lunedì 4 febbraio 2019

Genesis - Selling England By The Pound (1973) Recensione

Premetto che sarà una recensione controversa, siete avvisati.
Normalmente Selling England By The Pound finisce in cima a molte classifiche, sia riguardanti strettamente i Genesis, sia più in generale il progressive rock. Personalmente, credo che Selling sia l'album meno riuscito della prima fase della loro carriera. Sì, lo so, sono pazzo, ma almeno vediamo i motivi.
I Genesis arrivavano da una serie di album in costante crescita sotto vari aspetti, oltre che parte di una evidente evoluzione: l'esordio intriso di pop anni '60 di From Genesis To Revelation, l'affascinante e primordiale progressive bucolico e pastorale di Trespass, l'aria barocca e fiabesca di Nursery Cryme, e la indiscutibile perfezione di Foxtrot, in cui tutti gli elementi degli album precedenti si incastrarono fra loro nel creare un lavoro estremamente solido.
E poi uscì Selling England By The Pound, ed il primissimo "problema" fu in un certo senso il cambio di approccio alla scrittura rispetto ai lavori precedenti. Prima infatti molti brani venivano suonati dal vivo prima di essere registrati, avendo così modo di evolversi e trovare la loro via anche basandosi sulle reazioni del pubblico; questa cosa non accadde con Selling. Svariati brani o frammenti nacquero infatti da improvvisazioni in studio, che portarono ad alcuni ottimi risultati, e ad altri un po' meno riusciti. Dancing With The Moonlit Knight è forse uno dei migliori esempi di come questo approccio potesse portare a buoni risultati: il contrasto fra la prima sezione, in gran parte ad opera di Gabriel, i crescendi e le frenetiche corse strumentali con tanto di tapping di Hackett sono magistrali, ed hanno finito per far scuola ed ispirare molto del progressive che seguirà. Il testo poi è forse uno dei migliori partoriti da Gabriel, con  riferimenti alla cultura inglese e neologismi molto intelligenti. Discorso simile si può fare per The Cinema Show, dove un altro forte contrasto, qui più netto, caratterizza un altro dei brani migliori dei Genesis. La prima metà quasi acustica e molto melodica, quasi pop oserei dire, accompagna l'ascoltatore ad una delle migliori esibizioni virtuosistiche tanto di Banks (che qui si diverte con il suo primo, relativamente economico, sintetizzatore) quanto di Collins e Rutherford, unici artefici di questa ultima sezione, ed ironicamente proprio il trio che porterà avanti il nome Genesis di lì a pochi anni. Nel mezzo poi troviamo Firth Of Fifth, che mostra un approccio decisamente più ordinato ed organizzato, uno svolgimento incredibilmente scorrevole che passa dalla complessa introduzione al piano d'impostazione classica, alla potente parte cantata seppur con un testo non particolarmente riuscito, ad una sezione strumentale centrale che dapprima riprende l'introduzione e poi lancia la celebrazione massima di Steve Hackett come chitarrista solista; ancora oggi gran parte del suo stile gira intorno a questo assolo.
Un brano che un certo tipo di ascoltatori può trovare discutibile è I Know What I Like (In Your Wardrobe), in quanto più semplice dell'idea che normalmente ci si fa dei Genesis di quest'epoca, oltre che "orribile presagio" di ciò che verrà. Personalmente la penso in modo un po' diverso: a parte il fatto che non ci ho mai visto nulla di male nel pop, e che anzi apprezzi praticamente tutti gli album a nome Genesis pur riconoscendone le differenze (anche se non così nette come si vuole spesso credere), io credo che l'elemento pop sia stato sempre presente nella loro musica. Il loro primo album era sostanzialmente pop, e se confrontiamo la loro musica con altre band contemporanee definibili come progressive, tipo Yes e King Crimson (anche se comprensibilmente Fripp stesso sembra voler rifiutare la definizione e fuggire da questo "genere-gabbia"), non si può negare il fatto che i Genesis siano quelli più affini ad un tipo di musica più "popolare".  Da questo punto di vista quindi I Know What I Like è un bel brano che alleggerisce il tono altrimenti piuttosto pesante dell'album. Un discorso simile lo si potrebbe fare per More Fool Me, ma personalmente reputo questo brano come molto meno riuscito, e non per la presenza del Collins cantante, anzi, ma anche solo se confrontata alla in un certo senso analoga For Absent Friends da Nursery Cryme, secondo me mostra una certa debolezza, non aiutata da un arrangiamento molto scarno.
