sabato 16 febbraio 2019

Led Zeppelin - live in Glasgow 03/12/1972 (Bootleg - 2019) Recensione

Si sa, siamo in un periodo di anniversari importanti, spesso cinquantennali, e sono quindi molti gli artisti o le etichette che si prodigano nel trovare materiale di ogni tipo da qualche archivio per poterlo impacchettare e vendere a prezzi esorbitanti, magari anche in una inutile versione in vinile. Jimmy Page è colui che da sempre mantiene viva l'eredità dei Led Zeppelin, dapprima con una infinita campagna di rimasterizzazioni durata 4 anni, fino ad arrivare a celebrare il cinquantennale con un libro fotografico ed una linea di scarpe Vans a marchio Led Zeppelin (e io che mi lamentavo del Monopoly dei Queen). Insomma, l'impressione è che in alcuni casi ci sia un enorme distacco tra l'artista ed il proprio pubblico, che mentre questi accessori modaioli vengono presentati in pompa magna è occupato a sbavare su un nuovo bootleg. E quando il mercato per così dire "non ufficiale" risulta più interessante di quello ufficiale, forse non ha molto senso combatterlo e denigrarlo, e si dovrebbe anzi farsi un esame di coscienza riguardante le proprie decisioni di marketing.
Detto questo, dopo un deludente anno celebrativo per il dirigibile di piombo, in cui pare che un fantomatico album live avrebbe dovuto vedere la luce ma non se ne è fatto nulla, sono invece state due le importanti uscite nel mondo bootleg. La prima è stata una versione parziale del leggendario concerto del 29 Settembre 1971 ad Osaka in ottima qualità soundboard (di cui si spera di poter ascoltarne una versione intera prima o poi), e la seconda risale proprio a pochi giorni fa: una registrazione fatta dal pubblico del concerto di Glasgow del 3 Dicembre 1972.
C'è da dire che effettivamente quel periodo era già discretamente "coperto", trattandosi di un tour britannico di poco successivo a quello giapponese di Ottobre (interamente documentato con registrazioni di discreta qualità) iniziato il 30 Novembre a Newcastle e che si concluderà il 30 Gennaio 1973 a Preston. Di questo tour, l'ultimo inglese se non si considerano le date ad Earls Court nel 1975 e le due a Knebworth nel 1979,  è celeberrima la registrazione di altissima qualità di Southampton del 22 Gennaio 1973, anche se non contiene la loro miglior performance, o quella di Stoke del 15 Gennaio, insieme a molte altre. Insomma sono molte le registrazioni di qualità, di un periodo però, quello di Gennaio, che mostra i primi eclatanti cedimenti nella voce di Plant, vittima della ormai proverbiale influenza e di un generale affaticamento perfettamente comprensibile tenendo conto del suo ruolo. Le date di Novembre e Dicembre 1972 però lo mostrano ancora in discreta forma, in grado di raggiungere grandissima parte delle note anche se già non al livello delle date estive di qualche mese prima rappresentate da How The West Was Won.
Di Glasgow già esisteva la registrazione del 4 Dicembre, che come quella dell'8 a Manchester si tratta di una buona registrazione di un ottimo concerto, ed ora è apparsa dal nulla questa del 3 Dicembre.
Da subito si può dire che la registrazione richieda le cosiddette "bootleg ears", in quanto non vanta una gran chiarezza di suono, ma, pur essendo in mono, neanche scade nella distorsione pura e in una massa indistinguibile di suoni come in molti altri casi. Da 1 a 10 darei un 6,5 alla qualità sonora.
La scaletta è interessante in quanto più estesa delle date giapponesi di due mesi prima, e comprendente una manciata di pezzi dall'allora ancora inedito Houses Of The Holy.
