giovedì 11 novembre 2021

Michael Nesmith & The First National Band - Magnetic South (1970) Recensione

Principalmente ricordato per la sua permanenza nei Monkees, Michael Nesmith ha sempre dimostrato di essere quello più portato alla composizione nella band. Già anni prima la sua Different Drum fu resa famosa da Linda Ronstadt, e dal primo album dei Monkees in poi non mancarono mai sue composizioni negli album, da Papa Gene's Blues fino a capolavori come What Am I Doing Hangin' Round, Tapioca Tundra, Circle Sky e Listen To The Band. Non per nulla già nel 1968 uscì un album a nome suo, THE WICHITA TRAIN WHISTLE SING, che però, in linea con la sua lucida follia, era composto da riarrangiamenti in stile big band di suoi brani. 

Nel 1970 Nesmith abbandonò i Monkees e formò la First National Band, composta da lui stesso alla voce e chitarra, John London al basso, John Ware alla batteria e O.J. "Red" Rhodes alla chitarra pedal steel. Il primo album con questa band, MAGNETIC SOUTH, uscì quell'anno e fu, secondo molti, uno dei primi e fondamentali esempi di album totalmente country rock, genere che combinava il vecchio stile country con le più moderne sonorità pop-rock. Esempi di questo stile ce ne furono già negli anni '60, fin da certe cose di Dylan, dei Beatles o dei Byrds, ma solo negli anni '70 si affermò definitivamente come genere. 

MAGNETIC SOUTH, a fronte di una produzione piuttosto opaca (che ha anche il suo fascino, molto "old style", ma è quantomeno discutibile), vanta una tracklist estremamente solida, composta sia da brani nuovi che da alcune composizione già provate ai tempi dei Monkees. Fin dall'apertura samba di Calico Girlfriend, o dal classico Nine Times Blue, in medley con la vivace Little Red Rider: brani che, seppur provati intorno al 1969 con i Monkees (poi scartati e presenti nelle nuove versioni ampliate degli album del periodo), acquistano un nuovo arrangiamento e sono totalmente coerenti con ciò che le circonda. Senza dubbio il brano più famoso è Joanne, piccolo capolavoro che mette oltretutto bene in mostra non solo le doti compositive di Nesmith, ma anche la sua ottima tecnica vocale, e finì per diventare il suo più grande successo da solista. Non mancano altri magnifici brani come The Crippled Lion, Hollywood (anche questa già provata ai tempi dei Monkees) tutte condite da testi spesso di natura filosofica, e la conclusiva Beyond The Blue Horizon, cover di un brano del 1930.
Ciò che aggiunge colore e dà ulteriore carattere alle composizioni di Nesmith è il magnifico contributo di Red Rhodes alla lap steel, strumento tipico del genere ma raramente suonato in modo così magistrale. Rhodes, già membro della Wreckin' Crew, ha suonato in innumerevoli brani nell'arco della sua vita, dai Byrds ai Beach Boys, dai Millennium fino a Harry Nilsson, e fu senza dubbio uno dei maggiori virtuosi di quel complesso strumento. Il suo contributo è difficile da descrivere a parole, in quanto aggiunge toni complessi ma sfuggevoli ovunque, in un certo senso quasi psichedelici ma non lisergici, caldi, confortevoli ma originali e spesso imprevedibili. L'album scorre meravigliosamente nei suoi 33 minuti, giusto interrotti dal brevissimo divertissement First National Rag, che originariamente chiudeva il primo lato. 

Di solito il country è un genere prevedibile, spesso banale, negli anni via via sempre più spudoratamente commerciale, ma qui è diverso. Non nascondo il mio apprezzamento per band come Eagles o America, ma lo stile compositivo di Nesmith ha quel che di imprevedibile, pur con i suoi riconoscibili canoni, che lo piazza in uno spazio tutto suo, in linea con le tendenze dei tempi (forse anche un po' in anticipo), ma con caratteristiche proprie inconfondibili, specialmente per quanto riguarda le sequenze armoniche. Un album a suo modo leggendario, a riprova del fatto che nei Monkees c'era anche tanto talento e non solo superficiale apparenza.
Consigliato soprattutto agli appassionati di musica country, ma non solo. 



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