mercoledì 21 aprile 2021

Circulatory System - Signal Morning (2009) Recensione

Dopo l'esordio-capolavoro nel 2001 passarono ben 8 anni prima di vedere un seguito. Will Hart ha nel frattempo iniziato a soffrire di sclerosi multipla, ed il che ha ovviamente condizionato il suo ritmo di lavoro, non impedendogli comunque di tirare fuori un'infinità di piccole idee e frammenti in quel periodo. Tra idee individuali dalle registrazioni casalinghe e brani provati e registrati con gli altri membri della band (alcuni già presenti nelle scalette dei concerti ad inizio anni 2000), la quantità di materiale da cui pescare per realizzare un secondo album era particolarmente sostanziosa. 

Fu così che, ad un certo punto, Hart diede una enorme quantità di cassette a Charlie Johnson e Nesey Gallons, già membri della band, in modo che potessero selezionare, combinare ed organizzare l'enorme quantità di frammenti ed idee realizzati da lui da solo o con la band. Il risultato sono circa 45 minuti divisi in due lati, densi di idee e suoni come raramente si è potuto ascoltare altrove. Se nell'album di esordio c'erano vari brani in grado di stare in piedi da soli, qui, partendo da materiale certamente più frammentario, si ha la sensazione che la musica scorra in modo più "continuo", ed i singoli frammenti funzionino decisamente meglio se inseriti nel loro contesto, piuttosto che isolati. Ciò non significa che le idee non siano degne di esser prese a sé, ma piuttosto che il loro valore si mostri in modo ancora più evidente grazie a ciò che sta loro intorno. La consueta densità sonora data dalle decine di tracce audio mixate insieme è presente anche qui, ed è anzi forse ancora più in evidenza rispetto all'album precedente. Ovviamente, come in gran parte degli album usciti dall'Elephant 6, anche in questo caso la lista di musicisti coinvolti nelle registrazioni è piuttosto lunga, e va dagli effettivi componenti della band (chi, insomma, suona anche nei concerti) John Fernandes, Peter Erchick, Heather McIntosh, Hannah Jonees, fino ai vecchi amici Jeff Mangum, Bill Doss e Julian Koster. Per l'elenco completo vi rimando al loro Bandcamp.

Se all'inizio l'impatto è quasi traumatico, ed i muri di fuzz di Woodpecker Greeting Work Ant (realizzata con Bill Doss) sembrano un inizio piuttosto bizzarro, specie se messi a confronto con Yesterday's World (che apriva l'album precedente), è tuttavia incredibile la naturalezza con cui il tutto sembra incastrarsi e scorrere magnificamente via via che i minuti passano. Le melodie non sono così ovvie ed evidenti ad un primo ascolto, tanto che sono nascoste tra le pieghe del suono, ma già dal secondo ascolto non se ne andranno via tanto facilmente dalla vostra testa. Ben presto ecco This Morning (We Remember Everything), che tra start e stop, violoncello a la Roy Wood, bizzarri gorgoglii elettronici e tanto altro tira fuori melodie che sembrano arrivare da REVOLVER, così come Overjoyed, che dopo un inizio con archi barocchi pesantemente effettati sembra sfoderare un riff degno dei migliori Hawkwind di inizio anni '70, prima di sfociare nel puro caos sul finale.

E se un brano come Round Again spicca innegabilmente nella sua natura multiforme tra Beatles e Who, ad introdurlo ci sono gli appena 23 secondi di News From The Heavenly Loom, con una melodia che nessuno sano di mente "butterebbe via" in così poco tempo, e invece qui... Insomma molto spesso non si fa tempo a capire da dove un'idea arrivi e dove voglia andare a parare che altre due o tre ci vengono buttate in faccia, e ad ogni ascolto altri strati vengono rivelati, in una densità impossibile da descrivere a parole. Blasting Through e Gold Will Stay ci portano in territori più sperimentali ed ossessivi, con la prima che è sostanzialmente un mantra e la seconda che sembra affiorare lentamente da un mare di suoni e nastri al contrario, mentre in mezzo c'è Particle Parades, un altro dei brani più solidi insieme a Round Again, di nuovo composto da più sezioni e con un uso incredibilmente riuscito ed affascinante di archi, fiati e distorsioni a corredare altre melodie che definire contagiose sarebbe riduttivo. A chiudere c'è la title track, un degno finale positivo, aperto, memorabile, con un testo perfettamente in linea con la filosofia tipica dei progetti di Hart: 

"To be and to say and to know the way and to have some fun, this is all we want to do".

E come testi rimaniamo effettivamente su argomenti familiari per chi segue i Circulatory System, dai parallelismi tra grande e piccolo, al tempo circolare, all'elevazione di noi stessi tramite gioia e divertimento... Non si può non sentirsi meglio una volta ascoltato questo album, così come tutti gli altri di questa band. La pura ispirazione, l'istinto mostrato in registrazioni anche "alla buona", e proprio per questo uniche ed irripetibili, l'azzardo nella combinazione di suoni ed idee melodiche; solamente nelle SMILE SESSIONS dei Beach Boys si raggiungono tali vette, e d'altronde si sente quanto quelle registrazioni siano sempre di grande ispirazione per Hart. L'irrepetibilità della musica qui presente è proprio uno dei punti di forza dell'album, che fa delle "imperfezioni" un tratto distintivo, e di fatto in concerto la band è costretta a ovvi riarrangiamenti e modifiche, che rende l'esperienza di ascolto totalmente diversa e unica a sua volta. Con buona pace dei sostenitori della tesi secondo cui se una band non sa riprodurre fedelmente dal vivo la musica fatta in studio non è valida, di fatto portando ad un appiattimento irreversibile di essa ed una degradazione dell'importanza del processo di creazione e registrazione non strettamente intesa come semplice documento di una band che suona, ma come essenza vitale a sé stante, come combinazione di suoni spesso anche modificati, processati. E se molta della musica non riproducibile dal vivo oggi è tale per via della sua artificiosa perfezione, qui si va totalmente nel senso opposto. Questo album, il precedente ed il successivo saranno in grado di aprirvi la mente come pochi altri, se solo lo permetterete. 

Doveroso citare l'esistenza di SIDE 3, album uscito poco dopo SIGNAL MORNING contenente versioni alternative di alcuni brani dell'album, per un interessante ulteriore punto di vista. 



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