mercoledì 8 maggio 2019

The Electric Light Orchestra (1971) Recensione

C'è chi lo ha descritto come "sonic terrorism", noto anche come No Answer in America per via della mancata risposta alla richiesta telefonica del titolo dell'album, si tratta dell'esordio degli ELO, all'epoca con la stessa identica formazione degli ultimi Move. L'ultimo lavoro dei Move, Message From The Country, era infatti una sorta di obbligo contrattuale prima che il nucleo centrale della band, Roy Wood, Jeff Lynne e Bev Bevan, potessero dedicarsi alle loro nuove idee. Message From The Country ed il primo degli ELO sono infatti due lavori sostanzialmente contemporanei che si rivelano essere due facce della stessa medaglia, con materiale più "canonico" nel primo e più sperimentale nel secondo. L'idea dietro alla creazione degli ELO era infatti di esplorare territori più  progressive nel vero senso della parola (quindi non accodandosi ad un movimento di moda come facevano molti, ma effettivamente inventandosi qualcosa di diverso dal solito), dando molta importanza agli archi, specialmente violoncelli, ed abbandonando quasi del tutto il pop-rock che tanto aveva caratterizzato i Move, pur presente ma in minima parte.
Il tutto nacque dalla decisione di Wood di aggiungere violoncelli ad un pezzo di Lynne all'epoca dei Move, che poi diventò il brano di apertura di questo album, 10538 Overture. Forse uno dei pochi brani che mostrano i primissimi segni del "suono ELO" che si svilupperà dopo l'abbandono di Wood. L'influenza dei Beatles è evidente, ma il suono è più ruvido, grezzo. Questo brano è senza dubbio il più noto dell'album, oltretutto l'unico ad essere riproposto in concerto anche dai recentemente riformati ELO di Lynne, ed è infatti un ottimo e potente pezzo perfetto per introdurre l'album.
I violoncelli fanno di nuovo da padrone nella successiva Look At Me Now, brano di Wood che sembra guardare a Eleanor Rigby e prendere vie decisamente più folli, tra sferraglianti archi e interventi orientaleggianti di oboe. Il contrasto tra i due brani di apertura ben mostra le due diverse nature dei "leader" Lynne e Wood, non a caso qui alla loro ultima vera e propria collaborazione.
Lynne ritorna in Nellie Takes Her Bow, brano che inizia in modo molto melodico con un ché di gospel, per poi prendere strade ben più sperimentali, con archi e fiati che guidano nervosamente una sezione strumentale che poi si risolve in una efficace reprise del tema iniziale, prima strumentale e poi cantata. Un piccolo ma ostico gioiellino.
Le tendenze mostrate nella sezione centrale di "Nellie" tornano prepotentemente in The Battle Of Marston Moor (July 2nd 1644), brano interamente strumentale (se escludiamo l'inizio recitato) piuttosto complesso e dai toni potenti e drammatici, che ben sono in grado di descrivere la battaglia in questione. Uno strano pezzo che può lasciare un po' interdetti al primo ascolto, ma che ben dimostra la natura sperimentale dei primissimi ELO.
La più allegra First Movement (Jumping Biz) di Wood, di nuovo strumentale, alleggerisce decisamente il tutto. Guidata dalla chitarra acustica ed abbellita dagli ormai consueti archi e fiati, fa ben intuire la direzione che prenderà Wood di lì a poco nel suo ottimo Boulders, oltre a mettere in mostra le sue indiscutibili doti di polistrumentista.
La beatlesiana Mr. Radio di Lynne è un altro de primissimi indizi sulla strada che intraprenderanno gli ELO negli anni, pur non facendosi mancare i consueti interventi strumentali sempre pieni di inventiva. Siamo di fronte ad un brano che potrebbe tranquillamente essere uscito da Eldorado.
Manhattan Rumble (49th Street Massacre) invece è un altro pezzo strumentale dai toni oscuri e minacciosi, non distante da certe cose che vedremo nel secondo album degli ELO ormai orfani di Wood. Pur condividendone la natura, Manahattan Rumble è però decisamente più scorrevole e piacevole di The Battle Of Marston Moor. Simili tendenze a livello strumentale sono presenti anche in Queen Of The Hours, che però si rivela ben presto essere un altro gran bel brano cantato, di nuovo ad opera di Lynne. Chiude l'album la bellissima Whisper In The Night di Wood, tra l'altro coverizzata dai Nomadi in un'epoca in cui l'Italia ancora dipendeva dall'estero musicalmente (anche se non penso abbia mai veramente smesso): una piccola perla che è anche il suo addio alla sua nuova creatura.
Come ben sappiamo, già dal secondo album gli ELO diventeranno la band di Jeff Lynne, seppur con importanti contributi dagli altri suoi membri, e Wood prenderà altre strade, sia da solista che con gli ottimi Wizzard, senza però riuscire a raggiungere il successo che l'amico Lynne guadagnerà di lì a pochi anni.
Per questo motivo il primo, omonimo album degli ELO è una sorta di piccola parentesi sperimentale dalla fine prematura; di fondamentale importanza ma che lascerà poche tracce nelle future opere di questa band (giusto l'uso degli archi). Già in ELO 2 rimarranno il gusto melodico, le complessità strumentali ma si perderà gran parte dell'imprevedibilità e della follia che solo Wood sapeva dare, e da On The Third Day in poi si inizieranno ad intravedere gli ELO che tutti conosciamo.

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