venerdì 22 dicembre 2017

Iron Butterfly - The Triple Album Collection (recensione)

Trovato ad un prezzo irrisorio in un normale negozio di elettronica, come potevo dire di no? Gli Iron Butterfly sono uno di quei gruppi che ho sempre snobbato, nonostante la loro appartenenza ad un periodo storico che, per me, è stato uno dei più importanti per la musica pop/rock. I motivi per cui non li ho mai ascoltati sono principalmente 2: l'organo Vox Continental (uno dei suoni più irritanti che io conosca, specialmente basandomi su come veniva usato dai Doors, gruppo che non sopporto), e la loro provenienza d'oltreoceano (ho sempre preferito il movimento psichedelico inglese a quello americano, che trovo del tutto privo di senso dell'umorismo ed imprevedibilità). Quindi, nel momento in cui ho potuto apprezzare l'uso più creativo da parte di Doug Ingle del suddetto organo, ho capito che meritavano una chance. 
In questo "mini-cofanetto" troviamo i primi 2 album della band, Heavy e In-A-Gadda-Da-Vida, e Live del 1970 (saltando Balls purtroppo, ma non si può avere tutto). 

Heavy è un album purtroppo molto breve, ma anche discretamente solido, con molte indicazioni sull'identità del gruppo ed un suono in gran parte già formato. Apertura veramente convincente con Possession e Unconscious Power, due dei brani che più apprezzo in questo album insieme alla particolare So-Lo, You Can't Win, Fields Of Sun e sopratutto la conclusiva Iron Butterfly Theme: brano strumentale che mette perfettamente in chiaro le tendenze del futuro prossimo. Il resto dell'album oscilla tra tendenze blues e brani un po' sbiaditi, ma rimane un lavoro molto solido, specialmente essendo il disco d'esordio.

Ciò che segue è ovviamente l'album per cui vengono tutt'oggi ricordati, In-A-Gadda-Da-Vida. Un album che sicuramente tanto deve alla title track, che con i suoi 17 minuti di organo, chitarre, assoli di batteria e psichedelismi vari, contornati dall'enigmatico titolo frutto della particolare pronuncia di Ingle, serve da "impronta" per molti gruppi rock del decennio successivo, specialmente in sede live. Si, perchè se è vero che nessuno si faceva mancare assoli infiniti ai propri concerti, estendendo così i loro brani a minutaggi vertiginosi, pochi ebbero il coraggio di fare ciò in un album in studio. E sicuramente quasi nessuno prima di queste farfalle di ferro! C'è da dire che, nonostante qualunque cosa sbiadisca al confronto con un simile brano, dall'altro lato troviamo comunque pezzi che non meritano di essere lasciati in disparte. Non per nulla Are You Happy? sarà presente quasi sempre in sede live, e tra gli altri segnalo l'apertura di Most Anything You Want e la psichedelia dalla vena più pop di Flowers And Beads. Ma non che My Mirage e Termination siano tanto da meno (specialmente la prima).

Come anticipato, prima del Live qui presente ci sarebbe l'album Balls del 1969, ma non essendo qui presente purtroppo non ne posso ancora parlare. Quello che posso dire è che i brani tratti da Balls presenti in Live sono a dir poco magnifici. Specialmente In The Time Of Our Lives e Filled With Fear, tra le cose più belle uscite da questo gruppo. Un gradino sotto Soul Experience, ma sempre su livelli più che buoni. Troviamo poi 2 estratti dai primi album, You Can't Win e Are You Happy? dove quest'ultima in particolar modo viene "spinta" parecchio rispetto alla versione in studio. Quale sia meglio è pura questione di gusti. Ovviamente non poteva mancare In-A-Gadda-Da-Vida, in una versione che riesce ad essere sia meglio che peggio di quella in studio. Mi spiego: la canzone vera e propria è resa con una carica e potenza decisamente superiori alla controparte dell'album, ma poi ci aspetta un assolo di batteria ancora più lungo e una sezione in meno. Quindi parte in modo ottimo e poi si "perde un po'" secondo me. Rimane una valida versione alternativa senza dubbio. Ed in quanto a Live come testimonianza dal vivo di questa band è sicuramente valida e piacevole, ma non quanto avrebbe potuto esserlo, purtroppo. Il live al Marquee del '68, uscito postumo, è lì a testimoniarlo.

Quindi, un ottimo modo per scoprire una band figlia dei suoi tempi, che forse necessita un po' di immedesimazione nella mentalità e nella cultura di quei tempi per coglierne l'importanza, ma che può ancora insegnarci qualcosa.
La confezione di questa Triple Album Collection è, comprensibilmente, piuttosto spartana; ma quando si hanno 3 album del genere al prezzo di uno, come ci si potrebbe lamentare?



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