venerdì 28 giugno 2019

The Moody Blues - Seventh Sojourn (1972) Recensione

Ottavo album e settimo della formazione classica dei Moody Blues prima dell'importante scioglimento che, nonostante una reunion qualche anno dopo, segna la fine della fase più interessante di questa band. E se senza alcun dubbio gli album compresi tra Days Of Future Passed e A Question Of Balance sono i più riusciti, i due successivi mantengono un livello comunque piuttosto alto e costante, compreso quindi questo Seventh Sojourn. La più grande differenza rispetto ai lavori precedenti fu la decisione, da parte di Mike Pinder, di passare dal Mellotron al simile, ma comunque diverso a livello timbrico, Chamberlin. Questo porta il classico suono dei Moodies ad un leggero cambiamento, con i caldi e pastosi suoni di Mellotron sostituiti da quelli più brillanti ed un pizzico più freddi del Chamberlin (che comunque di base aveva lo stesso funzionamento), a cui si è ovviato con una pesante aggiunta di un costante riverbero.
Un altro piccolo cambiamento si ha all'inizio dell'album, in quanto laddove di solito c'era una più o meno lunga introduzione, strumentale o narrata, qui trova posto Lost In A Lost World, tipico brano di Pinder con bellissimi cori e sognanti inserti del nuovo Chamberlin. Un inizio inusuale ma senza dubbio un brano degno della loro migliore produzione. Ed è quindi subito il turno della calda voce di Justin Hayward con la magnifica New Horizons, a parere di chi scrive una delle sue migliori ballate insieme alla sempreverde Nights In White Satin. Anche Ray Thomas ci regala una delle sue migliori canzoni, con la serena e solare For My Lady, impreziosita da bucolici interventi ai fiati, tra cui la bellissima parte di oboe nel ritornello. Probabilmente uno dei pezzi più belli dell'album e non solo, che introduce tra l'altro il picco indiscusso del disco: Isn't Life Strange. Ad opera di John Lodge e cantato prima da lui e poi da Hayward, prima del trionfale ritornello corale in cui sembrano intervenire tutti. Bellissimo il ruolo del Chamberlin a simulare il violoncello, in un modo creativo di usare lo strumento che si è negli anni perso totalmente, nonostante le innumerevoli versioni campionate sia del Chamberli che del ben più famoso Mellotron alla portata di mano di chiunque. La versione estesa di questo brano, presente come bonus nella versione CD (per quei pochi che volessero spendere meno ed avere di più, invece di comprare il vinile, se c'è) vanta una bellissima sezione strumentale centrale, dove Pinder mostra di nuovo le sue doti orchestrali.
Da qui in poi l'album perde un po', e sembra non essere in grado di mantenere il livello altissimo raggiunto nei primi quattro brani, comprensibilmente. La più ritmata You And I è alquanto piacevole e coinvolgente, così come anche la successiva The Land Of Make Believe, entrambi brani in un certo senso più "canonici", che se non dovessero combattere con la prima metà dell'album probabilmente ne gioverebbero non poco. La più misteriosa When You're A Free Man sembra avvicinarsi ad alcune cose dei Barclay James Harvest (sì, lo so, ironico), e ci porta al brano conclusivo, che poi fu anche un singolo di discreto successo, I'm Just A Singer (In A Rock and Roll Band). Bel brano spinto che non ha nulla da invidiare a cose come Ride My See Saw, e che fa strano vedere spinto alla fine dell'album.
Se si è in possesso della versione in CD rimasterizzata, si può avere, oltre alla già citata versione estesa di Is'nt Life Strange e ad alcuni mix alternativi, l'inedita Island, altro bel brano di Hayward che pare fosse destinato al successore di Seventh Sojourn, che non vide poi la luce.
I Moody Blues infatti si sciolsero di lì a poco, e quando si riformarono nel 1977 con Patrick Moraz al posto di Mike Pinder, le cose furono un po' diverse, e gran parte della magia di questa fase andò perduta.
Seventh Sojourn è un lavoro che non ha nulla da invidiare ai suoi predecessori, seppur più incentrato su canzoni "normali" e privo di quell'aria psichedelica più folle ed imprevedibile degli album di fine anni '60.

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