martedì 14 maggio 2019

Atomic Rooster - Death Walks Behind You (1970) Recensione

Il secondo album della band guidata dal tastierista Vincent Crane oltre che il primo della cosiddetta "era Du Cann". Infatti dopo un primo album con una formazione composta dallo stesso Crane, Carl Palmer alla batteria (entrambi reduci dal Crazy World Of Arthur Brown) e Nick Graham al basso e voce, la band di fatto si sciolse e finì per includere John Du Cann alla chitarra e voce e Paul Hammond alla batteria. Questo portò gli Atomic Rooster verso sonorità più pesanti e più sbilanciate verso un certo hard rock chitarristico non lontano da certe cose dei Deep Purple di In Rock. Ovviamente l'Hammond di Crane rimane centrale insieme ai suoi misurati interventi al piano, e la peculiare assenza di un bassista richiese oltretutto un approccio diverso alle tastiere, che avrebbero dovuto andare a coprire anche quelle frequenze sonore diversamente assenti. Se si tiene conto che anche una band come i Doors, notoriamente priva di bassista in formazione, chiamava bassisti stipendiati a registrare parti in studio, si può ben capire la peculiarità della scelta degli Atomic Rooster.
Il suono di Death Walks Behind You è essenziale e potente come solo negli album di quegli anni poteva essere, ed alterna brani di semplice hard rock dalle tinte proto-prog a brani un pelo più complessi, ma mai troppo.
Un esempio di ciò è l'iniziale title track, che nonostante i suoi sette minuti e mezzo di durata è composta solamente da una bella ed inquietante introduzione di piano e chitarra, un principale riff su cui si ripete il ritornello a mo di mantra ed un secondo riff cromatico discendente. Il tutto si alterna in un brano che ben esemplifica il sound di questo gruppo, pur non essendo il migliore dell'album, in quanto forse fin troppo lungo.
Certe tendenze progressive si fanno notare nella successiva strumentale VUG, dove intricati arpeggi di chitarra e Hammond fanno da contorno a rumorosi assoli che mettono in mostra le indubbie capacità di Crane e Du Cann, oltre che il galoppante supporto ritmico di Hammond. Quello che si nota di certo è il peculiare approccio di Crane, in un certo senso distante dalle velleità esibizionistiche dei vari Emerson e Wakeman, molto più ancorato a temi musicali più o meno precisi, piuttosto che tendente a voli pindarici di stampo jazzistico (elemento comunque presente in ogni caso).
Ci sono anche brani più semplici, come Tomorrow Night e I Can't Take No More, dove i riusciti riff di Du Cann aprono la strada a pezzi che non sono poi così lontani dai Deep Purple di Fireball, senza però poter vantare una voce di egual presenza ed autorità.
Seven Lonely Streets, o 7 Streets stando a Wikipedia, è senza dubbio uno degli episodi più ambiziosi dell'album, con di nuovo bellissimi e possenti riff, riusciti cambi di tempo ed un mozzafiato botta e risposta tra organo e chitarra nella sezione centrale. Quasi sette minuti di inarrestabile cavalcata che, a parere di chi scrive, si conferma essere la vetta dell'album. C'è da dire però che la successiva Sleeping For Years fa di tutto per mantenere il passo, riuscendoci in gran parte. Già con il rumoristico inizio di Du Cann si capisce dove si vuole andare a parare, e ciò che segue è un possente mid-tempo che strizza l'occhio a certe cose dei Led Zeppelin, tingendole però di un suono decisamente più tetro e metallico. Un ottima palestra per le doti chitarristiche di Du Cann, che si lascia totalmente andare anche nella seconda metà del brano.
Ciò che rimane è la curiosa ballata Nobody Else, guidata da fascinosi accordi jazzati di piano ed in totale contrasto con il resto dell'album (nonostante la presenza di una sezione più ritmata), e la conclusiva Gershatzer, classico brano con un riff portante pretesto per assoli di varia natura; in questo caso dapprima Crane al piano e all'organo (qui si guardando alle parentesi più rumoristiche di Emerson) e poi Hammond alla batteria, senza però annoiare (dote comune di molti brani del genere, tipo In-A-Gadda-Da-Vida).
Di certo Death Walks Behind You non vanta quel tocco magico e quell'innovazione che ha permesso ad alcuni album di quegli anni di spiccare e rimanere impressi nella memoria e nella cultura, forse per la mancanza di pezzi trainanti o forse per la mancanza di un cantante di ruolo (Du Cann se la cava, e a tratti ricorda pure Greg Lake, ma con l'entrata di Chris Farlowe la differenza sarà abissale)... Fatto sta che Death Walks Behind You è negli anni rimasto un piccolo gioiellino per appassionati, lontano dalla perfezione ma certo non privo di fascino.
Quello in cui questo album di certo si distingue da molti altri è nella magnifica copertina, che contiene la raffigurazione di Nabucodonosor II ad opera di William Blake.

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