sabato 8 dicembre 2018

The Beach Boys - Friends (1968) Recensione

Un album molto particolare, forse il più lontano da quell'approccio radiofonico che spesso, non totalmente a ragione, si abbina all'immagine dei Beach Boys. Spesso definito anche "l'album della meditazione trascendentale" alla luce del loro interesse per gli insegnamenti del Maharishi (un po' come i Beatles), che li portò anche ad organizzare un tour con lui stesso a predicare i suoi insegnamenti in apertura. Inutile dire che il tour venne annullato dopo 5 date. L'album però, pur essendo ispirato da un argomento tutto sommato in voga nel periodo, sembra essere totalmente fuori da ogni tendenza musicale contemporanea. La psichedelia è assente, così come le sonorità più dure che stavano emergendo in quel violento '68, e il tutto ha una pacatezza difficilmente descrivibile a parole. Non si tratta dell'approccio sonnolento di Smiley Smile, quanto piuttosto di pura, semplice e a tratti infantile positività.
Contrariamente a quanto comunemente si crede, Brian Wilson è ancora molto coinvolto, sia nelle composizioni che negli arrangiamenti, seppure la produzione sia accreditata all'intera band (come da Smiley Smile in poi dopotutto). Nonostante tutto è infatti evidente come gradualmente il resto della band stia iniziando a guadagnare spazio, dando quindi all'album più un senso di lavoro di gruppo rispetto alla precedente egemonia di Brian. Persiste l'approccio lo-fi dei due lavori precedenti, ma a differenza di essi in Friends ritornano i musicisti aggiunti che gli danno una varietà e profondità maggiori. Tutti e 12 i brani sono molto brevi, spesso sotto i 2 minuti e raramente oltre i 3, portando l'album ad appena 25 minuti di lunghezza, e forse questo è il suo difetto più grande (se pensiamo che da lì a pochi anni ci saranno band che faranno singoli brani di quella lunghezza, si capisce quanto sia aumentata nel tempo la tendenza a diluire le idee).
Ovviamente sono lontani gli altissimi livelli dei testi di Van Dyke Parks che appena un anno prima elevavano le già ottime musiche di Smile, ma questo non l'ho mai visto come un difetto in Friends. Certo, dedicare un brano a quanto è bella la meditazione trascendentale o al "discorso" da padre a figlio su come nascono i bambini (When A Man Needs A Woman) non sarà il massimo, ma contribuisce a quel senso di "stranezza" che aleggia nei lavori dei Beach Boys di quest'epoca.
L'overture distesa e serena di Meant For You ben chiarisce l'atmosfera che troveremo nel resto dell'album, e prima ancora che ce ne si accorga, semplicemente, sfuma e finisce, ad appena 38 secondi. C'è da dire che almeno "the cool one" Mike Love qui e nella manciata di album che seguiranno raggiunge l'apice come cantante, riuscendo a risultare non solo sopportabile, ma anche un ottimo interprete! La title track poi, con Carl Wilson alla voce, è un valzer fuori dal tempo, semplicemente sublime. Il tutto continua su simili binari, con brani strambi arrangiati in modo sublime (quasi un Pet Sounds lo-fi) tra cui la bella Passing By, quasi una risposta Beachboysiana alla dimenticata Flying dei "rivali" Beatles. Degno di nota è l'esordio di Dennis Wilson come compositore, un preludio a ciò che sarà nel decennio successivo e raggiungerà l'apice in Pacific Ocean Blue. Be Still ben fa intendere la sua direzione futura essendo una ballata dai toni estremamente lenti ed enfatici, Little Bird invece è un gioiellino pieno di cambi e trovate strumentali da applausi. E se Busy Doin' Nothin' rappresenta forse meglio di ogni altra cosa la filosofia di vita di Brian di lì a poco, e la conclusiva Transcendental Meditation chiude l'album in modo quantomeno bizzarro; Diamond Head si tratta invece di un altro piccolo diamante strumentale con un che di hawaiano la cui complessità non avrebbe sfigurato in album ben più celebrati.
Insomma Friends è un album molto particolare ma consigliatissimo a chiunque, fan o no. Per approfondirne la conoscenza (e magari ascoltare altro vista la sua brevità) consiglio anche Wake The World: The Friends Sessions, disponibile solo in streaming e download. Esso ci regala un'ora abbondante di outtake che ci permettono di capire meglio ciò che sta dietro a questo strano album.
Già dal successivo 20/20 Brian Wilson è sostanzialmente assente e tornerà sporadicamente in lavori successivi come gli ottimi Sunflower e Surf's Up; la sua assenza è spesso sopperita da ripescaggi da parte dei compagni di suoi brani dall'abortito Smile. Alla luce di questo quindi si può considerare Friends come l'ultimo vero esempio della creatività di Brian, ben amalgamata a quella dei compagni. Un album fuori dal tempo e da ogni corrente. Merita un 8.

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