mercoledì 30 dicembre 2020

The Monkees - The Birds, The Bees & The Monkees (1968) Recensione


I Monkees non hanno bisogno di presentazioni, dalle due stagioni della leggendaria sitcom fino alle svariate hit dei loro primi album, chiunque li conosce (forse meno in Italia tolte un paio di canzoni, ma la cosa non mi stupisce affatto...). Dopo una prima fase da "semplici" attori ed interpreti di canzoni composte e suonate da altri, dal terzo album, Headquarters, i Monkees hanno iniziato ad imporre le proprie idee con ottimi risultati. Dopo un altro ottimo album, Pisces, Acquarius, Capricorn & Jones Ltd. nel 1967, dove tra l'altro furono tra i primi ad usare un Moog, la serie TV viene cancellata e la band inizia a frammentarsi via via. Nel 1968 già si sta pensando al film Head, ideale conclusione della loro incredibile parabola (nonostante gli seguiranno altri album a nome Monkees, pur con il graduale abbandono di vari membri), ma nel frattempo uscì un altro album. The Birds, The Bees & The Monkees è quasi il White Album dei Monkees, dove tutti i membri lavorano spesso in solitudine (Chip Douglas, ex membro dei Turtles, produsse i due album precedenti, ma venne licenziato proprio in questo periodo), supervisionando e producendo individualmente le proprie, diversissime, canzoni, e di fatto spingendo il povero Peter Tork ai margini, non includendo nessuna delle sue canzoni. 
Micky Dolenz, dopo aver cantato gran parte delle canzoni dei primi album, fa qualche passo indietro cantando solamente tre brani, tra cui la curiosa e marziale Zoe and Zam, piazzata in chiusura dell'album, e la più psichedelica P.O. Box 9807. Davy Jones invece si conferma come interprete di ballate romantiche, oltre che di uno dei più grandi successi dei Monkees (risalente all'anno prima ma inserito in quest'album per qualche motivo), la bellissima Daydream Believer. 
Chi invece fa passi avanti enormi è Michael Nesmith, qui nel pieno della sua breve fase psichedelica più sperimentale, come testimoniato dalla pesante Writing Wrongs, con al suo interno un lungo intermezzo strumentale, o Magnolia Simms, brano stile anni '20 mixato in mono con svariati glitch sonori ad aumentare il feel "d'epoca" (curiosa la scelta, nelle versioni stereo dell'album, di piazzare la canzone esclusivamente nel canale sinistro). Che dire poi della sua Tapioca Tundra, bellissimo poema messo in musica, tra i suoi brani migliori in assoluto. Sono svariate le outtake dell'epoca, in quanto ci fu l'intenzione, ad un certo punto, di realizzare un album doppio, tra cui anche i brani di Tork, come Alvin (breve e divertente intermezzo parlato sullo stile di altri presenti in album precedenti) o Lady's Baby, mentre altre troveranno posto nel successivo Head, dove ben tre brani saranno ad opera sua, in un non dichiarato disperato tentativo di scongiurare un suo abbandono che comunque avverrà a fine '68.
Questo album è il primo a non raggiungere il primo posto in classifica, sicuramente penalizzato dalla mancata realizzazione della terza stagione della serie TV. Si tratta di un album schizofrenico, dalle diverse anime in totale contrasto tra loro, ed è difficile vederlo come un lavoro di una band, come invece fu per il precedente Pisces e, soprattutto, Headquarters, vero e proprio picco dei Monkees come vera e propria band. I brani di Nesmith elevano notevolmente il livello generale, ed è un peccato pensare che di lì a poco decise di dedicare il suo talento compositivo quasi esclusivamente al, pur ottimo, country, in quanto le sue idee in ambito psichedelico furono notevoli. 
Insomma, per chi vuole sentire i Monkees oltre alla celeberrima I'm A Believer, questo album è consigliatissimo, insieme ai due precedenti. 
Ma poi, chi critica i Monkees in quanto band costruita a tavolino che non suonava gli strumenti e non scriveva le canzoni (cosa comunque non vera dal terzo album in poi), riesce ad avere un minimo di coerenza e criticare, di conseguenza, TUTTI gli interpreti? No, perchè se un artista non è valido perchè non suona gli strumenti negli album e non scrive le canzoni, limitandosi a cantarle, allora dovreste demolire di critiche anche Elvis Presley, per dire... O perchè non i 5th Dimension, in quanto la loro celeberrima The Age Of Acquarius / Let The Sunshine In, tra le altre, fu scritta da compositori esterni e suonata dalla Wrecking Crew? Non mi pare che ciò succeda. Perchè?
I gusti sono una cosa, le critiche oggettive un'altra, impariamo a separare le due cose. 



Nessun commento:

Posta un commento