domenica 17 gennaio 2021

The Beach Boys - Carl and The Passions "So Tough" (1972) Recensione


I Beach Boys del "dopo-Smile" sono una band alla costante ricerca di sé stessi, con il loro leader de facto, Brian Wilson, che spara le sue ultime cartucce in album capolavori (sottovalutati ovviamente) come Friends e Sunflower, e dando un ultimo colpo di coda nello strano ed oscuro Surf's Up, non tanto con la ripescata title track (indiscusso capolavoro, ma risalente all'abortito Smile), quanto nella spettacolare 'Till I Die. Il suo stato psico-fisico non era comunque dei migliori, ed il costante mancato appoggio della band nei suoi confronti (soprattutto da parte di Mike Love, il quale si era opposto anche a 'Till I Die) lo porta verso altri lidi, come le American Spring, band di sua moglie che lui finisce a produrre e ad arrangiare, passando poi il resto del tempo a fare sostanzialmente nulla e lasciando ben poche idee ai compagni di band. 

Band che proprio dall'anno prima aveva cambiato management, rivolgendosi a Jack Rieley (che cantò A Day In The Life of a Tree in Surf's Up), la cui missione era rendere i Beach Boys di nuovo rilevanti, rispettabili musicalmente ed al passo con i tempi. Un po' grazie a lui, ed un po' grazie a Carl Wilson, nel 1972 arrivò la decisione di inserire due nuovi membri nella band, il cantante e chitarrista Blondie Chaplin ed il polistrumentista Rikki Fataar, entrambi dalla band sudafricana Flame. Un altro importante cambio di formazione fu la defezione di Bruce Johnston, comunque presente nelle session ma non molto convinto del cambio di direzione (alcuni dicono che ebbe alcuni problemi con il manager Riley). Caso volle che proprio in quel periodo Dennis Wilson subì un incidente che gli impedì di suonare la batteria per un bel po' di tempo, e così Fataar diventò il batterista ufficiale dei Beach Boys. In questa nuova vesta la band pubblica nel 1972 Carl and the Passions - "So Tough", titolo curioso che si riferisce ad una delle primissime band dei fratelli Wilson e Mike Love, un album che sembra raccogliere il lavoro di quattro band diverse. I contributi di Brian sono pochi, e le due canzoni in gran parte opera sua sono comunque filtrate attraverso la produzione del fratello Carl. Si tratta dell'apertura rock di You Need A Mess Of Help To Stand Alone e di Marcella, quest'ultimo forse uno dei più riusciti brani di quest'epoca, con i suoi begli intrecci vocali ed il ritmo coinvolgente. Altrove troviamo il duo Mike Love - Al Jardine che, folgorato dalla meditazione, ci regala il gospel di He Come Down e quello che forse è il più sottovalutato capolavoro dei Beach Boys anni '70, All This Is That, con bellissime armonie  che donano calore e serenità, oltre che un'interpretazione molto intensa da parte di Carl Wilson: il punto d'arrivo più alto ed irripetibile dei Beach Boys ispirati dalla meditazione trascendentale. I due nuovi arrivati si occupano invece di Here She Comes, spinto brano in cui sembra di sentire certe cose degli Eagles prima degli Eagles, e soprattutto la commovente Hold On Dear Brother, altro brano di altissimo livello, oltre che prima vera conferma delle doti canore di Blondie Chaplin. In conclusione, dopo esser stato escluso da Surf's Up, ecco Dennis Wilson che, come conseguenza dell'essersi visto cancellare il programmato primo album solista, piazza due intensissimi brani nel secondo lato del disco, che poco o nulla hanno a che fare con il resto dell'album. All'epoca infatti Dennis era nel pieno della sua "fase orchestrale", ed infatti i due brani in questione, Make It Good e Cuddle Up, vantano una ingombrante presenza dell'orchestra arrangiata da Daryl Dragon, che li rende drammatici e grandiosi, ben lontani dal rock-folk che il resto dell'album sembrava inseguire. Se Make It Good raggiunge un peso quasi insostenibile nel suo melodrammatico ed inarrestabile crescendo, Cuddle Up è forse più riuscita, grazie anche ai contributi dei compagni di band nei cori, ed è una perfetta e commovente chiusura di uno strano album.

Un album che mostra una band frammentata, alla ricerca di uno stile non ancora chiaro forse, ma certamente diverso dai Beach Boys di Pet Sounds (tra l'altro, curiosamente, all'epoca Carl and The Passions era venduto in formato doppio disco proprio insieme a quest'ultimo album), lontana dalle idee di Brian Wilson, certamente ispirata da esse, ma radicata nell'essenzialità degli anni '70. Come vedremo, nel successivo Holland i pezzi del puzzle si incastreranno in modo un po' più omogeneo, ma Carl and the Passions non merita di essere snobbato, ed anzi mostra una band che tenta per l'ultima volta di rinnovarsi, riuscendoci anche in parte, prima del definitivo passo indietro stilistico dell'operazione "Brian is back" dal 1976 in poi (nonostante Love You del '77 meriti un discorso a parte). Se vi piacciono i Beach Boys ascoltatelo assolutamente, e se non vi piacciono fatelo lo stesso, in quanto questi non sono di certo i Beach Boys che conoscete. 

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