sabato 25 maggio 2019

Roy Wood - On The Road Again (1979) Recensione

Terzo album solista di Roy Wood, oltre che suo penultimo in assoluto, uscito dopo le svariate parentesi con i Wizzard e la Wizzo Band, tra esperimenti riusciti, falliti e pubblicati decenni dopo (Main Street).
On The Road Again è una sorta di ritorno alla "normalità" per Wood, per quanto normale possa essere la sua musica, essendo sostanzialmente un album pop con un occhio al passato e rare parentesi immerse nell'allora presente.
Dieci canzoni piacevoli, che oscillano dallo spectoriano a timidi tentativi disco più o meno riusciti, sempre con la consueta maestria di Wood come polistrumentista, stavolta affiancato da vari musicisti ospiti tra cui spicca John Bonham alla batteria due pezzi.
Fin dalla title track iniziale si nota come Wood sembri cercare di guadagnarsi una sorta di hit, combinando cori alla Beach Boys, arrangiamenti relativamente semplici con qualche tocco interessante qua e là ed una produzione tutto sommato pulita e al passo con i tempi, specialmente se confrontata con altri suoi lavori precedenti.
Wings Over The Sea continua mantenendo lo stesso approccio e confermandosi un altro pezzo di riuscitissimo pop, così come la più vivace Keep Your Hands On The Wheel (uno dei rari casi in cui le strofe risultano più riuscite del ritornello). Queste ultime due vantano il già citato Bonham alla batteria, e specialmente in quest'ultima riesce ad avere un notevole peso nella resa con il suo stile inconfondibile sempre in equilibrio tra tocco pachidermico e finezze derivanti dal jazz.
Colourful Lady è uno strano pezzo che guarda alla disco ed al funk, tra l'altro con particolari armonie che sembrano arrivare addirittura dal progressive canterburiano. Curiosa la presenza di tale Pete Mackie alla voce solista in gran parte del pezzo. Begli assoli ed un brano molto curioso, che però sembra non riuscire totalmente nel suo intento.
Il classico Wood rock and roll ritorna prepotentemente in Road Rocket, salvo poi cercare di emulare gli ELO di Lynne della seconda metà degli anni '70 nella bella Backtown Sinner, pur con gli onnipresenti cori alla Beach Boys.
Jimmy Lad invece è forse una delle parentesi più interessanti e riuscite dell'album, che grazie ad un divertente e complesso arrangiamento che sfodera flauti di vario tipo, cornamusa, classici archi ferruginosi e accento finto scozzese si dimostra perfettamente in grado di stare al fianco delle geniali opere di Wood della prima metà degli anni '70.
Dancin' At The Rainbow's End guarda di nuovo verso la disco, anche se stavolta con fare più melodico, e Another Night ci riporta quasi ai tempi dei Move di Fire Brigade. Way Beyond The Rain congeda l'album in modo più che dignitoso, trattandosi di un bellissimo brano lento e melodico tipico dello stile di Wood fin dai tempi della magnifica Whisper In The Night degli ELO o Wear A Fast Gun dei Wizzard. Un magnifico pezzo che dimostra forse per l'ultima volta il genio di Roy Wood, nonostante l'indifferenza pressoché totale del pubblico.
Solo nel 1987 arriverà un successore, Starting Up, che sarà il suo ultimo album in assoluto, e dimostra palesemente quanto quel tocco geniale se ne fosse ormai andato quasi del tutto.
Ed è curioso osservare come uno dei più originali e prolifici compositori e musicisti degli anni '60 e '70 ad un certo punto abbia totalmente smesso di fare musica e sia ignorato da tantissima gente, tolte Blackberry Way e I Wish It Could Be Christmas Everyday, entrambe tra l'altro note con il nome della band di turno e non con quello di Wood.
On The Road Again è lontano dall'essere il suo miglior lavoro, ma si tratta comunque di un onesto e piacevole album con qualche parentesi interessante; una descrizione questa che ha smesso di essere associata al pop ormai da qualche decennio, quindi per gli standard odierni lo si può considerare un lusso.

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