Come anticipato nella scorsa recensione, insieme all'album di Joseph Williams, proprio lo stesso giorno, ecco anche quello di Steve Lukather, che arriva ben 8 anni dopo Transition.
Chi segue Lukather da solista sa bene cosa aspettarsi da un suo album, in quanto seppur leader de facto dei Toto, lì si sente il contributo degli altri membri, e forse la fase della band che più si avvicina alla sua sensibilità artistica è quella anni '90, di Kingdom Of Desire e Tambu. Sonorità più rock, qualche ballata, interventi fusion, jam sparse, insomma largo spazio al Lukather musicista e alla usa ruvida voce, ben più che negli altri album dei Toto. Ed in questo specifico nuovo album forse ancor di più, in quanto, in totale contrasto con la meticolosa produzione di Denizen Tenant di Williams, gran parte delle registrazioni sono state realizzate live in studio in giusto un paio di take. Con Gregg Bissonette alla batteria, Jeff Babko alle tastiere (oltre a David Paich ospite in alcuni brani), Jorgen Carlsson e John Pierce al basso e lo stesso Joseph Williams ben presente nei cori, Lukather cerca qui di ricatturare quel modo di registrare album ormai appartenente al passato, in cui la band suonava dal vivo la base strumentale, ci si aggiungeva dopo le voci e stop, fine. Tutto ciò in modo da mantenere una evidente spontaneità e freschezza nelle performance, che effettivamente in molti album viene a mancare.
Come nell'album di Williams, anche qui si alternano brani di nuova composizione e cover, e se il classico Bridge Of Sighs di Robin Trower non stupisce (già la suonava dal vivo con i Toto nel 2016), così come Welcome To The Club dell'amico Joe Walsh (tra l'altro cantata quasi imitando Walsh), la sorpresa più grande è probabilmente la lunga The Low Spark Of High Heeled Boys dei Traffic. Comprensibilmente qui il brano si indurisce rispetto all'originale, mantenendo tutta la sua durata, e qui come nelle altre cover possiamo sentire un Lukather libero di esprimersi in lunghi assoli senza alcun freno. La stessa Bridge Of Sighs, classico brano di stampo blues, guadagna qui un assolo ben più lungo e dinamico rispetto all'originale (trattamento riservatole da Trower solamente in sede live). Altrove troviamo brani interessanti come Along For The Ride, che sembra uscire da uno degli ultimi due album dei Toto (ci sono passaggi non lontani da Alone), e anzi non ci avrebbe affatto sfigurato, o la blueseggiante Serpent Soul, altro bellissimo e coinvolgente brano (questa volta non lontano da certe cose di Mindfields, ma mediamente più piacevole). C'è poi la strumentale Journey Through, con un Lukather tra Jeff Beck ed i Dixie Dregs, ed il gradevole momento leggero di Run To Me, bel brano pop a la Jeff Lynne cantato con Joseph Williams e con un ispirato Ringo Starr alla batteria. La sognante title track aggiunge varietà ad un album estremamente godibile, che nonostante vanti solamente 8 brani, di cui 3 cover, risulta essere uno dei più piacevoli partoriti da Lukather, complice anche una produzione calda ed avvolgente con, per fortuna, un mastering lontano anni luce da quel delitto che fu Toto XIV.Insomma, I Found The Sun Again e Denizen Tenant mostrano senza alcun dubbio come un eventuale futuro dei Toto, in una qualunque formazione che comprenda Williams e Lukather, sia saldamente al sicuro dal punto di vista artistico. Per ora, godiamoci due album di altissimo livello.
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