sabato 21 agosto 2021

Il Progressive Rock fu davvero innovativo quanto si dice?

Risposta breve: no. Risposta lunga:

credo sia sotto agli occhi di tutti quanto molti fan del progressive tendano ad elevare il loro genere preferito ben oltre i suoi effettivi "meriti", attribuendogli caratteristiche oggettivamente non esatte ma semplicemente dettate da un soggettivo amore cieco per il genere. Intendiamoci, io stesso amo molti album solitamente incasellati in quel genere, ma un conto sono i gusti, ed un conto è la Storia. E finché è qualche commento su Facebook a trattare superficialmente l'argomento va anche bene, il problema è quando certe inesattezze si leggono sui maggiori giornali e siti musicali nazionali, allora lì qualche problema c'è. Certo a ciò contribuisce molto il fatto che il progressive sia l'unico genere in Italia ad avere un giornale dedicato, e la sovrabbondanza di festival dedicati ad esso nell'estate in corso (quasi vien da chiedersi se uno volesse ascoltare altri generi che non facciano parte dell'attuale mainstream se in questo paese esistano alternative al progressive...) dimostra in modo lampante quanto il genere si sia imposto, e con esso una certa narrazione che, ovviamente, lo eleva al di sopra di ogni altro genere (e il bello è che in molti pure si lamentano di quanto sia di nicchia). Ed ecco il motivo di questo articolo: cercare di prendere i proverbiali "due piccioni con una fava", portando prove oggettive di quanto certi lavori oggi in larga parte dimenticati abbiano anticipato certe idee ed innovazioni attribuite poi a capisaldi del progressive, e riportare un po' alla luce certa musica americana degli anni '60, che possiamo incasellare nella psichedelia, troppo spesso dimenticata dagli "esperti" del settore. 

Partiamo da una classica affermazione che è alla base di questa narrazione distorta: la psichedelia americana partiva dal blues e si evolveva in lunghe jam, mentre quella inglese era più intellettuale, artistica, risentiva di più della cultura classica europea, e ciò ha favorito la sua evoluzione nel progressive (sorvolando su come spesso oggi si consideri, a torto, la psichedelia prettamente come una fase di passaggio che portò al progressive, visione limitativa oltre che irrispettosa).

Allora come si spiega un brano come Walk Away Reneè dei Left Banke, datato 1966, famosissimo in USA ma sostanzialmente ignoto da noi?

Ci si sentono ispirazioni classiche barocche ben prima della celeberrima A Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum (spesso indicata come uno dei primi brani che ispireranno il progressive per via dell'incontro tra pop e classica), e per di più in America. In realtà tutto il loro album d'esordio vanta la presenza costante del clavicembalo, e le doti compositive dell'allora diciassettenne Michael Brown erano già di altissimo livello, come evidente nell'altro loro singolo Pretty Ballerina

Alla faccia del blues e delle jam. Oltretutto questo stile compositivo che tanto si basa su note inaspettate e, a volte, dissonanti, tipico di Brown, continuerà ad esser presente, forse ancora di più, nella band Montage. Ne è un perfetto esempio Tinsel And Ivy, che pur rimanendo fermamente nei limiti della canzone pop mostra una complessità ed originalità innegabili:

Vogliamo poi parlare di quel capolavoro che è BEGIN dei Millennium datato 1968? L'album più costoso realizzato fino a quel momento, superando anche BOOKENDS di Simon & Garfunkel, in gran parte farina del sacco dell'ingiustamente dimenticato produttore, musicista, compositore e cantante Curt Boettcher, si apriva con questi due brani: 

Anche qui ispirazioni barocche ancora più evidenti che in molta musica europea dell'epoca. Oppure anche nei Buckinghams, più ricordati per i loro arrangiamenti di fiati (opera anche del loro manager e produttore James William Guercio, non per nulla quel sound troverà seguito nei Chicago sempre grazie a lui) ma che non si facevano mancare parentesi classicheggianti, come in questo brano tratto dal loro terzo album PORTRAITS del 1968: 


Ma potrei continuare all'infinito aprendo lo scrigno senza fondo del Sunshine Pop, carico di ispirazioni tanto tipicamente americane quanto barocche o jazz (oltre ad arrangiamenti corali decisamente complessi). Come in Consciousness Expansion o Epitaph (A World Without Love) dei Love Generation.

E proprio sul jazz ci sarebbe un discorso a parte da fare. Se nel progressive il jazz verrà preso principalmente nella sua veste più virtuosistica, in molto pop anni '60, specialmente in USA, le influenze jazz erano a loro volta ben presenti, ma meglio implementate. Niente assoli di dieci minuti con dissonanze sparse quindi, ma una indubbia complessità armonica in sede di composizione. Un perfetto esempio può essere The Shade Of The Sun dei New Wave, datata 1968:

E come non citare l'intero album SONG CYCLE di Van Dyke Parks, i cui generi al suo interno non si contano:

Scavando poi un po' più a fondo possiamo invece trovare gli Smoke americani, da non confondere con gli omonimi inglesi famosi per My Friend Jack. Quelli americani erano farina del sacco di Michael Lloyd (già nella West Coast Pop Art Experimental Band), un progetto prettamente "da studio" con cui fece uscire nel 1968 un solo, omonimo album. Ascoltate questo brano:

A parte il consueto mix di generi tipico della musica di quei tempi (ebbene sì, anche quella americana), ascoltate attentamente i passaggi intorno ai 40 secondi e ad 1 minuto e 51 circa: praticamente ciò su cui baseranno non so quanti brani i King Crimson fino ai loro ultimi album post-2000 (ascoltare Elektrik o FraKctured ad esempio). 

