martedì 21 agosto 2018

Genesis - Invisible Touch (1986) Recensione

Un album spesso preso come esempio della decadenza di questa band. Una band il cui graduale cambio stilistico è spesso denigrato e definito come un semplice risultato dell'abbandono prima di Gabriel e poi di Hackett, evidentemente conoscendo poco delle carriere soliste dei suddetti negli anni '80 e dimenticandosi totalmente che la principale unità compositiva della band (Banks e Rutherford), dopo l'abbandono di Phillips, è sempre stata presente. Poi certo, "si sono svenduti", come se fosse semplice farlo, come se bastasse volerlo e "puff", soldi a palate. Però tanti musicisti ironicamente fanno la fame, curioso... Forse non è così semplice. Liberissimi di chiamarli "i Genesis quelli falsi", o la "Phil Collins Band" o "genesis" in minuscolo facendo i simpatici, ma Invisible Touch per me è il loro miglior album anni '80 dopo Duke, uno dei più solidi. Certo, è un album sostanzialmente pop, ma che c'è di male? Indubbiamente può non piacere, ma non per questo va sminuito a prescindere. La title track è un piccolo e semplice gioiellino pop che non viene certamente fuori mettendo insieme note a caso, ed è l'esempio di come il tanto vituperato Phil Collins qui non sia alla guida della band come molti tutt'ora credono. Tant'è che non solo i brani sono accreditati all'intera band, ma non è neanche difficile notare il pesante zampino di Banks in questo brano, tanto quanto quello di Rutherford nell'ugualmente famosa Land Of Confusion. Tonight Tonight Tonight invece dimostra perfettamente come comunque i Genesis non fossero certo nello stesso calderone dei vari Duran Duran o Spandau Ballet, tirando fuori un pezzo che eleva la sua natura pop estendendosi con un azzeccato intermezzo strumentale. Certamente uno dei brani più riusciti dell'album, vittima purtroppo di sciagurati tagli sia nella versione singolo che nei live dal '92 in poi che trasformano il brano, stavolta si, in una "semplice" canzone pop. E poi la già citata Land Of Confusion, "nobilitata" e legittimata nel mondo dei più giovani alternativi dall'inutile cover dei Disturbed, è un esempio di perfetta scrittura pop di quelle fatte apposta per far cantare la gente. Che ripeto, sembra facile, ma farlo scrivendoci intorno anche una bella canzone è alquanto arduo. Poi certo, le melense In Too Deep e Throwing It All Away non sono perle indimenticabili, ma quelli erano gli anni, e poi sono tutt'ora convinto che almeno la prima sia pesantemente penalizzata dai suoni tipici di quel decennio, risultando altrimenti un brano comunque piacevole e ben scritto.
E se indubbiamente la divertente Anything She Does non può che rinforzare il rifiuto da parte dei vecchi fan (che in quanto proggettari a volte cedono il senso dell'umorismo in cambio di un bel paio di paraocchi, e lo dico da proggettaro al 65% circa), Domino potrebbe cambiare le cose. Infatti con i suoi quasi 11 minuti ed i molteplici movimenti al suo interno potrebbe tranquillamente essere definita una suite prog! Perchè per molti non è così? Semplice: i suoni anni '80, la mancanza di "mellotron moog hammond" ed il fatto che sia in 4/4. Al di là del genere, a me Domino è sempre piaciuta, essendo indubbiamente il miglior brano dell'album oltre che gran bel pezzo in sede live, dove guadagna molto in resa. The Brazilian chiude l'album ricordandoci che sono pur sempre una band di tre musicisti, e quindi quale miglior modo se non con uno strumentale a firma Banksiana?
Insomma i punti deboli qui sono ben pochi, certamente meno che nei pur buoni precedenti Abacab e Genesis, che sembrano perdere un po' nella seconda metà. Personalmente ho sempre amato questo album, le sonorità anni '80 non mi disturbano, per tanto datate che possano suonare oggi hanno comunque una loro personalità. Non ho mai avuto nulla contro il pop, contro Collins (che anzi è la ragione per cui mi sono interessato ai Genesis, arrivando successivamente ai primi album) e contro gli anni '80, che si dimostrano essere un decennio a mio parere comunque nettamente superiore al periodo che stiamo vivendo, musicalmente parlando. Invisible Touch non è un capolavoro, ma un onesto album ben scritto e ben suonato, perfettamente in linea con i tempi in cui uscì, esattamente come lo erano a loro volta i loro album anni '70. Un 7,5 per me.

...poi ce la si potrebbe anche fare una risata ogni tanto guardando i videoclip eh, che anche Peter Gabriel non è che quando si è messo la testa di volpe e il vestito da donna o si vestiva da malattia venerea con testicoli gonfiabili era mister serietà dopotutto...
Ed il video di Land Of Confusion è una piccola opera d'arte, piena di riferimenti che, ahimè, chi non c'era negli anni '80 magari faticherà a capire...
E se ve lo dice uno del '92 potete fidarvi.


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