido (Love Reign O'er Me), ma manca la rabbia, la carica graffiante, e anche qui il dinamismo. Ma la mancanza di dinamismo qui non è data solamente dalla sua interpretazione secondo me. Bensì dal fatto che si ritrovi a cantare un 95% se non di più dell'album da solo, laddove nell'originale c'era alternanza tra Daltrey e Townshend, c'erano i cori dell'intera band... Qui Townshend appare per poco in The Punk And The Godfather, così come Idol e Daniels in altri punti ma in modo totalmente marginale. Insomma una cosa bella degli Who era proprio l'alternanza vocale, che qui è quasi totalmente assente.

In definitiva, anche se sono sembrato molto severo nei confronti di quest'opera, è solo a causa del mio amore per la versione originale. Consiglio comunque l'ascolto di questa versione ai fan dell'album, ma anche a chi magari ha gusti più attinenti alla classica\musical e vuole avvicinarsi agli Who, perchè no? Non è perfetto, assolutamente, ma è un ascolto interessante. Se dovessi dare un voto probabilmente sarebbe la sufficienza o poco più.... Un 6,5 per me.

Ah dimenticavo, se vi piace Spotify qui potete ascoltare l'intero album.
Se invece volete solo un assaggio beh, allora date un'occhiata qui sotto!

venerdì 18 agosto 2017

The Crazy World of Arthur Brown al FIM di Erba, 26/05/2017. Recensione, foto e video.

 



Qualche mese fa rimasi stupito nel leggere che il mitico Arthur Brown sarebbe venuto in Italia, precisamente al FIM ad Erba. Ma Arthur Brown quello del Crazy World? Del fuoco in testa e del gruppo con Carl Palmer? Proprio lui (a parte il fatto che Palmer non faceva parte del primo Crazy World, come erroneamente molti scrivono, compresa Wikipedia; ma entrò nel gruppo per pochi mesi nel '69 in sostituzione al primo batterista, poco prima dello scioglimento del gruppo)! Fu una grande notizia per me, che da anni controllo regolarmente il suo sito ufficiale sperando in qualche data in terra italica, e puntualmente ne esco deluso. Un'occasione da non perdere quindi! Ma andiamo per gradi: qui vi racconterò come è stata la serata, o meglio la giornata, passata al FIM.

Arriviamo al Lariofiere intorno alle 4 del pomeriggio, (dico arriviamo perchè con me era anche Martina, la mia ragazza), ed iniziamo a girovagare nei 3 grandi padiglioni, di cui 2 con palco. Curiosiamo tra le bancarelle, parliamo con gente appassionata come noi, compriamo 2 album degli Arabs In Aspic alla bancarella della Black Widow Records (se non conoscete questo gruppo rimediate subito!), e con calma attendiamo le fatidiche 18:45, ora in cui Arthur Brown dovrebbe farsi vivo in una zona adibita ad interviste ed incontri con il pubblico.
Con qualche minuto di ritardo arriva, risponde ad un po' di domande e poi, al momento della foto di rito, corre giù dal palchetto per un cambio d'abito fulmineo (non si smentisce mai), ritorna e poi si dedica ai fan a lato palco. Siamo entrambi molto stupiti dalla sua simpatia e disponibilità: mi faccio autografare una copia del suo primo album, ci facciamo una foto insieme, e poi stretta di mano finale con me e baciamano con Martina (credo che non si sia più lavata quella mano ahah).
  
Dopo questa esperienza (che per noi già è valsa il prezzo del biglietto), ci spostiamo nel padiglione principale per assistere ad una manciata di band prima dell'arrivo del Crazy World. Si susseguono quindi i CAP (Consorzio Acqua Potabile), i Segno Del Comando e i Jumbo, due dei quali (il primo e il terzo) con un notevole Alvaro Fella alla voce. Ed eccoci quindi al gran momento, mi si perdoni un "track by track" che a volte può risultare pesante alla lettura, ma lo reputo necessario in questo caso.

