lunedì 11 marzo 2019

Jean Michel Jarre - Waiting For Cousteau / En attendant Cousteau (1990) Recensione

Dopo una serie di album caratterizzati indubbiamente da alti e bassi, ma comuqnue frutto di una costante ricerca che era in grado di rendere interessante ogni uscita, la discografia di Jarre arriva a quello che a mio parere è il primo "passo falso" in un certo senso. Certamente questa è un'affermazione pesantemente influenzata dai miei gusti più che dall'effettivo valore dell'album, che magari altri riescono a vedere e sono felice per loro. Intendiamoci, non si tratta di un pessimo album, e anzi inizia anche con una delle sue cose più riuscite: la suite in tre parti Calypso.
Un passo indietro; l'album è in sostanza fin dal titolo un omaggio e dedica al regista, esploratore ed oceanografo Jaques-Yves Cousteau, e pubblicato il giorno del suo ottantesimo compleanno. Di conseguenza tutto l'album fa dell'atmosfera acquatica la sua caratteristica principale. Tornando alla già citata Calypso, essa introduce in modo efficacissimo l'album con la sua prima parte particolarmente colorata e con un che di caraibico. Normalmente questo genere di cose mi procurano forti reazioni allergiche, ma in questo specifico caso, grazie ad una intelligentissima costruzione armonica che spesso prende vie inaspettate e contrastanti, il tutto riesce a farsi apprezzare. Ben otto minuti dopo ci troviamo di fronte la seconda parte, in in certo senso più affine al suono tipico di Jarre, che dopo un'introduzione atmosferica sembra quasi riportarci verso Industrial Revolution dall'album precedente con il suo fare tra il meccanico ed il "liquido", spostandosi poi gradualmente verso territori tipici della musica dance anni '90.
La terza parte conclusiva è invece decisamente più trionfale, lenta, maestosa, e dimostra ancora una volta il gusto per le melodie e le ispirazioni classiche di Jarre. E qui a mio parere si conclude la parte interessante del disco, in quanto il resto dell'album consiste soltanto nella title track (di 22 minuti su vinile, 46 su CD). Un infinito brano ambient in cui per tutti questi lunghi minuti non succede assolutamente niente. Certo so benissimo che questa è una delle caratteristiche principali del genere ambient, nato proprio per fare da sottofondo a qualcosa, "musica da ambiente" appunto, ma si tratta comunque di qualcosa di cui non capirò mai il fascino. Indubbiamente è un brano ben fatto, con bei suoni e perfetto nella sua ispirazione acquatica ed oceanica, in grado di trasmettere una serenità assoluta, ma anche tanta noia. L'avrei apprezzato se avesse avuto un qualche svolgimento, un progresso, una direzione, ma 46 minuti di musica sempre uguale sono troppo per me. Sicuramente si tratta di un mio limite, ma la musica desta il mio interesse nel momento in cui succede "qualcosa": qualcosa che stupisca, che coinvolga, che faccia riflettere, che emozioni, ma pur sempre qualcosa! A causa di questo brano mi ritrovo troppo spesso a desistere dal metter su questo album, pur amando Calypso, ed è un gran peccato. Il successivo Chronologie rimetterà le cose a posto confermandosi come il suo miglior album anni '90 senza alcun dubbio, relegando questo Waiting For Cousteau a mero esperimento amato principalmente dai fan della musica ambient. Come voto si merita un 6,5, media tra l'8,5 di Calypso ed il 5 della title track.

2 commenti:

  1. Non sono per niente d’accordo, waiting for custeau ti trascina in un altro mondo. Provi ad associarlo a un volume medio basso magari durante una cena d’estate intima all’esterno della sua abitazione, magari con fiaccole e skyline a tratti sul mare dove e’ possibile notare l’effetto pulsazione in lontananza. A parte questa interpretazione, l’aspetto del sound design e’ assolutamente non trascurabile (suono i sintetizzatori). Ha un potere altamente ipnotico e rilassante, la ascolto in ogni occasione che richieda il distacco con la realta’. Nel 2008 poi sono stato ad un suo concerto a Roma, nella sua attesa waiting for custeau riempiva l’ambiente rendendolo accattivante e sensazionale, si immagini i fan, specie i musicisti, che hanno un po tutti quella vena visionaria ed immaginativa quasi onirica. Ovviamente dico queste cose con un tono di assoluto rispetto e consapevole che alla fine si tratta di una mia opinione personale, non universale. Comunque mi faceva piacere esprimerla.

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    1. No certo, lo capisco benissimo, e la ringrazio di aver letto la mia recensione! Il punto però è proprio che io non riesco ad apprezzare la musica ambient. Capisco il fascino che possa avere, non lo metto in discussione, ma anche nel momento in cui voglio qualcosa che faccia da sottofondo, per creare un'atmosfera, comunque ho bisogno di musica che va da qualche parte, che si muove, che non rimane sostanzialmente statica per lunghi minuti. Poi essendo io stesso musicista diciamo che, per come sono fatto, mi interessa di più l'aspetto compositivo che strettamente il sound design, o meglio amo quando le due cose sono ben amalgamate, non quando una delle due cose diventa totalmente predominante. Ma è giusto che ognuno abbia le sue preferenze, ci mancherebbe! E anzi sono felice di sapere che qualcuno apprezza quest'album, che comunque, come ho scritto nella recensione, ha il suo fascino. Detto questo, l'invidia, non avendo mai visto Jarre in concerto, è davvero tanta da parte mia!

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