giovedì 26 ottobre 2017

Chicago - Chicago Transit Authority (recensione)

So benissimo che molti, specialmente in Italia, conoscono i Chicago grazie alla loro fase anni anni '80 (anche se iniziò un po' prima) piena di cose smielatissime. Però nei primi anni erano uno dei gruppi più originali d'oltreoceano grazie al loro misto tra pop, rock\blues e l'uso estensivo di fiati. All'inizio pubblicavano album doppi a raffica (si, doppi!), uno all'anno, e almeno i primi 5 sono davvero ottimi.
Oggi però voglio parlare del loro primo album, Chicago Transit Authority, del 1969.
Introduction mette subito in chiaro il sound che caratterizza i primi Chicago, tanti fiati usati in modo assolutamente originale su una base spudoratamente americana, enfatizzata oltretutto dalla voce "nera" di Terry Kath, uno dei migliori chitarristi della sua generazione, tristemente poco celebrato. Il brano si districa poi calmandosi fino al bellissimo assolo del già citato Kath che ci porta alla ripresa della parte cantata: un inizio a dir poco spettacolare. Segue uno dei loro primi successi, Does Anybody Really Know What Time It Is?, che si differenzia dalla versione del singolo grazie all'introduzione di piano. Uno squisito brano che potrebbe essere cantato da Frank Sinatra, tanto da rendere l'idea. Un bel contrasto insomma! Ammetto che non si tratta proprio del "mio genere", ma in questo contesto non fa altro che evidenziare l'originalità di questa band. Beginnings è un altro pezzo celebrato e molto rappresentativo grazie anche ai cori in cui si nota la squillante voce di Peter Cetera (che in futuro guadagnerà molto più spazio). Uno dei miei pezzi preferiti è Question 67 And 68: magnifico pezzo rock con passaggi mozzafiato di Terry Kath alla chitarra, intrecci di fiati e Cetera finalmente come voce solista. Un bellissimo pop beatlesiano. Listen è un'altra canzone ben riuscita ma un po' persa in mezzo al resto, soprattutto in vista della successiva Poem 58, primo vero e proprio "showcase" per l'estro di Terry Kath nella prima metà (davvero spettacolare) per poi lasciare spazio ad una sorta di inquietante riff ad introdurre la parte cantata, sempre però coronata da intermezzi chitarristici riuscitissimi. E se ancora non ne avete avuto abbastanza, ecco Free Form Guitar: quasi 7 minuti in cui Kath tira fuori ogni suono possibile dalla sua Stratocaster. Un esperimento cacofonico che è la perfetta dimostrazione di come ottima composizione, arrangiamenti interessanti, effettive idee e sperimentazione fine a sé stessa potessero tranquillamente convivere in un solo album nel lontano 1969. South California Purples è il bluesaccio di rito (dai, sono pur sempre americani), e pur non essendo un grande fan del blues, ammetto che questo è davvero ben concepito ed ottimamente suonato. A questo punto è ora di alleggerire un po' dai; ecco quindi una cover di I'm A Man dello Spencer Davis Group. Ok, da un lato non c'è Winwood, ma in tutto il resto questa versione è nettamente superiore all'originale a mio parere: dalle percussioni ai lick di chitarra indescrivibili, si può anche perdonare loro qualche parola sbagliata nel testo, no? 8 minuti spettacolari. Seguono 2 pezzi collegati fra loro: Prologue e Someday (August 29, 1968), dove la prima è una registrazione tratta dalla protesta contro la guerra effettuata fuori l'hotel Hilton di Chicago ("The whole world is watching"). Facile poi immaginare di cosa tratti la successiva Someday, che per me è uno dei pezzi migliori dell'album e mostra quasi la direzione che seguiranno negli album successivi. L'album si chiude con i 15 minuti di Liberation, che alla fine altro non è che un brano in gran parte improvvisato e un'altra occasione per "mostrare i muscoli". Pesantuccio forse ma estremamente godibile, uno dei punti più alti dell'album.

Insomma, per molti è il loro album migliore, io gli preferisco il successivo Chicago II: lo trovo più a fuoco, con più canzoni nel vero senso del termine e meno divagazioni. Chicago Transit Authority è però un perfetto biglietto da visita per la loro primissima fase, stranezze e sperimentazioni comprese. E per essere un primo album, chapeau!
Un 8 per me.

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