martedì 13 novembre 2018

Steven Wilson - Home Invasion: In Concert at the Royal Albert Hall (2018) Recensione


Dopo aver "mancato" i tour di Raven e Hand, Steven Wilson decide di immortalare il tour di To The Bone con questa uscita. E già me li vedo certi fan a strapparsi i capelli per l'alta percentuale di brani dall'ultimo album presenti in scaletta, quasi come accadde nel lontano '81 con i Genesis quando promuovevano Abacab. Il fatto è che un artista fa un tour per promuovere il suo ultimo album, è così da sempre, ed è ovvio che faccia varie canzoni tratte da quello: se non vi piace l'album, evitate il tour che lo promuove. Poi ci sono io che non ci vado anche se mi piace l'album perchè sono povero, ma quello è un altro discorso. Ma tornando a questo Home Invasion, una cosa che posso subito togliere di mezzo è il fatto che, a mio parere, acquistare la versione solo CD è uno spreco di soldi. I brani sono suonati in modo ottimo, forse fin troppo, e quindi la sensazione di ascoltare versioni leggermente diverse di brani già noti è molta; senza l'elemento visivo è un live che personalmente ascolterei forse una volta per curiosità. Ma la versione video è tutt'altra cosa.
La regia utilizzata per questo live mi ricorda molto certe cose di Hamish Hamilton per Peter Gabriel nei primi 2000, con uno stile indubbiamente moderno ma che si adatta ai singoli brani. Se quindi il brano in questione è lento e disteso si avranno riprese di questo tipo, mentre invece in parti più concitate ci sembrerà di avere un attacco epilettico. Se di solito odio quest'ultimo tipo di regia, d'altro canto credo che se usata in modo misurato, come succede qui, funzioni bene. Alcuni effetti visivi proiettati dietro al palco o davanti sul solito telo trasparente vengono a volte "aumentati" venendo trasportati anche sul video vero e proprio, che è una scelta a mio parere un po' discutibile ma, anche qui, non succede continuamente quindi è apprezzabile. Ovviamente la qualità generale è superba, nonostante il da me odiato 21:9 (4:3 forever, accetto il 16:9 con riserva).
Arrivando alla scaletta e alle performance che dire? La band in generale è ottima, con i già noti Nick Beggs a basso e stick e Adam Holzman alle tastiere, si aggiungono Alex Hutchings alle chitarre e Craig Blundell alla batteria (ottimi entrambi, alle prese anche con materiale di Govan e Minnemann, ricordiamo). Blundell in particolare l'ho apprezzato particolarmente dopo averlo precedentemente ascoltato con i Frost* (brrr, e non per il freddo), presumo grazie a canzoni ben diverse. Lo stesso Steven Wilson l'ho trovato molto più sicuro e solido nel cantato rispetto a qualche anno fa.
La scaletta, come detto, ci offre gran parte di To The Bone (completo in sostanza, a parte la title track) in modo molto fedele, anche grazie alla presenza di Ninet Tayeb in Pariah, Blank Tapes ed una People Who Eat Darkness trasformata in un ulteriore duetto. Permanating vanta l'aggiunta delle ormai famose ballerine, tanto per dar ancora più fastidio ai proggettari snob, bravo Steven. E proprio questi proggettari però possono tirare un sospiro di sollievo per la presenza di Home Invasion/Regret #9, Ancestral, Arriving Somewhere But Not Here e Sleep Together. Certo, li ascolteranno al grido di "non è lo stesso senza Gavin Harrison", ma che ci possiamo fare? Io li ho apprezzati molto questi brani, in particolar modo Ancestral che, grazie all'ottima regia, è riuscita a farmi mandare giù anche la sezione strumentale conclusiva, che ho sempre considerato come il punto più prevedibile, debole e "già sentito" dell'intero Hand. Cannot. Erase. 
Nel mezzo troviamo due ripescaggi dal caro vecchio In Absentia, The Creator Has A Mastertape e The Sound Of Muzak, che ho apprezzato pur non essendo un grande fan dei Porcupine Tree (uuhh).
Verso la fine Steven si prodiga in una Even Less in solitaria e conclude con l'ormai canonica The Raven That Refused To Sing. Una scaletta di più di due ore e mezza che ti lascia con la voglia di ascoltare di più, ed è cosa rara in concerti di questa lunghezza.
Una pecca in tutto questo volendo è stata la scelta di filmare una sola serata invece di fare una compilation di due o tre, visti i cambi in scaletta. Come conseguenza ci troviamo ad esempio una Routine filmata al soundcheck, che, vista la presenza di Ninet, è un po' un sacrilegio la sua non presenza in scaletta. 
In definitiva, è ovvio che se To The Bone non vi è piaciuto, difficilmente vi piacerà questo live, o almeno la parte di esso dedicata a quell'album. Per chi invece rivuole i Porcupine Tree ci sono i Pineapple Thief, che riescono benissimo nell'esserne una copia sbiadita (elogiati infatti anche e soprattutto da chi bocciò To The Bone, nonostante il primo singolo del loro ultimo album suoni sospettosamente simile alla title track del lavoro poppettaro di Wilson), e ora anche con Gavin Harrison in formazione! Io personalmente non dimenticherò mai l'ora e tre quarti di noia mortale quando li sentii a Veruno nel 2015, ma a ognuno il suo suppongo.
Concludendo, consigliatissimo in formato video, un po' meno la versione in CD, come voto si merita un 8.


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