venerdì 13 luglio 2018

Queen - Queen (1973) Recensione

Devo ai Queen gran parte della mia formazione musicale, e mi sembra quindi appropriato scrivere qualche riga sul loro omonimo album d'esordio che oggi compie esattamente 45 anni.
Ricordo che per me si trattò del loro primo album acquistato in CD, quando avevo 8 anni. Certamente avevo già alcuni altri loro lavori, ma in cassetta, e fui immensamente felice una volta scoperto il CD alla luce della migliore qualità audio e maggiore stabilità ed affidabilità. Bei tempi quelli senza hipster che impongono svolte a 180 gradi sui supporti musicali.
Comunque, il loro primo album è certamente un lavoro in parte piuttosto acerbo, come nei casi di quasi tutte le altre band, ma dimostra già vari segni di ciò che verrà.

Già l'apertura con Keep Yourself Alive non potrebbe essere migliore: un carico brano rock scritto da Brian May che rimarrà fisso in scaletta nei concerti di gran parte della loro carriera. Il fatto che non raggiunse un gran successo all'uscita è solo segno inequivocabile di una promozione sbagliata e/o assente. E già qui si nota la tendenza dei Queen a realizzare pezzi molto memorabili e coinvolgenti, talento certamente non comune.
Doing All Right calma un po' le acque, e si tratta di un pezzo risalente alla band precedente ai Queen, gli Smile, e scritta da May e l'ex-cantante Tim Staffel. Pur iniziando come una semplice ballata acustica, sfoggia uno dei primi esempi di uno stile compositivo che tornerà prepotentemente, e con risultati assai migliori, successivamente: l'uso dei cambi. Cambi di tempo, atmosfera, aggiunta di sezioni anche molto diverse fra loro. Caratteristica spesso attribuita al progressive con le sue suite, è in realtà ben presente in molti lavori dei Queen (che diciamocelo, non hanno genere). Qui sono delle improvvise impennate elettriche a spezzare il ritmo, ma vedremo che non sarà sempre così.
Great King Rat è una delle composizioni più ambiziose dell'album, un'altra cavalcata ritmata, stavolta scritta da Freddie Mercury, che oltre agli immancabili cambi di tempo, stop e riprese varie, sfoggia uno dei primi e migliori esempi di virtuosismo da parte di Brian May. Interessante notare come, complice la sua Red Special auto-costruita ed i fidi amplificatori Vox, May avesse già qui un suono molto personale e riconoscibile.
My Fairy King invece è forse il brano più "strano" dell'intero album. Un condensato di voci, in coro ma anche in contrappunto, su di un pezzo in continuo cambiamento che ben anticipa la tendenza che farà da padrone non solo in Bohemian Rhapsody qualche anno dopo, ma anche e soprattutto in quel gran capolavoro che si rivelerà essere Queen II. Vogliamo poi parlare dell'acuto di Roger Taylor all'inizio?
Liar è il brano centrale dell'album, in tutti i sensi. Altro pezzo che rimarrà in scaletta per tanto tempo, è di nuovo una composizione multiforme, forse anche più delle precedenti. La tendenza più heavy dei primissimi Queen si fa ampiamente sentire qui, specialmente nella lunga introduzione strumentale ripresa poi successivamente. Un brano che a livello compositivo non sarebbe totalmente fuori posto nel calderone del progressive rock, ma siccome non ci sono "mellotron moog tempi dispari" e, soprattutto, perchè sono i Queen (ed in quanto famosi, per natura meno validi di gruppi più di nicchia) ovviamente sarebbe una blasfemia.
The Night Comes Down tende un po' ad essere dimenticata a causa della grandiosità che la precede, ma si dimostra essere un discreto brano che permette di godersi una bella prestazione di Brian May alla chitarra acustica.
Modern Times Rock 'n' Roll è invece il primo di una lunga serie (di solito uno per album) di brani dove Roger Taylor si prende il suo spazio, anche come cantante. E qui più che mai la sua anima da rocker viene fuori prepotente, oltre che la sua grande voce. Brano forse non particolarmente memorabile, ma apprezzabile, seppur molto breve.
Son And Daughter è invece un brano molto importante per i primi Queen, non tanto in questa versione in studio, quanto piuttosto in sede live come punto di partenza ed arrivo per il lungo assolo con delay di Brian May, che poi si concretizzerà su disco due album dopo in Brighton Rock. Il brano in sé è un semplice blues, ed è forse anche uno dei motivi principali per cui alcuni critici, ingiustamente, li definirono "i Led Zeppelin dei poveri", o qualcosa del genere.
L'album a questo punto scivola veloce verso la fine con Jesus, dimenticabile brano che tende quasi alla psichedelia fuori tempo massimo, e Seven Seas Of Rhye. Attenzione però, perchè se magari quest'ultimo titolo potrebbe farvi suonare una campanella, in realtà la versione che potreste conoscere è quella dell'album successivo Queen II; qui infatti, per qualche motivo, si tratta di un breve strumentale che contiene lo stesso inizio al piano e la stessa prosecuzione, ma che finisce per non andare da nessuna parte e sfumare subito dopo. Non ho mai capito il senso di questo ultimo brano, specialmente alla luce della pubblicazione di una versione completa poco dopo.
Non ho citato John Deacon perchè in sostanza qui si limita a suonare il basso, ed il suo innegabile talento compositivo non si farà strada prima di Sheer Heart Attack e A Night At The Opera, per poi maturare definitivamente qualche anno dopo.

Insomma un album che soffre un po' dell'inesperienza della giovane band, che però farà passi da gigante già con l'album successivo, da molti (compreso me) visto come uno dei loro migliori in assoluto. La stessa voce di Mercury, per molti attrazione principale dei Queen, qui non è ancora del tutto formata, ma già dimostra molte delle sue peculiarità.
La presenza di pezzi come Keep Yourself Alive, Great King RAt, My Fairy King e Liar lo rende imprescindibile per i fan e non solo. Il resto rimane un po' in secondo piano, ma non vi è nulla di realmente terribile o inascoltabile, anzi. Un 7 per me.

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