Gli ingredienti sono simili: atmosfere sospese, brani ripetitivi ed evocativi, sintetizzatori in primo piano, l'incredibilmente monotona voce di di Frank Bornemann... Quello che però salta subito all'orecchio sono due elementi che lo distinguono da Ocean, e per questo me lo fanno apprezzare maggiormente: la presenza di un'orchestra ed il ruolo più importante della chitarra. Ocean infatti si dimostra come una massa di suoni atmosferici con alti e bassi per quaranta minuti, laddove Dawn riesce invece ad essere più vario proprio grazie a queste aggiunte. Capita infatti di incappare in riff un pelo più movimentati ogni tanto che ben riescono a spezzare il ritmo. Basti sentire Between The Times ad esempio. Se a questo ci aggiungiamo la mancanza di una infinita, e a mio parere un po' noiosetta, sezione narrata come in Ocean (parlo della prima sezione della lunga Atlantis' Agony at June 5th - 8498, 13 P.M. Gregorian Earthtime), si può capire come l'album riesca a scorrere decisamente meglio.
Ovviamente ci sono anche qui parti un po' meno interessanti: trovo infatti che un brano come LOST?? (The Decision) sia fin troppo ripetitivo e, in un certo senso, inutile (bastavano un paio di minuti a mio parere), così come alcune sezioni narrate (si, ci sono anche in Dawn, ma per fortuna sono più brevi e supportate da musica più interessante e piacevole) sono forse un pelo forzate oltre che al limite dell'incomprensibile, non certo aiutate dall'accento spiccatamente tedesco e dal bassissimo volume della voce. A tal proposito, Dawn dovrebbe essere un concept album, ma per i motivi detti qui sopra la storia risulta pressoché incomprensibile. L'unica spiegazione che ho trovato a riguardo arriva dalla solita Wikipedia: "...racconta la storia di un uomo che dopo una morte improvvisa ritorna come un fantasma. Cerca di trasmettere le sue conoscenze appena acquisite alla sua amata. L'album termina con la sua dissolvenza in luce, chiudendo sulla citazione, "Nous sommes du soleil" ("We are of the sun")."
Curiosa la scelta dell'ultima frase, usata anche dagli Yes come una sorta di mantra in Ritual, nel tanto discusso Tales From Topographic Oceans. Curioso comunque notare che i testi, sia di questo Dawn che di Ocean, siano opera del batterista Jürgen Rosenthal, precedentemente membro dei primissimi Scorpions di Fly To The Rainbow.
Dawn però si lascia ascoltare molto piacevolmente, raggiungendo a mio parere i suoi picchi all'inizio con Awakening e la mini-suite Between The Times, e nella seconda metà, con quel gran bel pezzo che è The Midnight-Flight/The Victory Of Mental Force, uno dei miei brani preferiti in assoluto degli Eloy. Forse l'ostacolo più grande all'ascolto, caratteristica che però non si limita ad essere presente in Dawn, è il cantato di Bornemann. Indubbiamente non dotato di una grande voce versatile, per questo motivo e, probabilmente, anche per consce scelte compositive, le linee vocali sono sempre molto piatte, monotone, ripetitive, inespressive, al limite del parlato. Certo, questa è una caratteristica primaria del suono Eloy, ma non fatico a credere che qualcuno la trovi come una sorta di ostacolo.
In definitiva, non conosco ogni singolo album degli Eloy, ma finora Dawn è senza dubbio il mio preferito e lo ascolto spesso con piacere. Per questo, nonostante i difetti, si merita un 7,5 come voto.
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