martedì 8 gennaio 2019

Styx - Paradise Theatre (1981) Recensione

Paradise Theatre è il penultimo album prima del primo scioglimento degli Styx, oltre che uno dei miei preferiti. Si tratta a grandi linee di un concept album, formato molto a cuore a Dennis DeYoung, un po' meno agli altri e fonte quindi di vari screzi, pur avendo brani che faticano ad allinearsi con la storia di fondo, e si basa intorno al Paradise Theatre di Chicago, dalla sua fondazione nel 1928 alla chiusura e demolizione del 1958. Tutto questo come metafora del cambio dei tempi, specialmente in America. A quanto pare è anche dell'album più famoso degli Styx, e a mio parere si tratta di un successo più che meritato. L'album infatti scorre in modo pressoché perfetto dall'inizio alla fine, inanellando uno dopo l'altro pezzi diversi fra loro ma di costante qualità. Certamente si tratta di un album quasi interamente votato al pop, tendenza già evidente, e anzi forse ancora più spiccata, nel precedente Cornerstone, ma senza mai cadere nella più totale e zuccherina banalità di molti altri lavori di quei tempi e, specialmente, successivamente. L'inizio con A.D. 1928 introduce l'album con il suo bel tema ricorrente, che fa da introduzione all'energica Rockin' In Paradise, perfetto brano di matrice rock che fa ingranare la marcia giusta all'album. La successiva, e famosissima  Too Much Time On My Hands ammetto che non è tra le mie preferite, pur vantando un arrangiamento piuttosto interessante e delle consuete performance vocali da applausi.
Diverso il discorso per Nothing Ever Goes As Planned, a mio parere una delle vette dell'album con il suo continuo oscillare fra rock, funk, percussioni al limite del reggae e dei bellissimi assoli di chitarra e sax. A mio parere un perfetto esempio di cosa può essere un brano pop, senza comunque mai uscire dai binari dell'ascoltabilità più universale. The Best Of Times è un altro brano di grande fama, che riprende per la prima volta il tema di inizio album e lo espande in una gran bella ballata che sicuramente non brilla per originalità, ma neanche è quella la sua intenzione. Lonely People è un altro gran bel pezzo coinvolgente con un bell'intermezzo inaspettato e ben funziona contestualizzato nell'album. She Cares invece, pur potendo sembrare a prima vista un innocuo brano leggero, sarà per la disarmante sincerità del testo, sarà per le spettacolari armonie vocali di fine ritornello o per quella patina di positivismo che dona al brano una qualità che gli anglofoni definirebbero "uplifting", si rivela essere uno dei miei preferiti dell'album. La qualità si mantiene poi molto alta con la successiva Snowblind, accusata ai tempi di contenere messaggi satanici quando invece altro non è che una canzone contro la cocaina, con i suoi contrasti fra chiaro e scuro ed il suo consueto ottimo assolo centrale.
Altro apice poi con Half-Penny, Two-Penny, che oltre ad essere un brano molto ben costruito e potente, contiene di nuovo un assolo da applausi, e vanta uno dei finali più belli e riusciti che io abbia mai ascoltato. Pian piano il tutto sfuma e ci riporta alla terza reprise del tema principale in A.D. 1958. Il teatro è stato demolito, ma può rimanere vivo finché i ricordi rimarranno con noi. La musichetta di State Street Sadie ci saluta sfumando e congeda questo gran lavoro definitivamente.
Indubbiamente molti reputano decisamente più interessanti gli Styx del "pre-Cornerstone", e posso anche capire il perchè, adorando a mia volta anche quegli album; ma c'è qualcosa in questo Paradise Theatre, nelle singole canzoni, nella produzione, nell'atmosfera, in come l'album è costruito e si evolve nella usa durata, che me lo fa amare più di ogni loro altro lavoro. Che poi si tratti di un album pop, commerciale, o qualunque aggettivo vi venga in mente, poco importa. Certe definizioni lasciano il tempo che trovano di fronte ad un lavoro che semplicemente sa colpire ed emozionare, e questa è la cosa più importante.
Per me si merita un 9 come voto.

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