mercoledì 23 gennaio 2019

Styx - Kilroy Was Here (1983) Recensione

 Quale miglior passatempo in una giornata nevosa se non quello di parlare di uno degli album più controversi mai usciti? Sì certo, l'alternativa sarebbe andare a spalare la suddetta neve, ma quello può aspettare. Dicevamo album controverso, perchè effettivamente di questo si tratta, tanto da portare una band come gli Styx ad un primo scioglimento, oltre che alla fine di una serie di album uno più bello dell'altro. Che dire su Kilroy Was Here? Personalmente credo che sulla carta non si trattasse di un'idea totalmente folle od insensata ai tempi, e che anzi il suo problema più grande stia nella sua realizzazione più che nella sua natura, come invece più volte sostenuto da chiunque negli Styx che non si chiami Dennis DeYoung. L'intento era ovvio: produrre un concept album ambizioso a cui avrebbe seguito una rappresentazione teatrale. Non sarebbe stata la prima volta, basterebbe pensare ai Genesis di The Lamb Lies Down On Broadway o, in tempi allora più recenti, ai Pink Floyd di The Wall; insomma avrebbe avuto senso. Il problema è che l'idea fu di DeYoung, che già stava combattendo contro il resto della band che l'ultima cosa che voleva fare era proprio un concept album, dopo il precedente Paradise Theatre (che però guarda caso rimane il loro album più venduto), e che quindi si è ritrovato quasi in completa solitudine a sviluppare un'idea, con i contributi degli altri che spaziavano dall'appena accettabile al totalmente fuori tema. Questo ha portato l'effettivo album ad essere un prodotto confuso, tanto da arrivare a chiedersi se effettivamente la storia sia anche solo minimamente rilevante ai fini di esso, attestandosi su livelli non dissimili da Paradise Theatre, in cui la "storia" affiorava solo a tratti ed in alcuni brani, non in tutti.   
L'idea di base era di basare l'album in un futuro di profonda crisi, in cui l'ascesa di tale Dr. Righteous (ispirato ai tipici predicatori religiosi americani ed interpretato da James Young), leader del MMM (Majority for Musical Morality) ha portato all'arresto di tutte le rockstar con l'accusa di essere la causa di tutto il degrado, morale e sociale. Ovvio il riferimento all'accusa da parte di certe associazioni religiose nei confronti degli Styx per dei supposti messaggi satanici nascosti nel brano Snowblind del precedente album. Tra le rockstar arrestate c'è Kilroy, interpretato da DeYoung, e tutti questi personaggi vengono rinchiusi in carceri controllate da robot giapponesi. Kilroy riesce a fuggire travestendosi da robot, ed incontra un ribelle chiamato Jonathan Chance (interpretato da Tommy Shaw) con cui trama di riportare alla ribalta il rock. Insomma una trama semplice che però non viene raccontata nel migliore dei modi, lasciando tra l'altro anche un finale non chiarissimo in cui non si capisce se il rock trionfa o semplicemente è un modo di dire "continueremo a lottare"; di fatto facendo intendere che la storia si sia fermata subito dopo la presentazione dei personaggi, non avendo altri elementi narrativi veri e proprio oltre alla fuga di Kilroy dal carcere e all'incontro con Chance.
Volendo c'è un elemento più riflessivo sul come la storia si ripeta, in Haven't We Been Here Before, appena prima del finale, ma a parte questo il resto lascia un po' il tempo che trova, guadagnando giusto un po' in sede live grazie ad un filmato introduttivo e alla rappresentazione visiva di alcuni brani. Spettacoli, quelli live, con un forte elemento teatrale che portò la band ad una crisi interna ed il pubblico a non comprendere né tanto meno apprezzare ciò che si trovavano davanti. 
Ma la musica com'è? Beh, non è il loro album più riuscito senza dubbio. L'apertura di Mr. Roboto, checché se ne dica, la trovo ottima, rivelandosi una delle cose migliori dell'album. Un synth pop con un tono teatrale ed una cantabilità invidiabile e contagiosa: un piccolo capolavoro del pop anni '80. Discorso simile anche se ridimensionato per Don't Let It End, che seppur piacevole rimane in quel terreno più consueto delle ballate tipiche da Cornerstone in poi. Divertente poi la teatrale Heavy Metal Poisoning, il pezzo del Dr. Righteous con tanto di perculante introduzione al contrario in latino ed il magnifico duetto tra DeYoung e Shaw in Haven't We Been Here Before. Il resto effettivamente lascia un po' il tempo che trova, con una Cold War che nonostante il potenziale sembra non andare da nessuna parte (migliorerà nella versione estesa in concerto), e due brani più trascurabili come High Time e Double Life e la pur divertente reprise di Don't Let It End. Nel mezzo c'è Just Get Through This Night, che si trova idealmente in bilico tra le due categorie di brani visti finora, risultando comunque un brano atmosferico ed apprezzabile.
Insomma un bel tonfo dopo l'altissima qualità di Paradise Theatre, che dimostra come la band a quel punto manchi di una direzione generale e condivisa, con DeYoung che tira da una parte e gli altri che tentano di tirare dall'altra senza però offrire valide alternative. Della serie: "non mi piace questa cosa che stiamo facendo" "ok, cosa proponi di fare?" "eh non lo so".
Insomma, non un album brutto, ma un prodotto ben al di sotto delle aspettative, oltre che lontano da quello che avrebbe potuto essere viste le idee messe sul tavolo. Risulta quindi essere un piacevole album pop e niente di più, con i suoi alti e bassi, meritandosi quindi un 6,5 come voto. 

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