Iniziamo da Nightmare, pezzo di apertura del suo primo album, risalente ormai a ben 49 anni fa. Dopo un'introduzione pacata ma inquietante all'organo, eccolo finalmente il signor Brown con un mantello scuro e un largo cappello. Pronto a far tremare le fondamenta con i suoi toni profondi e a tagliare il muro del suono creato dalla giovane band con il suo leggendario falsetto. E già qui si notano 2 cose: la prima è l'audio, che rimbomba all'inverosimile, prova del fatto che il luogo non era molto adatto a dei concerti, ma ci si può accontentare. L'altra cosa è... ma siamo sicuri che questo signore stia per compiere 75 anni? Urla, balla e salta più di un ventenne!

 Giusto il tempo di un estemporaneo "aloha" e subito si riparte con Devil's Grip, singolo precedente al primo album del Crazy World essendo del 1967, ed avanti di anni grazie alla tematica del testo ed il suono massiccio dell'hammond, ancora tutt'altro che affermato in certi ambiti nell'anno della summer of love. Altra magnifica prestazione condita da balletti folli ed un abito dal dubbio gusto, ma lui è lui e quindi glielo si perdona (anzi fa parte del suo fascino).

Segue Kites, cover di un famoso pezzo di Simon Dupree & The Big Sound, gruppo composto da 3 fratelli dal cognome Shulman, i quali diventeranno da lì a qualche anno parte integrante dei Gentle Giant. Ma parliamo della versione di Arthur Brown: musicalmente sembra sfiorare sonorità reggae e, quasi paradossalmente, territori non lontani dal tango (o forse sono io che sono stato condizionato dal notevole ballo di Brown con la bravissima ballerina di cui, purtroppo, non ricordo il nome).
Molto interessante davvero, uno dei picchi della serata indubbiamente.

Dopodiché eccoci ad un classico con la C maiuscola: I Put A Spell On You. Ho sempre sostenuto che
la sua versione fosse quella definitiva, superando nell'interpretazione persino l'originale di Screamin' Jay Hawkins. Altro cambio d'abito ovviamente e incredibile performance a livello vocale. Ma quello che rimane per forza in mente è il momento in cui Brown prende una delle 2 tastiere e la porta in giro per il palco, costringendo il povero tastierista a seguirlo continuando a suonare. Una scena esilarante e di gran spettacolo, chapeau al tastierista che non ha perso un colpo. Ovviamente nel momento di rimettere a posto la tastiera un cavo si stacca, così entrambi si mettono alla ricerca e pochi secondi dopo tutto torna alla normalità; salvo il fatto che quando Brown ritorna al microfono, è il suo di cavo a staccarsi, causando
momenti di ilarità sul palco e tra il pubblico. Instant karma is going to get you! (cit.)

Segue un estratto di Gypsy's Escape, dal primo album dei Kingdom Come, con Arthur Brown via dal palco per lasciar spazio alla ballerina, che delizia il pubblico con una ottima performance!

 Riecco quindi tornare Arthur Brown con un nuovo costume. Questa volta ci troviamo davanti ad un pezzo a noi sconosciuto; trattasi di Touched By All, dal suo ultimo album Zim Zam Zim. Notevole brano strutturato in crescendo, in gran parte parlato, ma con impressionanti inserti quasi operistici di Brown sul finale. Quello che stupisce, a circa metà canzone, è il suo costume, che inaspettatamente si "accende". Una di quelle cose che decontestualizzate, o fatte da chiunque altro, avrebbero sfiorato il ridicolo, ma lui riesce a far trasparire gran classe anche in questo caso. Anche quando inizia a correre e saltare per il palco sembrando un albero di Natale umano.

A questo punto arriviamo ad un picco altissimo per me: una incredibile versione di Time Captives (o Captains?) dall'album Journey dei Kingdom Come, famoso per essere stato il primo ad usare una drum machine. Qui Brown arriva sul palco con una tunica sgargiante e con fare trionfale. E pian piano le sonorità fredde e puramente elettroniche lasciano il posto all'intera band che dà il massimo (anche ai cori) in un crescendo da pelle d'oca. Decisamente superiore alla versione in studio.

