martedì 10 luglio 2018

Concert Reviews 4: Toto - Villafranca di Verona 17/07/2011

Appena tre giorni dopo aver visto i Jethro Tull nel loro ultimo tour ad Astimusica (che, come segno dei tempi che cambiano, qualche anno fa invitava gente come Steve Hackett, Jethro Tull, Rick Wakeman, Asia, mentre l'edizione in corso alterna Youtubers, DJ, il Volo.... mi sento vecchio) ho avuto il piacere di vedere, per la prima volta, i Toto a Villafranca di Verona.

Il concerto si svolse in un luogo molto suggestivo, all'interno delle mura del Castello Scaligero. Ma perchè mai, visti gli altri concerti a cui ho assistito, ho deciso di andarne a vedere uno così lontano? Beh, all'epoca si vociferava che quella avrebbe potuto essere l'ultima data italiana dai da poco riformati Toto. Infatti il motivo della riformazione (che tra l'altro segnò il rientro di Joseph Williams alla voce al posto di Bobby Kimball, di David Paich e di Steve Porcaro alle tastiere, con l'aggiunta di Simon Phillips alla batteria, Nathan East al basso, Mabvuto Carpenter e Jenny Douglas-McRae ai cori oltre al sempre presente Steve Lukather) era la raccolta fondi per le cure dell'allora malato Mike Porcaro (che purtroppo ci ha lasciato nel 2015). Quindi non si sapeva se avrebbero continuato a fare tour o meno; oggi si sa che i Toto stanno vivendo una seconda giovinezza, ma all'epoca c'erano tanti dubbi.

L'attesa fu piuttosto pesante, a metà Luglio sotto al sole del pomeriggio, potete immaginare. All'apertura dei cancelli notammo cartelli vistosi che avvisavano il pubblico che la serata sarebbe stata ripresa, ed il che mi rese immediatamente felice: potrò rivedere questo concerto in DVD! Ovviamente poi così non fu. Per motivi a me ignoti (ma suppongo casini con la simpatica etichetta Frontiers) il concerto fu si ripreso (ricordo un enorme braccio meccanico che ci passava continuamente sopra la testa) ma tutt'ora giace dormiente da qualche parte, avendone ricavato solamente un breve spot per il tour successivo.
All'interno del Castello Scaligero attendemmo per ore accampati sul prato, ascoltando a ripetizione l'intero The Wall diffuso dall'impianto. Giuro, non credo di aver riascoltato quell'album per mesi dopo quel giorno. Ma dopo qualche ora finalmente la musica introduttiva inizia e tutti si alzano in piedi. L'eccitazione si fa sentire insieme ad una triste realizzazione: il palco è basso e la gente alta. Per tutta la durata ricordo ancora l'immane fatica per riuscire a scorgere qualcosa tra le teste del pubblico, mannaggia agli organizzatori. Certo, ebbi modo di vederli decisamente meglio nel 2015 su di un palco ad altezza normale, ma comunque... E come se non bastasse, ad un certo punto ecco la pioggia! Portando con sé una marea di ombrelli ovviamente ancora più alti delle suddette teste. Dopo questa esperienza, potete ben capire perchè dei miseri telefoni in aria non riescono a disturbarmi.
Ma sorvolando sul problema visibilità, il concerto parte in quarta con l'intera Child's Anthem, collegata senza pausa a Till The End da Farenheit. La band suona in modo eccellente, e Joseph Williams ha ritrovato la voce del lontano 1987, ben lontana dal disastroso tour del 1988. Certo, fisicamente è appesantito, tanto da guadagnarsi il mio appellativo di Garfield, ovviamente in simpatia, ma la performance non ne risente minimamente. Afraid Of Love segue e, tra la sorpresa generale, viene collegata, esattamente come nell'album Toto IV, a Lovers In The Night. Una doppietta micidiale segnata dal grande ritorno di David Paich, che avrà modo di migliorare notevolmente a livello vocale in questi ultimi anni.
I ritmi si calmano con il reggae di Somewhere Tonight, altra grande sorpresa, che comprende una jam finale guidata dal corista Mabvuto Carpenter su No Woman No Cry, coinvolgendo il pubblico. Segue la quasi sempre presente Pamela, impeccabile come d'abitudine, e la "novità" di Lea, lento brano dimenticato da Farenheit. Steve Lukather guadagna poi il centro dell'attenzione con Gift Of Faith, caratterizzata anche da un gran bel finale con la corista Jenny Douglas-McRae in primo piano: uno dei pezzi forti della serata. L'assolo-duetto di tastiere precede l'immancabile Africa, che finalmente può vantare un ritornello cantato dal vivo e non in playback come ai tempi di Bobby Kimball. Ciò lasciò spazio a quella che di fatto fu una dedica: Human Nature di Michael Jackson. Erano passati appena due anni dalla sua morte, e la band pensò di portare questo bel brano in scaletta, forti del fatto di avere in formazione colui che la scrisse, Steve Porcaro. Un applauso a Joseph Williams che non ha avuto il minimo problema a re-interpretare questo pezzo. Ci si avvicina al rush finale, ed ecco quindi Rosanna con la consueta jam in coda, Georgy Porgy che spezza un po' il ritmo (ammetto che non ho mai amato questo brano), una Stop Loving You di grande potenza, estesa anch'essa da una jam finale dove Simon Phillips si lascia andare in un assolo, e la sempre magistrale Home Of The Brave.
Il bis non poteva non essere Hold The Line, con come ospite il figlio di Mike Porcaro. Anche qui il tutto è stato esteso da una jam finale che ricordo essere ottima. E così, tra l'entusiasmo di tutti, la pioggia, e Sgt Peppers sparato dall'impianto, ci avviamo all'uscita, consci di aver, seppur non visto, almeno ascoltato un gran bel concerto.
Il ritorno di Paich e Steve Porcaro ha riportato molta dell'identità del "suono Toto", e la presenza di Joseph Williams e dei due coristi ha rappresentato un notevole salto di qualità rispetto agli ultimi tour con Bobby Kimball, cantante incredibile ma tutt'altro che costante, come testimoniato da quella "fiera dell'autotune" che è il live di Falling In Between.
Ovviamente è triste non avere tra le mani il DVD di quel concerto, ma possiamo consolarci con il fatto che i Toto sono ancora vivi e vegeti, e quando li avrei rivisti quattro anni dopo si sarebbero rivelati ancora più solidi ed impeccabili, come solo le grandi band sanno essere.

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