Il concerto inizia con Rock and Roll, brano che rimarrà in quella posizione fino al 1975, qui purtroppo minato da problemi al microfono per Plant, e come molti altri concerti del periodo confluisce subito in Over The Hills And Far Away, una delle ultime versioni in cui Plant tenta di cantare la melodia alta originale prima di riadattarla più in basso, cosa che accadrà già da Gennaio '73. Personalmente ho sempre preferito le scalette che iniziavano con 2 o 3 brani "spinti" fin da subito, e penso che rompere subito il ritmo così non funzioni benissimo, ma tolte alcune sbavature, sono ottime performance di entrambi i brani, con un Page ancora dal tocco discretamente pulito prima della svolta del '73/'75. Quello schiacciasassi di Black Dog segue in una versione in linea con molte altre, per poi lasciar spazio alla new entry Misty Mountain Hop, già suonata in Giappone ad Ottobre ed inserita in medley con Since I've Been Loving You, dove ci rimarrà per tutto il 1973. Se la prima di queste due soffre ancora un po' l'esser stata inserita da poco in scaletta causando qualche imprecisione nell'esecuzione, la seconda ci regala un Page da applausi. Altra novità è Dancing Days, brano che rimarrà in scaletta fino ai primi mesi del '73 e ritornerà in veste acustica improvvisata in un paio di date nel 1977, qui suonata molto bene e fedelmente alla controparte in studio. La sezione acustica qui comprende solo Bron Yr Aur Stomp, mostrando una evidente voglia di ridurre questa parte di scaletta fino alla sua eliminazione l'anno successivo.
The Song Remains The Same e The Rain Song sono qui eseguite con una carica ed un'intensità impressionante, con veramente poco da invidiare alle più rodate versioni dell'anno dopo, avendo dalla loro qui un approccio decisamente più cauto tipico di quando si affrontano brani nuovi. Interessante notare che proprio in questo periodo John Paul Jones iniziò ad usare il Mellotron dal vivo, e lo troviamo proprio in The Rain Song oltre che in altri brani che vedremo. Non poteva poi mancare la chilometrica maratona di Dazed And Confused, che ancora non è al livello delle magnifiche versioni del tour europeo di Marzo '73, ma già è presente l'accenno alla sezione "San Francisco", e l'infinita cavalcata finale è una perfetta dimostrazione dell'implacabile sezione ritmica Jones-Bonham e di un Page particolarmente ispirato.
Stairway To Heaven segue in una versione in linea con le altre del periodo, ma è con la successiva Whole Lotta Love che le cose si fanno interessanti. Come di consueto infatti questo brano viene usato come punto di partenza per una mezz'ora abbondante di medley di cover tra il rock and roll ed il blues, e questo concerto non fa eccezione vantando soliti noti come Boogie Chillen, Let's Have A Party, altri standard che purtroppo non conosco ed una finale capatina nel consueto lento blues all'invocazione di "squeeze my lemon". A questo punto purtroppo il nastro sembra essere rovinato per circa un paio di minuti, ma non ci si perde troppo.
Forse la sorpresa più grande è trovare Immigrant Song, suonata per l'ultima volta in questo tour, come primo bis. Fin dal 1970 infatti fu il brano di apertura dei concerti, qui spostato in avanti si presume per permettere a Plant di prendere decentemente le note in apertura dopo essersi riscaldato a dovere.
A seguire la sempre benvenuta Heartbreaker ed una interessantissima versione di Thank You introdotta e suonata con il Mellotron al posto dell'Hammond, scelta questa che verrà abbandonata alla fine di questo tour, ma che dà un tono un po' diverso ad un brano che dal vivo rende sempre egregiamente. Fine, niente Moby Dick in questo periodo per qualche motivo, non che la cosa mi dispiaccia a dire il vero, pur essendo fan di Bonham.
In definitiva, ci sono sicuramente registrazioni migliori di questo periodo, ma l'uscita di una qualsiasi registrazione inedita di un concerto dei Led Zeppelin, specialmente dei primi anni, è sempre qualcosa di cui gioire. Imprescindibile? No, ma sicuramente interessante, oltre che una delle ultime occasioni per ascoltare la "vecchia voce" di Plant ed un Page ancora preciso, pulito, tagliente come solo fino al '73 riuscirà ad essere in modo continuo. Poco da dire sulla sezione ritmica, che purtroppo non rende a dovere in questa polverosa registrazione, ma che si dimostra essere sempre solidissima.
Nella speranza di qualche altra uscita interessante nel prossimo futuro, abbiamo di che gioire.


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