Dopo vette del genere come si potrà mai continuare? Beh, con Sunrise ovviamente! Potente ballata tra il blues e il soul, anche questa un continuo crescendo, e anche qui un Brown che ci fa seriamente dubitare della sua età, con urla che ghiacciano il sangue ora come nel 1971. Complimenti anche alla chitarrista, che si difende molto bene per tutto il concerto, ma che qui ha modo di stare un po' di più sotto i riflettori nei 2 bellissimi assoli presenti in questo brano.

"Io....sono... THE GOD OF HELLFIRE. AND I BRING YOU..." annuncia Brown in quello che è il momento che molti aspettavano. Il momento di Fire, pezzo trainante che marchiò a fuoco (eheh) la sua intera carriera. Niente elmetto infuocato (probabilmente per mancanza di tempo, o per questioni di sicurezza), ma una versione in grado di far alzare in piedi e cantare tutto il pubblico. E come ciliegina sulla torta, ad un certo punto eccolo proprio di fronte a noi Arthur, che scende dal palco e si mette a duettare con il pubblico stando in mezzo ad esso, letteralmente di fronte a me ad una distanza di circa mezzo metro scarso. Per poi concludere il pezzo tornando sul palco e affrontando l'ultimo crescendo con la sempre bravissima ballerina alle sue spalle. Un degno finale. O forse no...

Ebbene nonostante lo stesso Arthur prima di Fire annunciò di avere solo 5 minuti a disposizione, per fortuna si decide di fare uno strappo alla regola, regalandoci quindi una sorta di "encore" con il ripescaggio di Spirit Of Joy, sempre dall'album Journey dei Kingdom Come. E proprio di gioia si tratta, con ancora tutti in piedi da Fire a cantare insieme a lui. Portando così alla conclusione una bellissima serata, per noi indimenticabile.

Per chi è interessato a vedere i video ripresi al concerto, eccovi il link alla playlist.

Detto questo, volevo concludere dicendo ancora un paio di cose. Innanzitutto, alcuni aspetti dell'organizzazione mi hanno un po' deluso (audio a parte, di cui ho già parlato). Voglio dire, si sa che in un contesto comunque affine ad un festival i soundcheck, nei limiti del possibile, si fanno prima e in ordine contrario di apparizione. Qui no, qui ogni band aveva un'ora COMPRESO il soundcheck. Risultato? I CAP che hanno suonato 3 pezzi ad esempio... Ora, capisco che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, ma certi buchi nell'organizzazione mi hanno un po' lasciato l'amaro in bocca. Altra cosa che mi ha stupito e "deluso" è stato il numero di partecipanti. Io posso capire che magari Erba non sia il luogo più comodo da raggiungere per tutti, ma stiamo parlando di Arthur Brown! Un personaggio che ha rivoluzionato il modo di fare spettacolo nel mondo musicale. Che è stato fonte di ispirazione per chiunque ad un certo punto abbia anche solo pensato di mettersi un po' di trucco in faccia. Un personaggio che non suonava in Italia dal 1973. E ci saranno state si e no 100/150, massimo 200 persone. Sicuro che molta gente avrà preferito andare il giorno dopo grazie alla presenza di David Cross e David Jackson, ma non era forse meglio, dovendo per forza scegliere un solo giorno, godersi lo spettacolo di un artista la cui presenza nel nostro bel paese è tutt'altro che inflazionata, magari convincendolo così a tornare un giorno? Forse è mancata la pubblicità? Non credo, altrimenti non lo sarei venuto a sapere neanche io. Forse è stata ignoranza? Eeehhh...

Ma comunque, la perfezione non esiste e si sa. Quello che ci è rimasto è un senso di felicità e soddisfazione per essere riusciti a vedere un'autentica Leggenda.
Uno dei migliori concerti in assoluto per me.
Alla prossima!

