domenica 19 maggio 2019

The Move - Message From The Country (1971) Recensione

Quarto ed ultimo album dei Move, spesso considerato come un obbligo contrattuale prima di potersi dedicare all'Electric Light Orchestra, si rivela di fatto essere una faccia della medaglia di cui l'esordio degli ELO ne è l'altra. I due album furono infatti concepiti e registrati praticamente in contemporanea, cercando poi di suddividere il materiale riservandone le parti più "sperimentali" e più cariche di archi per gli ELO, e raccogliendo tutto il resto in Message From The Country. Di conseguenza quest'ultimo risulta essere un lavoro piuttosto eterogeneo con però molti punti in comune con suo "fratello", che esce sì sotto un nome di band diverso, ma di fatto il personale coinvolto è identico. Quello che accomuna questi due lavori è lo spazio lasciato alla relativamente new entry Jeff Lynne, con Roy Wood, fino ad allora leader indiscusso dei Move, che fa un passo indietro dedicandosi alla scrittura di solamente circa metà del materiale. Il terzo membro ufficiale dei Move di quei tempi, il batterista Bev Bevan (anche lui poi negli ELO) è a sua volta presente con una composizione e si prodiga anche in una rara performance vocale in un brano di Wood! Insomma, nonostante Message non sia considerato come l'album migliore dei Move, vista anche la situazione in cui fu creato, è sicuramente uno dei lavori più "di gruppo" mai pubblicati da loro. Ed il materiale lo riflette, sia grazie alla già citata eterogeneità, sia proprio per la forte presenza di ogni membro senza che nessuno prevarichi del tutto sugli altri (nonostante sia l'album che piace di meno a Bevan).

Già a partire dalla title track in apertura, opera di Lynne, viene messo in primissimo piano il suono opaco, caldo, sporco e l'approccio corale che poi Wood si porterà dietro nei suoi Wizzard anni dopo. Curiosamente la batteria di Bevan è messa molto indietro nel mix per tutto l'album (e questo può spiegare il suo punto di vista sull'album), con addirittura il basso decisamente più in primo piano. La coda corale di questo primo brano è una delle summe della carriera dei Move.
In Ella James si fa spazio il consueto Roy Wood dai toni rock and roll con l'altrettanto tipico andamento pesante che i più ricordano in Brontosaurus, ma che mai se ne andrà del tutto nella carriera di Wood. In totale contrasto la successiva No Time, di nuovo di Lynne, bellissimo brano acustico corale con bizzarri interventi di flauti ad opera di Wood, che tra l'altro fa notare quanto la tecnica compositiva di Lynne fosse qui ancora piuttosto acerba, e come si sia poi affinata negli anni successivi.
Curiosa invece Don't Mess Me Up, brano dai toni doo-wop ad opera di Bevan ma cantato da Wood con spiccato accento delle Midlands. Bevan invece finirà per cantare il divertente country di Ben Crawley Steel Company, scritta da Wood, e tra i brani più controversi dell'album, di quelli che o sia ama o si odia. Nel mezzo c'è la blueseggiante Until Your Mama's Gone di Wood, The Minister di Lynne, curiosamente sullo stile dei primi Move (in cui lui non era presente), ma soprattutto It Wasn't My Idea To Dance. Questo magnifico brano di Wood è senza dubbio la punta di diamante dell'album, con un originalissimo arrangiamento dal sapore orientaleggiante ed un andamento tutt'altro che banale, con anche quello che sembra essere il suono di passi a dare più corposità alla sezione ritmica. Se servissero altre prove del talento di Roy Wood, si consiglia caldamente l'ascolto di questo piccolo capolavoro. L'album si conclude poi con la bellissima The Words Of Aaron di Lynne, che sembra guardare al secondo album degli ELO e che forse soffre solo dell'essere un pelo troppo lunga, e con la McCartiana My Marge, scritta da Wood e cantata da Lynne, che sembra fare il verso a Honey Pie, congedando definitivamente i Move come solo degli inglesi saprebbero fare.

In definitiva, di solito si tende a guardare a Shazam quando si pensa al miglior album dei Move, i più alternativi possono pensare a Looking On, ma Message From The Country è comunque un lavoro più che dignitoso, con oltretutto l'aggiunto punto di interesse nell'essere l'altra faccia dell'esordio degli ELO ed uno dei massimi esempi della purtroppo troppo breve collaborazione tra Wood e Lynne.

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