venerdì 18 maggio 2018

The Who - A Quick One (recensione)

Gli Who nel 1966 erano in una fase strana, che in parte si è protratta fino nel 1969 con Tommy, dove finalmente hanno trovato un'identità e direzione chiara. Nel periodo tra il 1966 ed il 1968 invece abbiamo una serie di album, singoli, EP immersi in quella corrente di pop eclettico e stralunato che tanto andava forte in quegli anni, che probabilmente non è ciò per cui vengono ricordati e celebrati ancora oggi gli Who, ma è una fase ricca di fascino. A Quick One, forse ancor più di The Who Sell Out che nella sua natura ancora transitoria ha comunque un'identità ben precisa, è chiaramente un album di passaggio. C'è ancora una cover, ci sono elementi r n' b che rimandano ancora al primo album, e poi ci sono piccoli gioiellini pop, stranezze varie e "la mini-opera". Insomma un calderone con di tutto e di più che può confondere un po' gli ascoltatori che necessitano di incasellare ogni cosa.
La prima cosa particolare che salta all'occhio è la sua natura, più unica che rara in questa band, di album "di gruppo". Ed intendo letteralmente. Grazie ad un espediente dei loro allora manager Chris Stamp e Kit Lambert, che garantiva un anticipo sostanzioso in denaro a chiunque componesse qualcosa, in A Quick One abbiamo una suddivisione di crediti quasi in parti uguali. Ovviamente Daltrey ha la peggio con solo un brano, la psichedelico-tribale See My Way, mentre Moon ed Entwislte si aggiudicano 2 brani a testa e Townshend tutto il resto. La presenza della cover di (Love Is Like A) Heatwave può sembrare un po' fuori posto, e forse lo è, ma nell'insieme non si fa disprezzare, pur nella sua natura di puro riempitivo. Entwistle esibisce il suo classico senso dell'umorismo nella divertente Whiskey Man, ma indubbiamente il meglio lo dà nel grande classico Boris The Spider, che con il suo quasi growl anticipa praticamente tutto di decenni. I corretti "creepy crawly" danno un ulteriore senso comico al tutto. Davvero un piccolo capolavoro. Moon invece stupisce nella beatlesiana I Need You (che non è la cover del brano di George Harrison in Help), con tanto di inserti orientali simil-sitar, intermezzo parlato in cui imita molto bene Lennon, e roboante prestazione alla batteria che letteralmente sommerge tutto nei ritornelli. Bella anche la sua prestazione vocale. Ma è nella strumentale Cobwebs And Strange che Moon dà la sua più classica esibizione di pura follia: tra marching band, duello chitarra-batteria a velocità supersoniche e finale caotico, se volete una rappresentazione sonora di Keith Moon, qui abbiamo un ottimo candidato.
Ovviamente Townshend fa comunque la parte del leone qui, e se si tralasciano le gradevoli ma innocue Run Run Run e Don't Look Away, è incredibile l'avanzamento a livello compositivo rispetto al primo album. So Sad About Us è un gioiellino pop con un velo di malinconia che dimostra già una notevole maturità, anche nell'uso delle armonie vocali. Si tratta forse del vero primo esempio del talento compositivo di Townshend, che nei successivi 3-4 anni raggiungerà livelli inarrivabili. Ed ulteriore prova di questo è la "mini-opera" A Quick One While He's Away. Complice il manager-produttore Kit Lambert, allora anche gran catalizzatore per le idee di Townshend, viene escogitato un modo per riempire gli ultimi 9 minuti dell'album incollando fra loro 6 brevi brani uniti da una storia. Insomma una suite in ambito pop-rock ante-litteram, con buona pace di chi crede che il prog sia venuto fuori come reazione al pop e non come conseguenza di elementi e correnti già presenti prima. La storia raccontata qui è piuttosto divertente: la protagonista è una ragazza il cui compagno è via da tanto tempo, e per questo si trova a cedere alle "avance" di un camionista, salvo poi esser scoperti dal compagno che ritorna e la perdona. Non per niente il titolo si potrebbe tradurre in "una sveltina mentre lui è via". Anche se alla fine non è chiarissimo chi perdona chi, e questo finale aperto ritornerà con gran forza anni dopo in Tommy, con tutte le domande che ne conseguono.
Un brano avanti almeno di 3 o 4 anni e tutt'ora originale nella sua natura puramente pop, elemento spesso assente nelle suite.
Se comprate la versione in CD potete godervi una lunga serie di brani bonus di varia provenienza e qualità (tra cui l'EP Ready Steady Who e vari singoli e lati B): impossibile non citare le esilaranti cover del tema di Batman, di Bucket T e di Barbara Ann, la divertente Doctor Doctor di Entwistle, Happy Jack, praticamente un'altra mezz'ora di ottimo pop.
Insomma un album che adoro, un gradino sotto al successivo The Who Sell Out, ma in parte in una simile vena stilistica. Lo consiglio a chiunque abbia un debole per quel pop tipicamente inglese della seconda metà degli anni '60, con tutta la sua imprevedibilità e follia. Un 8 di voto grazie anche alle tracce bonus.

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