martedì 12 novembre 2019

Jeff Lynne's ELO - From Out Of Nowhere (2019) Recensione

A quattro anni dal precedente Alone In The Universe, Jeff Lynne, ormai accompagnato dalla sigla ELO in quanto oggi proprietario unico del nome, ci regala un altro piccolo gioiellino pop.
Sono lontani i tempi dei vecchi ELO, quelli grandiosi ed orchestrali che sfornavano capolavori come Eldorado e Out Of The Blue; oggi di quella band è rimasto letteralmente solo Jeff Lynne. E dico letteralmente in quanto questo album ed il precedente sono opere realizzate in quasi completa solitudine, con Lynne ad occuparsi di ogni voce ed ogni strumento su disco, oltre alla composizione e produzione. C'è chi critica questo approccio, in quanto convinti che un classico scambio di idee tra più membri e qualche contributo in più da parte di diversi musicisti possa giovare alla sua musica, soprattutto vista l'essenzialità del suo stile esecutivo, specialmente alla batteria. Ci si chiede come mai non coinvolga qualche membro della sua attuale, magnifica, live band ad esempio.
Personalmente invece posso capire il suo punto di vista, e credo che sia difficile per una persona perfezionista come lui, per di più alla sua età, scendere a compromessi.
L'album in questione si tratta in sostanza di una breve, forse troppo, raccolta di dieci canzoni una più contagiosa dell'altra. Se al primo ascolto il tutto può sembrare, come direbbero gli anglofoni, "underwhelming", specie se ci si aspetta un altro Out Of The Blue, al secondo ed al terzo giro già canticchierete ogni singolo ritornello.
In generale From Out Of Nowhere sembra essere un po' più vivace e meno nostalgico del precedente Alone In The Universe, risultando forse un po' meno vario ma certamente più coinvolgente e "vivo".
Se la title track e la auto-celebrativa Time Of Our Lives (con una geniale citazione a Telephone Line), uscite come singoli, anticipavano in modo eloquente l'album, è anche vero che al suo interno ci sono chicche inaspettate. In mezzo a brani relativamente tipici come Help Yourself e Sci-Fi Woman, ci sono cose come la commovente Losing You, lento brano dai toni sinfonici tra i migliori di Lynne dai tempi della A Love So Beautiful scritta per Roy Orbison, o il frenetico rock and roll di One More Time, con un inaspettato intermezzo prima di archi sintetizzati e poi di piano alla Jerry Lee Lewis suonato dall'unico ospite dell'album: lo storico tastierista degli ELO Richard Tandy. Nel mezzo c'è la stranamente quasi caraibica All My Love, interessante ma forse un pelo troppo ripetitiva, la bellissima Down Came The Rain, che non avrebbe sfigurato in una delle collaborazioni tra Lynne e Tom Petty, e la conclusiva Songbird, forse l'unica sua incursione in territori quasi gospel.
Particolarmente piacevoli sono poi i numerosi interventi chitarristici presenti in ogni canzone, spesso suonati con tecnica slide, in uno stile decisamente melodico ed apertamente reminiscente del lavoro di George Harrison. Per non parlare poi della sua voce praticamente intatta nonostante il passare dei decenni.
Si leggono in giro molte critiche al lavoro di produzione e, specialmente, di mastering sia di questo album che di quelli immediatamente precedenti ad opera di Lynne. É palese che negli anni il suo stile si sia spostato verso un suono più "chiuso", compresso all'inverosimile, caldo, non lontano da certi album indie anni '90, senza però mai sfociare nel lo-fi. Si tratta di un suo trademark ormai, di cui le prime tracce risalgono ai suoi lavori di fine anni '80, e che ovviamente può piacere o irritare: è il prezzo da pagare quando si ha uno stile personale.
In definitiva, From Out Of Nowhere sembra quasi essere una perfetta seconda parte di Alone In The Universe, e con esso condivide lo stesso difetto: la brevità. L'album dice quello che deve dire senza perder tempo e, semplicemente, finisce. Senza neanche arrivare a 33 minuti.
La memoria torna agli anni '60, ai Beatles e ai Beach Boys, con l'unica differenza nel fatto che allora la brevità degli album era mitigata da uscite multiple annuali. Se si sorvola su questo ci si trova al cospetto di un piccolo gioiellino come ne escono veramente troppi pochi al giorno d'oggi; di un pop semplice, positivo, universale, gioioso, semplicemente bello e sempre piacevole all'ascolto. Un album che è riuscito a scalare la classifica britannica fino a fermarsi al primo posto (non male per un quasi settantaduenne), e che nonostante questo sembra non esistere nel nostro "bel Paese", dove proprio non se ne parla.
Ciò credo valga più di mille parole sulla nostra cultura musicale, specie nell'ambito del pop.
Ascoltatelo subito se non l'avete già fatto!

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