Indubbiamente Magnetic Fields, pt. 1 svetta su tutto il resto, dimostrando come, nonostante le premesse, Jarre sia in grado di creare un capolavoro sinfonico da annoverare tranquillamente tra le sue cose migliori. Molteplici linee di synth si intrecciano in un saliscendi di 18 minuti diviso in tre distinti movimenti. L'inizio è dirompente, teso, che avanza costantemente per più di 6 minuti, lasciando poi spazio al secondo movimento, più tranquillo ma carico di suoni e rumori a renderlo sinistro ed inquietante. Il terzo movimento è decisamente più ritmico e tipicamente "alla Jarre", che anche qui lo fa crescere man mano aggiungendo più e più linee intrecciate fino al culmine, dove un sax sintetico si allontana insieme al resto, sfumando.
Magnetic Fields, pt. 2 è l'immancabile singolo: ritmato, melodico, contagiosamente "cantabile" ed in totale contrasto con l'epica prima parte. Non sarà Equinoxe 4 ma personalmente lo adoro. Forse un po' troppo lungo per le idee che offre, ma si può sopportare.
Magnetic Fields, pt. 3 invece sa molto di intermezzo, con rumori meccanici di ingranaggi e atmosfere più sospese, questo pezzo funziona bene come pausa, ma lascia un po' il tempo che trova se preso singolarmente.
Sequencer e drum machine ritornano prepotentemente in Magnetic Fields, pt. 4, altro brano che ha forse qualcosa in comune con la seconda parte, ma che a mio parere risulta essere un po' più interessante essendo strutturato a crescendo invece di rimanere in sostanza sempre uguale a sé stesso, come la parte 2. Davvero bello anche verso la fine, quando parti di synth più lente e distese entrano in contrasto con il ritmo sempre costante.
Un assordante rumore di un treno porta alla conclusione il brano, lasciando spazio alla parte più strana di tutto l'album. Magnetic Fields, pt. 5 è in sostanza una rumba, un brano che sconfina quasi nella muzak e che nel suo essere totalmente fuori posto crea un contrasto che, a mio parere, funziona mirabilmente. Per intenderci, mi dà un po' la stessa sensazione di quei brani anni '30 usati in ambientazioni post-apocalittiche. Certo, lascia un enorme punto di domanda in testa, ma si rivela essere una scelta coraggiosa che ho apprezzato.
Interessante notare che il titolo francese "Les Chants Magnetiques" sia un gioco di parole basato sul quasi identico suono delle parole "chants" e "champs", risultando quindi in "canti magnetici" invece di "campi magnetici". Ovviamente in inglese questo tipo di giochetto non si può fare, e per questo motivo il titolo perde il doppio senso e si assesta sul semplice "Magnetic Fields".
Insomma, certamente non il lavoro migliore di Jarre ma indubbiamente uno dei più sottovalutati. Non è infatti difficile apprezzarlo se già si amano i due lavori precedenti, visto comunque che a livello stilistico ne è un'evoluzione, non una totale rivoluzione come invece il successivo Zoolook. Personalmente ritengo che la prima parte svetti su tutto il resto di gran lunga, finendo per oscurare parentesi comunque valide come la seconda e la quarta parte. Rimane comunque un lavoro ben fatto dall'inizio alla fine, oltre che un'altra dimostrazione del talento compositivo di Jarre.
Un 7,5 come voto.
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