venerdì 15 novembre 2019

The Deviants - Ptooff! (1967) Recensione

In un periodo storico pieno di capolavori frutto di una continua spinta e progressione in quello che era il pop di quegli anni, si può letteralmente pescare album a caso e rimanere stupiti ogni singola volta. Ovviamente l'album in questione ha negli anni raggiunto uno status di lavoro essenziale e di culto, prodotto da quella cultura underground dedita alla psichedelia e alle più folli sperimentazioni, però diciamo che le premesse non è che ci fossero state. I Deviants infatti realizzarono il loro album d'esordio in modo indipendente, finanziati da tale Nigel Samuel, all'epoca milionario ventunenne (anche se pare che la cifra in questione fu di circa 700 sterline), e lo pubblicarono tramite la propria etichetta Underground Impresarios, rendendolo però disponibile solamente su ordinazione tramite le varie testate giornalistiche underground inglesi, come l'International Times e OZ. Poco dopo però la Decca intervenne, ne acquistò i diritti e lo pubblicò in modo più convenzionale. Di fatto però fu palese l'intenzione dei Deviants di rimanere una realtà underground, come anche indicato per iscritto all'interno dell'album originale ("the deviants underground l.p.").
L'album in questione è un capolavoro di Pop art, con i piedi ben affondati nella psichedelica underground di quel magico 1967. Sia la magnifica copertina che il titolo pescano ovviamente dall'arte fumettistica, ed il tutto rappresenta quasi perfettamente il conglomerato esplosivo di colori e suoni che si possono trovare all'interno dell'album.
Album che alla musica affianca sezioni parlate, come la vera e propria introduzione accolta da comicamente sporadici e pacati applausi, e che più volte ricorre al blues come veicolo del proprio suono. Non si tratta però del blues classico, e neanche si anticipano i riarrangiamenti futuri dei Led Zeppelin, bensì lo si sfrutta come scheletrica base per le derive più inquietanti ed acide, non distanti da certe cose di Captain Beefheart. Scariche elettriche improvvise e voce urlata di Mick Farren non possono lasciare indifferenti in I'm Coming Home, e sono in totale contrasto con la folkeggiante Child Of The Sky, che però ben spezza il ritmo prima del ritorno al blues in Charlie. Con Nothing Man e Garbage si raggiunge il cuore di questo lavoro, fatto di musica imprevedibile, filastrocche, sezioni recitate, parti volutamente sgradevoli che anticipano il punk di un decennio, regalandoci una perfetta rappresentazione della cultura freak di quegli anni. La breve e gradevole strumentale Bun ci prepara all'apoteosi di Deviation Street. Quasi un brano-manifesto per i Deviants e perfetta conclusione dell'album, Deviation Street sembra essere uno spettacolo teatrale in preda all'anarchia messo in musica con voci, suoni e rumori di contorno: se si dovesse indicare una perfetta rappresentazione della psichedelia più "malata", questo pezzo sarebbe certamente in cima ad una ipotetica lista.
Ptooff! è molto più di un album: è un'esperienza di ascolto. In giro si sprecano i commenti su quanto sia bello ascoltarlo sotto effetti di droghe di vario tipo, ma sarebbe ingiusto limitare il fascino dell'album a quelle precise condizioni, in quanto al suo interno ci sono molti punti oggettivamente validi, interessanti ed originali. Al di là degli aspetti strettamente musicali, poi, non ci si può dimenticare delle premesse dietro la sua pubblicazione, che in un certo senso anticipano quello che sarà l'indie di lì a qualche decennio, oltre alle già citate tendenze proto-punk che in realtà erano piuttosto diffuse in quegli anni.
Di fatto però Ptooff! è uno dei principali e più riusciti lavori della psichedelia underground inglese di fine anni '60; un ascolto essenziale per chiunque sia interessato a quel periodo storico, sia dal punto di vista musicale che anche, più ampiamente, da quello di esponente di una cultura ed un periodo storico ben preciso. Un'opera d'arte imperfetta, sporca, a tratti anche sgradevole, ma che proprio per questo va ascoltata. 

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