martedì 12 giugno 2018

Roy Wood - Boulders (1973) Recensione

A mio parere uno dei personaggi più interessanti e, per un certo periodo, prolifici del pop inglese. Dopo un periodo particolarmente interessante con i Move, la fondazione dell'Electric Light Orchestra insieme a Jeff Lynne (già nei Move su insistenza di Wood), l'abbandono e la formazione dei Wizzard, esce questo suo primo album solista. In realtà tutti i brani che lo compongono furono registrati quando ancora era nei Move, ma pubblicati in Boulders solo dopo l'uscita di Wood dagli ELO (non per contrasti con Lynne, come si è tentati a credere, ma per l'intervento del manager che vedeva maggiori possibilità di guadagno avendo Wood e Lynne separati piuttosto che uniti) e la fondazione dei Wizzard.
Boulders è un piccolo gioiellino dove la sensibilità pop di Roy Wood trova, a mio parere, una delle sue più brillanti manifestazioni.
Un album scritto, cantato e suonato interamente da lui; ed il che aggiunge un notevole valore se si considera la complessità di alcune parti, la presenza di strumenti non propriamente convenzionali come violoncelli, banjo, mandolino, fiati di vario tipo. Discorso a parte per le parti vocali, sempre impeccabili anche nelle armonie a più parti, dove Wood sfrutta anche, immagino, la diversa velocità del nastro per permettergli di cantare parti più alte o più basse (si pensi al coro quasi cartoonesco di Songs Of Praise, in bilico tra geniale, esilarante ed adorabile).
Ogni brano in questo album meriterebbe menzione. A cominciare dal gospel della già citata Songs Of Praise, dotata di una gioia e positività altamente contagiosa, seguita da Wake Up, dove già solo l'idea di delegare la scansione ritmica a ciò che presumo essere passi o "manate" nell'acqua vale l'intero, seppur ottimo comunque, brano. Sono trovate come queste che mi fanno tornare inesorabilmente alla musica del passato, che con molti meno mezzi a disposizione sapeva essere infinitamente più interessante, oltre che una inesauribile fonte di ispirazione da cui tutti potremmo trarre benefici.
Se Rock Down Low spezza l'atmosfera principalmente acustica dell'album senza lasciar grandi tracce, la successiva Nancy Sing Me A Song è uno dei pezzi che preferisco dell'album: vi ritroverete a canticchiarlo già da dopo il primo ascolto, ve lo garantisco. A mantenere alto il livello ci pensa Dear Elaine, che con archi e presumo liuto o qualche strumento di quella famiglia, ci porta in un'atmosfera quasi barocca carica di fascino.
E vi ricordo che è lo stesso Wood a suonare ogni cosa con un'incredibile facilità. Il primo di due medley presenti in Boulders unisce un altro bel brano pop, All The Way Over The Hill, ed il breve strumentale Irish Loafer (And His Hen), e se nella prima possiamo notare come Wood si riesca a districare più che bene in armonie vocali "alla Beach Boys", nella seconda abbiamo un'ulteriore prova della sua destrezza a livello strumentale, anche qui con archi di vario tipo a far da padrone. Miss Clarke And The Computer si distingue per il diverso approccio vocale rispetto al resto, con un Wood dalla voce più sottile del solito che doppia sé stesso con una seconda traccia sottovoce, processo non diverso da quello che diventerà poi un po' il marchio di fabbrica delle parti vocali dell'Alan Parsons Project (basti pensare ad Eye In The Sky, o Old And Wise, in cui è particolarmente evidente). When Gran'ma Plays The Banjo è indubbiamente il brano più divertente dell'album: un veloce country che racconta di quanto questa anziana signora sia virtuosa del banjo (come evidenziato dagli stacchi con il suddetto strumento presenti a più riprese nel brano) confrontata con l'invidioso cugino del narratore, un "vero professionista", che invece si dimostra alquanto mediocre perchè "non suona da un paio di settimane". Esilarante.
L'album si chiude con un altro medley che racchiude tre brani: Rockin' Shoes è spudoratamente elvisiana, She's Too Good To Me ha un che dei primi Beatles e degli Everly Brothers e Locomotive che invece con il suo rock and roll duro e puro guarda a ciò che saranno i Wizzard. Un valore aggiunto a questo album poteva essere la presenza di Forever, singolo molto "alla Beach Boys" che avrei trovato perfetto in mezzo al resto. Trovo doveroso citare anche il relativo lato B: Music To Commit Suicide By, pare un tributo a Brian Wilson oltre che un riferimento alla sua situazione psico-fisica di quel periodo, sotto forma di un curioso ed inquietante quadretto di muzak comunque piuttosto complesso. Ma purtroppo si sa che in ogni progetto in cui Wood è stato coinvolto sono ben pochi i singoli che hanno trovato posto negli album, dai Move ai Wizzard (questi ultimi in particolare se si confrontano gli album con i singoli sembra quasi di ascoltare due band diverse).

Si tratta comunque di un gran bell'album certamente non celebrato quanto meriterebbe, oltre che una perfetta dimostrazione del talento sia compositivo che esecutivo di Roy Wood. Per me, che per il pop ben fatto ho un debole quasi più che per qualunque altro genere, si merita un 8,5.


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