martedì 23 gennaio 2018

String Driven Thing - The Machine That Cried (recensione)

Gruppo curioso questi String Driven Thing. Dopo un inizio un po' incerto a fine anni '60 con un primo, omonimo, album ormai introvabile, i fratelli Chris e Pauline Adams entrano a far parte della mitica Charisma di Tony Stratton-Smith nel 1972. Nello stesso periodo entra a far parte della band un giovane violinista di nome Graham Smith, che successivamente porterà avanti la band con altri membri fino ad arrivare alla forse più nota collaborazione con Peter Hammill e gli ultimi Van Der Graaf anni '70. Insomma nel '72 arriva un altro album omonimo, in bilico fra folk e blues ma con il violino di Smith sempre presente ed originale. Un album godibile che consiglio, se non altro, almeno per Circus; gran bel pezzo. Curiosa anche l'assenza di un batterista in quest'album, sostituito dalle percussioni suonate da Pauline Adams. Oggi però voglio parlare del loro album del 1973: The Machine That Cried.
Una creatura molto diversa dal precedente album. Si notano ancora il folk e il blues, ma il tutto è portato oltre, ad altezze incredibili in tutti i sensi. Un album oscuro, probabilmente anche a causa dei problemi di salute di Chris Adams sofferti durante la registrazione (ricordo che purtroppo è venuto a mancare recentemente, nel 2016). La prima traccia, Heartfeeder, credo che sia un esempio perfetto di ciò che intendo: una cavalcata trascinante dominata dalla lacerante voce di Chris occasionalmente accompagnato da Pauline e cesellata da interventi di Smith al violino tra i più intensi ed originali che io abbia mai ascoltato, in qualunque genere. Trovo sia impossibile rimanere indifferenti alle performance vocali di Chris Adams in questo album, solo accennate nel precedente. Il finale di Heartfeeder, con la voce di Pauline usata quasi come strumento ad accompagnare gli altri all'apice finale, è qualcosa di meraviglioso. Stupisce quasi il contrasto con la seconda traccia, To See You, un folk quasi dylaniano ma sicuramente più intonato, molto piacevole e che dimostra l'elasticità di questa band. Night Club è un brano più ritmato e lineare, con un bellissimo violino a supportare il ritmo; melodicamente parlando sembra uscito negli anni '90, ho come questa impressione, tra l'altro ricorrente in un album, secondo me, fuori dal tempo e non totalmente figlio del suddetto, come molti contemporanei. Sold Down The River è un altro brano che adoro, caratterizzato da una performance vocale disumana di Chris Adams, che sembra quasi avvicinarsi al miglior Robert Plant (quello del primo album dei Led Zeppelin), una voce in grado di svettare su ogni cosa.
E come se non bastasse, il tutto si conclude con un gran bell'assolo di violino. Two Timin' Mama trova alla voce Pauline principalmente, in un brano forse più convenzionale ma non per questo privo di interesse. Da notare la presenza vocale di Pauline, comunque sempre presente, ma in sostanza un paio di passi indietro rispetto all'album precedente, dove i brani in cui assolveva il compito di voce solista erano sicuramente in maggior numero. Qui invece è sempre ben presente come seconda voce, facendo un ottimo lavoro. Anche Travelling sembra riportarci momentaneamente al primo album: un pezzo folk molto tranquillo che è senz'altro ben accetto in mezzo alle vette di inizio e fine album (ci arriviamo). People On The Street è un altro brano oscuro e forse ancora più macabro dei precedenti: "So many people on the street, it's sad to think they're going to die". "Time's gonna shoot you down in the end you'll find everything is turned to dust". Wow. Inquietante anche grazie ai controcanti di Pauline, davvero azzeccati. Uno dei brani migliori dell'album sicuramente. The House è un altro brano forse un po' transitorio e minore, di nuovo con Pauline alla voce, ma direi che ci sta bene prima della micidiale doppietta finale. Ecco finalmente la title track, altro brano che sembra scritto ieri, con un bellissimo violino per tutta la sua durata, ma in particolar modo sul finale. Posso tranquillamente affermare che, grazie al lavoro fatto qui e successivamente con Hammill, Graham Smith è senza dubbio il mio violinista preferito in assoluto. River Of Sleep chiude l'album, ma solo in versione CD.
Si perchè nell'originale versione in vinile a chiudere l'album c'è Going Down, che in sostanza è l'ultima parte di River Of Sleep; e per fortuna che è stata ripristinata nella sua interezza! Perchè secondo me è uno dei picchi assoluti di questo album. Dopo un interessante inizio che ha un che di beatlesiano ed un breve bell'inciso strumentale, ci si ritrova al quasi-mantra "time is sleep and sleep is time" che ha un che di sinistro (un po' come tutto l'album). E mentre questa parte sfuma, entra pian piano il violino per introdurre un lungo crescendo che sembra andare oltre l'immaginabile: quando pensi che non possano "salire" ulteriormente, trovano un modo per farlo. La voce di Pauline, il violino che ad un certo punto sfiora il limite della cacofonia. Incredibile. E dopo, come una sorta di post scriptum, ecco la Going Down che chiudeva il vinile originale: un breve brano acustico con di nuovo Pauline alla voce. E ora si che chiude l'album in modo appropriato!
Un album fuori dai tempi, fuori dai generi, uno dei miei preferiti in assoluto senza ombra di dubbio. Dopo questo album la formazione in sostanza si scioglie, Graham Smith prova a riformare il gruppo con altri membri ma ovviamente la magia se ne è andata. Si sono poi riformati in anni recenti per qualche concerto, ma purtroppo Chris Adams ci ha lasciati poco più di un anno fa. Da una parte è triste sapere che un album di questa bellezza non avrà mai un vero e proprio seguito, ma dall'altra è forse meglio così: si evitano confronti inutili e ci si gode quel "poco" che si ha. Ecco, piuttosto è triste la fama "di culto" che ha questo album, che meriterebbe invece di stare tra i lavori "maggiori" di quegli anni, essendo anzi a mio parere superiore e molti di essi.
Lo consiglio a chiunque, non importa che genere ascoltate. Un voto? Stavolta esagero, ma se lo merita: un 9,5.

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