martedì 13 dicembre 2022

The Beach Boys - Sail On Sailor 1972 (2022) Recensione

Come ogni anno da un lustro ormai, in questo periodo abbiamo il piacere di assistere all'uscita di un cofanetto celebrativo per il cinquantennale di uno (o più) album dei Beach Boys, interessante non tanto per l'obbligatoria rimasterizzazione (poche volte si è trattato di remix, come nel caso di WILD HONEY nel 2017), quanto per l'enorme quantità di materiale aggiuntivo di contorno.
Questa uscita non fa eccezione, e si focalizza su un periodo piuttosto bistrattato nella storia dei Beach Boys, un momento in cui Brian Wilson è sempre meno coinvolto, Bruce Johnston abbandona momentaneamente e Blondie Chaplin e Ricky Fataar (dalla band Flame) vengono aggiunti alla formazione, portando sia nuovi brani che un nuovo sound nei concerti, che se precedentemente non sono stati il punto forte della band, in questo periodo raggiungono un livello altissimo (come testimoniato dall'album IN CONCERT, registrato in varie date nel 1973 e pubblicato a Novembre di quell'anno). 
Con questa formazione i Beach Boys pubblicano CARL & THE PASSIONS: SO TOUGH! e HOLLAND, su cui non mi dilungo troppo in quanto ne ho parlato nel dettaglio qui e qui

SAIL ON SAILOR 1972 include nei suoi 6 CD i due album rimasterizzati, l'EP MOUNT VERNON AND FAIRWAY, l'intero concerto alla Carnegie Hall di New York del 23 Novembre 1972 su due CD, e una lunga serie di outtake, versioni strumentali, a cappella, e così via.

Partiamo dagli album veri e propri, andando a toccare fin da subito il punto più debole dell'intero cofanetto, in quanto entrambi sono stati rimasterizzati in modo, a mio parere, decisamente poco appropriato. Ciò che ha sempre caratterizzato questi album è, forse più di ogni altra cosa, un suono caldo e avvolgente, vellutato, mai aspro, mentre ora tutto è eccessivamente brillante, spesso affiorano fruscii prima inudibili, quando non addirittura qualche distorsione (particolarmente evidente in Steamboat, da HOLLAND, su voce e chitarra). Da un lato comprendo la scelta di rendere gli album più brillanti e moderni, d'altronde è anche la premessa dietro i recenti remix dei Beatles, però qui i difetti citati erano facilmente evitabili, e se si tratta di scelte stilistiche sono al limite dello scellerato, mentre se si tratta di errori o sviste beh, sono molto dilettantesche, oltre che inaccettabili per il prezzo a cui viene venduto il tutto. Poi certo, entrano anche in gioco i gusti personali, e infatti ho visto persone non notare questi difetti, a loro consiglierei una visita all'udito.

Superato questo macigno (per fortuna le vecchie versioni degli album sono ancora reperibili, e chi le ha se le tenga strette), spostiamoci a quello che forse è il punto forte del cofanetto: il concerto alla Carnegie Hall, fortunatamente masterizzato decisamente meglio degli album in studio. Già precedentemente alcuni brani isolati erano stati pubblicati come parte di diversi cofanetti antologici, ma è la prima volta che l'intero concerto viene pubblicato, e se da un lato il già citato IN CONCERT rimane essenziale, dall'altro è magnifico poter finalmente ascoltare un intero concerto di quell'epoca in ottima qualità. Spiccano ottime versioni di Long Promised Road, Let The Wind Blow, il bel medley, oltre che audace, di Wonderful e Don't Worry Bill (prima di Wonderful Mike Love parla di SMILE e lo annuncia come in uscita l'anno successivo), e soprattutto Wild Honey, cantata da Blondie Chaplin. C'è veramente tanto di cui godere, anche se non mancano gli interventi di sovraincisione, con parti corali e strumentali prese da versioni in studio o da altri concerti, e se ciò è di uso comune in praticamente ogni uscita live, ad alcuni può lasciare l'amaro in bocca (per questo, per fortuna, continuano ad esistere i bootleg). Un live che, tutto sommato, meriterebbe l'uscita individuale. 
Il rimanente materiale illustra le session in studio di quel periodo, con momenti decisamente interessanti e altri che si ascolteranno giusto una volta per curiosità. Vale la pena ascoltare brani all'epoca esclusi dagli album, come We Got Love, Out In The Country e, soprattutto, Carry Me Home, oltre alle versioni senza orchestra di Cuddle Up e Make It Good, mentre è curioso ascoltare i pochi input creativi di Brian Wilson all'epoca, nelle versioni alternative dei frammenti dell'EP MOUNT VERNON e brani, sempre strumentali, come Spark In The Dark (che poi diventerà Chain Reaction Of Love nel suo album da solista del 1988) e la bizzarra Rooftop Harry, oltre alla registrazione casalinga in cui Brian accenna Sail On Sailor a Van Dyke Parks, che poi ne scriverà il testo. Insomma il materiale interessante non manca, bisogna solo trovarlo tra le decine e decine di brani presenti.

In conclusione, ogni fan dei Beach Boys non può non essere felice di assistere all'uscita di cofanetti come questo e i precedenti, in quanto permettono, finalmente, di rivalutare una fase della loro carriera ingiustamente mai celebrata a dovere (ricordiamoci, ad esempio, che per gran parte degli anni '90 album come SUNFLOWER, SURF'S UP e i due qui presenti erano fuori catalogo, una follia per una band di tale importanza), ma le pecche non mancano, e l'elevato prezzo di vendita lo rende decisamente fuori portata per molti fan. Per fortuna che esiste lo streaming, altrimenti si può anche prendere in considerazione la versione a 2 CD, che include i due album e una selezione di brani bonus, ma niente dal concerto alla Carnegie Hall, quindi in sostanza ben poco di interessante, specialmente visti i già citati problemi di rimasterizzazione. Insomma, ascoltatelo su Spotify, Youtube, dove volete, ma date una chance ai Beach Boys di quel periodo, non ve ne pentirete.