giovedì 14 luglio 2022

Tiny Tim - Rock (1993) Recensione


Tiny Tim è uno dei personaggi più particolari e, in un certo senso, controversi dello scorso secolo. Ricordato soprattutto per l'enorme successo che ebbe la sua versione di Tip Toe Through The Tulips del 1968, in cui metteva in mostra il suo iconico e particolare falsetto accompagnandosi con l'ukulele, in realtà i suoi primi album di fine anni '60, specialmente il primo GOD SAVE TINY TIM, sono dei piccoli gioielli splendidamente prodotti e arrangiati, con ottime interpretazioni di vecchi brani di inizio '900 e una manciata di cose nuove. Perché in fondo uno degli aspetti più interessanti di Tim (vero nome Herbert Butros Khaury) era la sua enciclopedica conoscenza di canzoni provenienti fin dalla fine dell'800 fino al secondo dopoguerra, oltre a saperli eseguire in quel suo stile unico che fa sì che la sua voce sembri quasi uscire da una registrazione d'epoca. Ovviamente negli anni questo aspetto è stato messo in secondo piano dai risvolti comici delle sue apparizioni televisive, come conseguenza della sua particolare personalità e aspetto, soprattutto in un periodo in cui, dopo l'enorme successo di fine anni '60, Tim di fatto accettava ogni offerta pur di esibirsi, anche a costo di coverizzare brani "nuovi" e di venir deriso. 

Ciò ci porta agli anni '90, periodo in cui godette di una sorta di riscoperta, ed in cui pubblicò una interessante manciata di album, sempre composti da cover. Nulla, però, può essere paragonato all'album intitolato, semplicemente, ROCK. Il titolo è alquanto appropriato, in quanto effettivamente Tim si cimenta con un repertorio di natura rock quasi del tutto inedito per lui, senza però riarrangiare le canzoni nel suo peculiare stile, ma essendo invece accompagnato da una vera e propria rock band australiana chiamata His Majesty. A prima vista, guardando la tracklist, si notano solamente cinque titoli, e subito si pensa ad un EP, ma non si può essere più distanti dalla realtà. La tracklist è la seguente:

  1. Highway To Hell
  2. You Give Love A Bad Name
  3. Rebel Yell
  4. I Love Rock And Roll (The Medley)
  5. Eve Of Destruction
Già davanti a titoli del genere viene da strabuzzare gli occhi, ma subito dopo si andrà a notare la lunghezza totale dell'album: 76 minuti. Sì, perché se i primi due brani si aggirano sui 6 minuti l'uno, e il medley rock and roll già sui 16, le rimanenti Rebel Yell e Eve Of Destruction sfiorano i 24 minuti a testa. Highway To Hell, una volta superato il trauma iniziale nel sentire Tiny Tim cantare gli AC\DC in uno stile non lontano da quello di certe cose di Arthur Brown (uno stile che caratterizzerà quasi tutto l'album), è relativamente "normale", specialmente se confrontata con quello che ci aspetta più avanti, mentre You Give Love A Bad Name dei Bon Jovi è assolutamente esilarante e decisamente più energica dell'originale. Già in questi due brani si nota come le take sembrino sostanzialmente in gran parte improvvisate, con la band che segue Tim ovunque vada, spesso ripetendo strofe e ritornelli infinite volte in modi diversi, a volte partendo qualche battuta in anticipo e costringendo, quindi, la band ad adattarsi sul momento. Fino ad ora, però, è stato solamente un antipasto, in quanto i 24 minuti di Rebel Yell (di Billy Idol) sono quasi un inquietante rituale in cui Tim sfodera ogni sua voce e anche qualcuna in più, e dopo tempo interminabile ci si trova di fronte ad urla agghiaccianti e alle ossessive invocazioni di "more, more, more!" con una convinzione ed intensità da far impallidire non solo l'originale, ma l'intero movimento e genere punk. Dopo una quasi mezz'ora estenuante eccoci a I Love Rock And Roll, un "tipico" medley di classici del genere, in cui Tim balza da un brano all'altro come se fosse in un campo di tulipani, ovviamente tutti resi nello stile del resto dell'album, quindi anche qui la maniacale follia non manca. L'apoteosi si raggiunge con l'infinita versione di Eve Of Destruction, in cui il messaggio contro le guerre dell'originale diventa ancora più forte ed intenso, di nuovo avvicinandosi ad un mantra, e in un certo senso rappresentando sia sonoricamente che vocalmente la "distruzione" a cui si va incontro se si continua su questa via: se qualcuno ha ancora voglia di mandare dei giovani a combattere in qualunque guerra dopo questi 24 minuti, forse dovrebbe considerare una visita all'udito, sempre che ancora ci senta qualcosa dopo questa deflagrante quasi mezz'ora. 

Certo, non è assolutamente l'album da cui iniziare la scoperta di Tiny Tim (ripeto, meglio ascoltare GOD BLESS TINY TIM del 1968, vero capolavoro della sua carriera), ma è uno di quei lavori che è difficile credere che esista fino a che non lo si ascolta, e che proprio per la sua natura può provocare reazioni diametralmente opposte nell'ascoltatore, da chi lo considera un capolavoro che va oltre ogni possibile valutazione, a chi lo vede come un noioso, inascoltabile e inutile album di cover "fatte male". Personalmente, in mezzo a tanta melma "sperimentale" che molti snob idolatrano, non vedo perché non inserirci anche ROCK, che magari, oltre ad essere "strano" e "difficile", strappa anche qualche sorriso, seppur sappia bene quanto poco ai suddetti snob piaccia sorridere...   
  




Nessun commento:

Posta un commento