Si sa, nonostante i miei 26 sono vecchio dentro. Questo significa che ogni anno dal 2015 in poi (la mia prima volta a Veruno) ciò che mi attira è sempre un grande nome internazionale dalla carriera ormai cinquantennale che diversamente può essere ben difficile, se non impossibile, vedere. John Lees' Barclay James Harvest, Uriah Heep, Procol Harum e quest'anno Vanilla Fudge. Ogni volta non so nulla delle band che suonano prima in quel giorno, e di conseguenza non ho mai alcun tipo di aspettativa a riguardo, tenendomi comunque pronto a fare nuove scoperte nel caso, rimanendo però quasi sempre più o meno deluso o indifferente (con l'unica eccezione degli eccezionali Arabs In Aspic nel 2015). Quest'anno il trend si è a grandi linee ripetuto, ma andiamo con ordine.
Nel pomeriggio, nel vicino auditorium, hanno suonato i Mindspeak. Non ho avuto modo di ascoltare il loro intero set, ma da quello che ho potuto sentire ho notato una band molto solida e potente a livello strumentale, con forse qualche indecisione a livello vocale. Bel suono, in particolare il tastierista che ho sentito molto presente e con suoni spesso "vintage" che non guastano mai. Certo, personalmente mi chiedo se davvero ci sia bisogno di un'altra band d'ispirazione a grandi linee "stevenwilsoniana" visto che ormai tanti ci cadono e sembra essere la via principale, quando non l'unica, del prog moderno. Perlomeno la loro presenza mi ha risparmiato la mediocrità degli Isproject, presenti gli altri giorni.
Andando al main stage troviamo gli Smalltape ad aprire. Ho apprezzato anche qui la notevole precisione nell'esecuzione, le buone performance del cantante e la piacevole presenza di un sax ottimamente suonato che ben si amalgama ad un suono comunque piuttosto moderno. Personalmente ho trovato alcuni brani un po' troppo lunghi alla luce del contenuto, ma gran parte del set è risultato comunque coinvolgente e piacevole, specialmente verso il finale, ma in generale li ho apprezzati decisamente più della band che seguirà.
Seguono infatti i Kyros, e se da un lato, di nuovo, non c'è niente da dire sulla precisione di esecuzione, a cui aggiungo una buona presenza scenica del cantante/tastierista (ma da parte di un po' tutti a dire la verità), sul resto ci sarebbe molto da dire. A partire dalla presenza di tendenze metal che immediatamente spengono il mio interesse trasformandolo in mera sopportazione (ma qui si tratta di gusti personali e lo so benissimo), aggravate da un irritante (ab)uso di elettronica specialmente nei toni bassi, che se fosse stata usata con più senno ed in punti chiave avrebbe potuto avere il suo perchè, ma quando il 70% del loro set ha bassi potentissimi che mi hanno letteralmente fatto venire mal di testa, no grazie. Avrei anche sopportato il cantante spesso calante se non fosse stato per il resto. Peccato perchè i primi minuti mi erano anche piaciuti. Quasi. E loro sono stati comunque in generale molto bravi e simpatici.
Tocca poi ai Von Hertzen Brothers, che mi chiedo cosa ci facciano ad un festival prog. Intendiamoci, tecnicamente sono stati impeccabili: voci perfette sia del cantante principale da solo che, soprattutto, in armonia, una buona resa in generale ed una ottima presenza da parte del tastierista in alcuni brani. Cioè, sono un ottimo gruppo, niente da dire, ed è stato un peccato che uno dei due chitarristi abbia avuto problemi tecnici per gran parte del set, perchè comunque l'esecuzione è stata ottima sotto ogni punto di vista (a parte i consueti problemi di volumi che tendevano a favorire la batteria creando un po' di confusione, ma questa non è certo colpa della band). Il "problema" qui è che, da quello che ho sentito a Veruno, si tratta di una rock band piuttosto canonica. Cioè, ottime armonie e canzoni comunque belle per carità, ma non è che se hai canzoni che superano i 6 minuti e puoi vantare un tastierista in formazione automaticamente sei prog. Se ci si basa su questo allora sono prog anche i Deep Purple, i Toto, i Whitesnake, e potrei continuare... Perchè se tutto è prog, allora niente è prog. E mi starebbe pure bene, per carità, odio parlare in termini di generi (perchè io sono fan di band e artisti, non di generi), ma quando un festival fa di un dato genere la sua bandiera, certe riflessioni si è portati a farle...