E proprio sui King Crimson mi vorrei soffermare, visto che a loro più che a chiunque altro viene attribuito il merito di aver inaugurato la fase del Progressive Rock con il loro innovativo esordio IN THE COURT OF THE CRIMSON KING, uscito ad Ottobre 1969. Al di là dei gusti (perché si tratta indubbiamente di un ottimo album), le canzoni al suo interno raramente escono dalla "forma canzone" tanto odiata dai fan del progressive, limitandosi ad estenderla il più delle volte, e a portare giusto qualche tono jazz in 21st Century Schizoid Man e nella jam finale di Moonchild (ma non erano gli americani a fare le lunghe jam?). 

Dall'altra parte dell'Oceano, intanto, una band dal recente passato bubblegum, i 1910 Fruitgum Company (quelli di Simon Says, 123 Red Light, Indian Giver, Goody Goody Gumdrops e via discorrendo), pubblicavano il loro ultimo album, un mesetto prima dei King Crimson, intitolato HARD RIDE. Tutto l'album spazia dagli ultimi rimasugli bubblegum di The Train, al lacerante brano blues esteso Eulogy-Saulb, fino alle sperimentazioni elettroniche di In The Beginning-The Thing, il tutto con innumerevoli cambi di tempo e cosparso da una costante presenza di fiati spesso dissonanti di forte ispirazione jazz. In conclusione c'è Togetherly Alone (5 Movements), brano dove pop, classica e jazz si incontrano magnificamente, e che se fosse uscito da una band inglese sarebbe lassù con altri classici con sopra appiccicata la vistosa etichetta "progressive" o "proto-prog". Ma forse, in fondo, è meglio così:

Questo non per dire "è meglio questo" o "è meglio quello", ma se si parla di innovazione, che è qualcosa di oggettivo, bisogna essere altrettanto oggettivi in ciò che poi si cita e celebra. Ma anche quando si usano termini come "progressione", "attitudine" (termine, tra l'altro, senza alcun senso in questo contesto, tradotto dall'inglese "attitude" ma ormai usato da parecchi al posto della sua traduzione più esatta "atteggiamento". Mai sentito parlare dei "false friends"? "Attitudine" è "aptitude" in inglese), bisognerebbe farlo con cognizione di causa.

Oppure un altro gruppo tendenzialmente bubblegum come Tommy James & The Shondells (famosi per I Think We're Alone Now, Mony Mony, Crimson & Clover...), che nel 1969 pubblicano l'album CELLOPHANE SYMPHONY, la cui title track suona come i Pink Floyd dei primi anni '70, epoca OBSCURED BY CLOUDS:


Poi, volendo parlare di arrangiamenti strumentali complessi, basterebbe ascoltare qualunque cosa da un PET SOUNDS o dalle SMILE SESSIONS dei Beach Boys, sempre che per "complessità" non si intenda sempre e solo gli assoli, in tal caso sarebbe meglio attendere l'uscita dall'adolescenza.


Ma le suite? Un formato musicale che è tra i più rappresentativi del progressive, l'essenza stessa dell'andar oltre la forma canzone occupando anche un intero lato di LP, quello per forza devono esser stati i primi a farlo in ambio rock! E invece no. Già gli Who con A Quick One (While He's Away) avevano, nel 1966, combinato fra loro sezioni diverse in un brano da 9 minuti (su insistenza del produttore Kit Lambert). 9 minuti sono pochi? Beh allora andiamo avanti solo di un altro anno e troviamo Chad & Jeremy, duo folk inglese trasferitosi in America che pubblicò, tra il '67 ed il '68, due capolavori dimenticati in collaborazione con il produttore Gary Usher. Nel primo dei due, OF CABBAGES & KINGS, c'è The Progress Suite: ben 26 minuti di suoni barocchi, orientali, folk, suoni, rumori e tanto altro (purtroppo niente link in questo caso, in quanto non è presente su YouTube. Ma se cercate su Spotify la trovate, seppur suddivisa in parti, nell'album sopra citato). Poi, a voler essere pignoli, grandissima parte delle suite progressive altro non sono che una serie di frammenti musicali (spesso incompiuti) uniti fra loro senza pause, niente più, niente meno: è davvero così tanto diverso e/o meglio che averli separati in "canzoni"? Secondo me no, e anzi mi pare un po' una presa per i fondelli.

Insomma negli USA si stava sperimentando tanto quanto, se non di più, di quanto si stesse facendo in UK, per di più molto spesso stando all'interno della musica "pop", senza per forza lasciarsi andare in virtuosismi che, questo sì, caratterizzano il progressive. Perché poi alla fine di questo si tratta, musica virtuosistica, di questo si può "vantare", perché in quanto ad innovazione basata sulla combinazione di diverse ispirazioni (come si dice di solito: il rock, la classica ed il jazz), in realtà era pratica diffusa da qualche anno, e non solo in UK. 

Quindi quando si associano le parole "progressive rock" ed "innovazione", meglio farlo con cautela.

Se qualcuno volesse leggere di più sul pop psichedelico, vi consiglio il mio libro PICCOLA ENCICLOPEDIA DEL POP PSICHEDELICO 1966-1969, disponibile su Amazon.

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