Ed ora arriviamo alla nota dolente: The Battle Of Epping Forest. Musicalmente è un brano estremamente complesso, forse tra i più complicati della loro discografia, ed in 11 minuti sembra andare ovunque e da nessuna parte, pur essendo apprezzabile dal punto di vista strumentale. Il problema si ha quando un brano già di per sé complesso deve poi anche contenere una ugualmente complessa componente lirica. Non è la prima volta che Gabriel decide di cantare sopra letteralmente ogni cosa: già lo fece sul finale di Apocalypse in 9/8 da Supper's Ready, inizialmente irritando Banks che poi accettò, e lo farà ancora in un modo analogo nel successivo The Lamb Lies Down On Broadway in The Colony Of Slippermen. In questi casi la complessità della musica e l'evidente difficoltà di Gabriel nell'incastrarsi e nell'inventare una qualche melodia, per qualche strano motivo pare funzionare, dando anche un certo peso all'interpretazione teatrale di Peter. In Epping Forest però le cose a mio parere non si incastrano come dovrebbero. La musica è ottima, il testo anche, l'interpretazione è Gabriel al suo meglio, ma una volta messo tutto insieme viene fuori una "mappazza" (termine tecnico) da 11 minuti abbondanti la cui unica attrattiva risiede nella sua "stranezza". Non per niente il carino ma piuttosto innocuo brano strumentale che segue si intitola After The Ordeal, che si può tradurre come "dopo la dura prova" o "dopo il Calvario". Se penso ad un analogo caso di brano teatrale, dove Gabriel interpreta vari personaggi, mi viene in mente ad esempio Harold The Barrel, decisamente più "musicale" nella resa, o Get 'Em Out By Friday, già più ostica ma comunque dalla risultato a mio parere migliore.
La reprise finale di Dancing With The Moonlit Knight, Aisle Of Plenty, è invece una felice intuizione, con il suo andamento decisamente più calmo dopo l'apoteosi di The Cinema Show, a cui è collegata, porta l'album a sfumare sfoderando un'altra serie di intelligenti giochi di parole.
Un'altra cosa che mi ha sempre poco convinto qui è la produzione. Non che il tutto suoni male, anzi, il problema è proprio l'opposto. Il suono l'ho sempre percepito come fin tropo pulito, brillante, privo della corposità degli album precedenti ed ancora lontano dall'abrasività del ben diverso successore.
Detto questo, se vediamo I Know What I Like come un semplice pezzo discreto, alla fine l'album è "salvato" dai tre capolavori Dancing With The Moonlit Knight, Firth Of Fifth e The Cinema Show, che di certo sarebbero in grado di salvare anche un'intera discografia, ma che dimostrano una disparità tra questi e gli altri brani non presente nei precedenti lavori, che ho sempre percepito come più compatti e, soprattutto, scorrevoli. Certamente il successivo The Lamb non sarà né compatto e né scorrevole, ma sfoggerà ben altre caratteristiche a suo favore, su tutte la lungimiranza.
Insomma ogni volta che vedo Selling scalare ogni qualsivoglia classifica non posso che sentirmi, tanto per cambiare, una sorta di mosca bianca, preferendogli non solo gli altri lavori dell'epoca Gabriel, ma anche alcuni dei successivi. Certo, i successivi non hanno i tre brani di cui sopra, ma se si considera la somma e non le singole parti...
Se non altro Selling ha in qualche modo proiettato i Genesis verso il loro primo importante cambio stilistico, quello di The Lamb, che purtroppo non ebbe però seguito, in quanto già nei successivi A Trick Of The Tail e Wind And Wuthering, nonostante il tanto vituperato cambio di frontman, parvero tornare verso territori più conosciuti e confortevoli, rimandando l'inevitabile evoluzione di un paio di anni.
Selling England By The Pound a mio parere si merita un 7,5 perchè mi sento generoso. 


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