sabato 30 settembre 2017

Whitesnake - The Purple Album (recensione)


Ad oggi l'ultima uscita discografica dei Whitesnake di David Coverdale + chiunque passi da quelle parti, trattasi di una sorta di tributo al passato del caro Davidone. Nel dettaglio, questo Purple Album si tratta di un album di cover di pezzi dei Deep Purple. Ora, posso sforzarmi di capire le buone intenzioni di Coverdale, cantante che amo sia nella sua epoca porpora che in quella nei Whitesnake (beh dai, buona parte, non tutto ahah), ma il "perchè?" sorge spontaneo. Non che sia un brutto album, per carità; solo che non ne capisco il senso, il valore, l'utilità. Perchè ok, i pezzi sono tutti suonati perfettamente, non una nota fuori, grande potenza e carica, nonostante la voce di Coverdale che pare sia rimasta tra le strofe di Still Of The Night una trentina di anni fa. Paradossalmente tutta questa carica travolgente appiattisce pesantemente tutti i pezzi. L'apertura con Burn ne è un esempio, con tanto di inutile assolo esteso in tapping e muri di chitarre a condire la batteria del pur ottimo Tommy Aldridge che però non vale un decimo di quella di Ian Paice in questo pezzo. Da notare perlomeno l'italianissimo Michele Luppi alle tastiere che almeno riesce a suonarlo giusto quel maledetto assolo (sembrerà banale, ma un certo Jens Johansson negli attuali Rainbow proprio non ce la fa ad esempio...). Quello che riescono a fare i Whitesnake in questo album è banalizzare gli ottimi pezzi dei Deep Purple, pezzi di storia del rock ridotti ad una versione da giubbotto di pelle, Harley Davidson, capelli al vento e radio americane. E siccome non esiste album dei Whitesnake senza ballate, e i Deep Purple non erano certo famosi per queste cose, ecco che Sail Away diventa un lentone acustico, si ripesca una Holy Man dimenticata tra i solchi di Stormbringer.. Insomma si fa di tutto per rendere quest'album un ulteriore tassello nella discografia dei Whitesnake con tutti gli elementi dei dischi precedenti nonostante il repertorio ben diverso (sulla carta). Ammetto che alcuni pezzi funzionano discretamente in questa veste "hair metal fuori tempo massimo (anche se ormai è più un wig metal)", nello specifico la già citata Burn, Stormbringer, You Fool No One... Pur non avvicinandosi assolutamente alle originali. Oltretutto la produzione ed il mastering non aiutano, perchè l'impressione che si ha è di un muro di suono che travolge senza alcuna dinamica (invece presente negli originali), tanto che dopo un po' anche un pezzo carichissimo e trascinante non colpisce, che tanto è allo stesso volume e potenza delle ballate... Ahhh cara loudness war, grazie per aver ucciso la musica. 
Insomma mi sono sforzato di apprezzare quest'album ai tempi, ma il punto è che anche album non certo capolavori come Good To Be Bad e Forevermore (rispettivamente del 2008 e 2011) erano perlomeno un tentativo di buttare fuori cose nuove. Che poi proprio nuove non erano perchè sempre della solita solfa si trattava, ma alcuni tocchi di classe c'erano (la title track di Forevermore mi piace tutt'ora ad esempio). Ma quest'album.... Ho sempre odiato quando gli artisti ri-registrano pezzi del loro passato con formazioni nuove. Che siano tributi o tentativi di miglioramento perchè magari "ai tempi uscì in un certo modo ma non era come lo intendevamo e quindi ora lo rifacciamo come doveva essere". Mapperfavore. Gli album ci sono, li ascoltiamo da anni se non decenni; per forza di cose una nuova versione di quegli album o quei pezzi, vuoi perchè ci siamo affezionati o perchè magari i musicisti coinvolti non hanno più la stessa età di allora, sarà percepita come inferiore, è inevitabile. Quindi, con tutto l'affetto che provo per Coverdale (che vorrei tanto si decidesse a sfruttare quel suo vocione da blues e lasciasse perdere l'hair metal vista anche la sua età, e lo dico da non fan del blues), quest'album è un po' un pasticcio inutile. Certe cose forse è meglio farle solo ed esclusivamente dal vivo e poi magari ricavarci un album live (occasione sprecata visto che il tour con questo repertorio l'hanno fatto, ma di live continuiamo ad averne a bizzeffe con sempre gli stessi pezzi dei Whitesnake e niente dei Deep Purple). Si eviterebbe così la sterilità di un lavoro in studio e si guadagnerebbe un po' di calore, ma questa è solo una mia opinione. Un voto? Beh, per me se arriva alla sufficienza è solo grazie all'affetto nei confronti di Coverdale o del repertorio in questione, quindi direi un 5,5 arrotondato a 6 per i fan.
Qui sotto allego qualche video, da notare la pacchiana fiera del clichè a basso prezzo che è il video di Stormbringer. Curioso notare che questi paiono essere gli standard di un po' tutti i video della napoletana Frontiers, anche per altri artisti. 
Ah e se volete ascoltare l'album, eccovi il link a Spotify.


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