Per fortuna a chiudere in bellezza ci pensano i Vanilla Fudge. Divertente come abbiano in sostanza messo a posto i loro strumenti e siano partiti senza aspettare di essere presentati. Che dire qui? Setlist ottima, la cui unica mancanza, a voler essere proprio pignoli e pedanti, è la loro malatissima versione di Eleanor Rigby dei Beatles, brano che adoro in ogni versione. Per il resto, è quasi imbarazzante lo stacco in termini di solidità sonora, dinamismo, calore, coinvolgimento, professionalità rispetto ad altre band della serata e non solo. Indubbiamente si fa sentire l'esperienza cinquantennale, certo però che vedere degli ultra-settantenni avere più energia di alcuni ventenni fa pensare... Peccato per l'assenza di Carmine Appice alla batteria (assente sia a causa del tour americano dei Rascals pianificato precedentemente, sia per motivi di salute che non gli permettono di viaggiare in aereo), sostituito comunque da un giovane batterista che sa il fatto suo. L'assenza di Appice ci ha regalato però una People Get Ready cantata, in via del tutto eccezionale, da Mark Stein, che tira fuori tutta la sua americanità in una prestazione da pelle d'oca.
Il set alterna riarrangiamenti recenti come Gimme Some Lovin', Break On Through (che finalmente ho potuto apprezzare essendo stata suonata da una band che non sono i Doors, che trovo irritanti), I'm A Believer, a classiconi come You Keep Me Hangin' On, Some Velvet Morning, e Season Of The Witch (quest'ultima con un assolo spettacolare di Vince Martell). A sorpresa come bis c'è un riarrangiamento di un brano "oscuro" dei Beatles tratto da A Hard Day's Night: You Can't Do That. Mai mi sarei aspettato di ascoltare un brano dei primi Beatles culminare con una doppia cassa, eppure... Applausi a non finire per una band che ha fatto la Storia ed è ancora in grado di suonare a livelli altissimi.
Piccolo appunto per quanto riguarda il volume delle tastiere, a mio parere troppo basso. Non è la prima volta che succede, anzi ormai è un appuntamento puntuale, ma vedere un Hammond in tutta la sua imponente bellezza e poi sentirlo a malapena, in quanto sovrastato dal volume degli altri strumenti, mette un po' di tristezza. Ok, sarò di parte avendo combattuto per anni contro questa tendenza, da tastierista a mia volta, però ci sono band in cui tastiere e chitarra/e dovrebbero essere alla pari a mio parere. Spero che in altre posizioni si sia sentito meglio.
A parte questo, l'organizzazione si è dimostrata sempre ottima sotto ogni aspetto, e ho apprezzato come di anno in anno il palco acquisti luci, schermi, ed in generale sembri sempre più di alto livello. Certo, si potrebbe abusare un po' meno del lampeggio veloce delle luci a mo di discoteca, ma sono gusti.
In ultimo, un piccolissimo dilemma.
Ma se per sicurezza fate buttare i tappi delle bottiglie all'entrata, comprensibilmente per carità, ha senso vendere bottiglie con tappi e addirittura lattine all'interno? Deve trattarsi di un'altra tipica contraddizione all'italiana.
A parte questo, ottimo festival come sempre, a cui spero di ritornare anche il prossimo anno!
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