giovedì 20 dicembre 2018

Led Zeppelin - Live On Blueberry Hill (1970) Recensione

Il mondo dei bootleg dei Led Zeppelin è forse trai più vasti esistenti. L'ho notato nel momento in cui mi sono dedicato alla ricerca di analoghe registrazioni di altre band ed ho visto quanto più difficile sia trovarne. Sarà per la loro indole votata all'improvvisazione, sarà per il loro status di rock band per eccellenza oltre che simbolo di una certa corrente degli anni '70, ma fin da subito per loro il mercato dei bootleg è fiorito come in pochi altri casi, e tutt'ora continua ad esser vivo, con nuove uscite ogni anno. Oggi gran parte della loro carriera live è ben rappresentata con registrazioni anche di ottima qualità, ma ciò non basta a far dimenticare i grandi classici. Questo Live On Blueberry Hill è forse in testa ad un'ipotetica classifica, insieme ad altre perle come Destroyer e Listen To This Eddie, entrambi questi ultimi con concerti del 1977. Blueberry Hill contiene una registrazione del concerto del 4 Settembre 1970 al Los Angeles Forum, nel bel mezzo del loro sesto tour americano in meno di due anni dalla fondazione. Il 1970 è ufficialmente rappresentato dal filmato alla Royal Albert Hall del 9 Gennaio 1970, ma una volta arrivati a Settembre ci si trova di fronte ad un concerto ben diverso.
Infatti nonostante Led Zeppelin III sarebbe uscito solo un mese dopo, la scaletta dei concerti aveva già subito notevoli variazioni.

La prima cosa che si può notare è l'esclusione di pezzi importanti del primo periodo, entrambi rappresentativi di quella fase puramente blues che pian piano andava attenuandosi: I Can't Quit You Baby e How Many More Times. Il pezzo che forse meglio di ogni altro porta avanti la loro idea di blues è proprio Since I've Been Loving You, aggiunta in scaletta già qualche mese prima. Se confrontata con un altro bootleg, quello di Montreux risalente a Marzo, si nota come l'arrangiamento live abbia già fatto passi da gigante, e a mio modesto parere raggiungendo qui un apice difficilmente eguagliabile, specialmente grazie all'incredibile performance di un Robert Plant al picco delle sue capacità.
Già dall'apertura del concerto con la nuovissima Immigrant Song si nota quanta fede ripongano nel nuovo materiale ancora ufficialmente inedito; e se la versione migliore di questo brano è forse quella del 1972 su How The West Was Won, qui è comunque incredibilmente potente. Si continua poi con le presenze fisse di Heartbreaker e Dazed And Confused, quest'ultima ancora relativamente contenuta rispetto a versioni successive. Stupisce Bring It On Home come quarto pezzo, visto il suo ruolo di bis in molteplici occasioni. La versione qui presente, nel suo tipico arrangiamento esteso con l'improvvisazione botta e risposta centrale, è incredibilmente coinvolgente, complice anche la sensazione di essere fisicamente tra il pubblico data dalla registrazione. Un'altra novità importante è l'introduzione del set acustico, qui ancora relativamente breve comprendendo solamente That's The Way e Bron-Yr-Aur. Ovviamente questa sezione verrà ampliata negli anni, ma è interessante notare che se la prima è un altro brano allora inedito dall'imminente LZ III, la seconda, da non confondere con la quasi omonima Bron-Yr-Aur-Stomp, anch'essa da quell'album, non la vedremo fino a Physical Graffiti 5 anni dopo! Segue la già citata ed impressionante Since I've Been Loving You con Page e Plant in particolare in formissima, per poi arrivare alla fascinosa Thank You, introdotta da un assolo di organo ad opera di John Paul Jones. Ed è interessante notare, ascoltando vari bootleg, come lo stile dell'assolo di Jones cambi totalmente a seconda se in quella serata abbia a disposizione un Hammond o un organo combo tipo Farfisa, come in questo caso. Se nel primo caso tocca territori più classicheggianti e gospel, nel secondo pare invece "perdersi" in esibizioni più rumoristiche e psichedeliche, in totale contrasto con il brano che poi segue. Interessante senza dubbio, ma poche cose raggiungono la bellezza pura delle versioni di inizio '73 con il Mellotron al posto dell'organo. Seguono le ottime What Is And What Should Never Be e di Moby Dick, dove Bonham regala la sua consueta esibizione di tecnica muscolare, per fortuna senza raggiungere i 30 o 40 minuti come qualche anno dopo. A questo punto inizia la sezione del concerto senza dubbio più interessante. Whole Lotta Love acquisisce in questo periodo il ruolo di punto di partenza per infiniti medley di cover, laddove precedentemente il ruolo era coperto da How Many More Times. Indubbiamente l'apice in questo senso si raggiungerà nel tour giapponese del 1971 o nelle date estive del 1972, ma già qui troviamo Boogie Chillen, Movin On, Red House, Some Other Guy, Think It Over, Honey Bee e The Lemon Song. Un godibilissima parentesi che ci mostra i Led Zeppelin che semplicemente si divertono e fanno divertire. Il bello qui è che una volta finita Whole Lotta Love sembrano non averne ancora abbastanza. Nella successiva Communication Breakdown infatti fa capolino un altro medley, che prima di una gran bella versione di For What It's Worth e una breve citazione a I Saw Her Standing There, sfodera a sorpresa la loro Good Times Bad Times! Questo brano non fu quasi mai suonato dal vivo per intero, e qui possiamo ascoltarne una rispettosa versione quasi integrale (saltano l'assolo e l'ultimo ritornello passando direttamente alla conclusione, che dà spazio ad un raro assolo di basso di Jones), seppur palesemente improvvisata.
Le rarità continuano con l'intera Out On The Tiles, altro brano dall'imminente LZ III, suonato dal vivo pochissime volte. Il riff verrà poi ripreso più e più volte negli anni successivi, dapprima per introdurre Black Dog, e poi nel 1977 come introduzione all'assolo di batteria al posto del riff di Moby Dick, suonato poi alla fine. Incredibile tra l'altro sentire come questo brano renda bene pur essendo in sostanza una novità che verrà poi scartata dalle scalette da lì a poco.
Siamo arrivati alla fine, e quale modo migliore per chiudere se non con un'altra cover? Altra grande sorpresa più unica che rara, una bellissima versione di Blueberry Hill dei Fats Domino, ed ecco che si spiega il titolo del bootleg. Questa cover a mio parere non avrebbe affatto sfigurato in un album ufficiale, tanto è ottima la resa. Una perfetta conclusione di un concerto incredibilmente solido e potente.

Esistono molteplici fonti audio di questo concerto, pare addirittura 6 o 7, ed è piuttosto difficile dire con certezza quale sia la migliore. Ovviamente sono tutte registrazioni effettuate dal pubblico, quindi che non ci si aspetti una qualità paragonabile agli album ufficiali! Il consiglio che do a chiunque sia interessato è di indagare un po' e di trovare loro stessi la versione che più si avvicina alle loro preferenze. Esistono anche "compilation" che combinano le diverse fonti, così come una raccolta di ben 9 CD con le varie molteplici versioni. Insomma, ognuno può cercarsi o crearsi la "sua" versione.
Come accennato precedentemente, di bootleg dei Led Zeppelin ne continuano ad uscire tutt'oggi, ed ormai si parla in termini di centinaia, con molte autentiche perle sparse; ma questo Live On Blueberry Hill, nonostante una qualità audio altalenante, rimarrà una delle migliori rappresentazioni live di questa leggendaria band.

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