Robert Plant - annunciato nuovo album "Carry Fire" con il primo estratto "The May Queen"


Robert Plant, ex cantante dei Led Zeppelin, ha annunciato l'uscita del suo nuovo album "Carry Fire" il 13 Ottobre. Primo album da "Lullaby and the Ceaseless Roar" del 2014, anche in questo "Carry Fire" sarà accompagnato dalla sua attuale band, i Sensational Space Shifters. Il primo singolo estratto dall'album è The May Queen, che potete ascoltare qui sotto.


Steven Wilson - To The Bone (first look)

Ho appena ricevuto la mia copia di To The Bone di Steven Wilson, album tanto discusso a causa di una certa "semplificazione" nelle composizioni da parte del signor Wilson. Nei prossimi giorni lo ascolterò e lo assorbirò il più possibile, così da poterne presto scrivere una recensione! Per ora posso dire che la confezione "base" con solo il CD (eh oh, sono povero, non ho un lettore Blu-Ray, altrimenti avrei preso l'altra) è un classico digipack con all'interno il canonico libretto con testi, foto e crediti, ma mi piace molto. A presto con la recensione!

giovedì 17 agosto 2017

The Darkness - Solid Gold

Nuovo video dei Darkness per il singolo Solid Gold, estratto dall'album Pinewood Smile in uscita il 6 Ottobre!


Kansas - Leftoverture Live & Beyond

Altra news fresca fresca di oggi riguarda un nuovo album live della band americana Kansas.
In particolare si tratterebbe di una registrazione effettuata durante il tour di quest'anno che celebra il quarantennale di Leftoverture, forse il loro album più celebrato. Avremo quindi una scaletta (che riporto sotto) composta dall'intero album, una selezione di classici ed una manciata di brani dall'ultimo The Prelude Implicit (peccato solo non averne di più trattandosi di un album, a mio parere, decisamente valido). E se da un lato si può trattare di un'uscita piuttosto prescindibile, dall'altro è la prima occasione che abbiamo di ascoltare la nuova formazione attiva da poco più di un anno! Interessante notare che l'album è stato prodotto da Jeff Glixman, produttore anche, guarda caso, di Leftoverture nel lontano 1977.
L'album sarà disponibile il 3 Novembre per la Inside Out in formati da 2 CD e in un cofanetto con 4 Vinili da 180 grammi. Qui sotto trovate copertina e scaletta.
Vi lascio anche un link all'annuncio ufficiale su TeamRock.


Icarus II
Icarus
Point Of Know Return
Paradox
Journey From Mariabronn
Lamplight Symphony
Dust In The Wind
Rhythm In The Spirit
The Voyage Of Eight Eighteen
Section 60
Carry On Wayward Son
The Wall
What’s On My Mind
Miracles Out Of Nowhere
Opus Insert
Questions Of My Childhood
Cheyenne Anthem
Magnum Opus
Portrait (He Knew)

The Who - Tommy Live At The Royal Albert Hall

Ebbene si, un altro live degli Who.
Registrato ad inizio Aprile 2017 alla Royal Albert Hall per il Teenage Cancer Trust, ciò che lo contraddistingue dai precedenti è la performance di Tommy per intero! Si lo so, ne esistono già molteplici versioni live, ma in realtà non fu mai suonato veramente per intero; ogni volta qualche traccia è stata lasciata fuori: Welcome, Underture, spesso Cousin Kevin e Sensation... Mentre qui è presente ogni singolo pezzo! Il tutto con l'aggiunta, in coda, di una selezione di classici dalla loro ampia discografia.
Quindi, tenendo conto del fatto che, nonostante i vecchi compagni di band persi per strada e l'età, Townshend e Daltrey riescono sempre a regalarci performance di tutto rispetto, questa potrebbe essere un'uscita da tenere d'occhio!

Sarà disponibile il 13 Ottobre in DVD, Blu-Ray, 2 CD, 3 LP e ovviamente in formato digitale.

Qui sotto il trailer:

Benvenuti sul mio nuovo blog!

Mi chiamo Simone e sono un appassionato di musica. Su questo blog cercherò quindi di creare post misti tra recensioni, news, e tutto quello che mi passerà per la mente. Buona permanenza!