Dopo un anno di pausa per via della palese carenza di uscite discografiche interessanti, almeno per chi scrive, riecco a grande richiesta (?) la Top 10 degli album che più ho apprezzato in questo 2021.
In coda all'articolo, per i più curiosi, troverete una playlist con un brano estratto da ognuno degli album in lista.
10 - Roger Taylor - Outsider
Ho sempre avuto un debole per la carriera solista di Roger Taylor che, seppur alquanto altalenante, ci ha perlomeno regalato un indiscutibile capolavoro in Happiness?, nell'ormai lontano 1994. Dopo Fun On Earth, che non mi ha mai detto molto, Outsider sembra essere un bel passo avanti, un ritorno all'ispirazione degli anni '90, seppure tra reprise, riarrangiamenti ed un, seppur ottimo, brano già noto in chiusura (Journey's End), ci sia effettivamente poco materiale veramente inedito. Tides, Absolutely Anything e la versione acustica del classico Foreign Sand, però, da sole valgono il prezzo dell'album.
9 - The Darkness - Motorheart
Ne ho parlato qui. Nonostante personalmente lo ritenga un piccolo passo indietro rispetto ai precedenti album, Motorheart sa divertire come ogni album dei Darkness, grazie al loro ormai noto senso dell'umorismo unito al consueto, sano e solido hard rock vecchio stile. La title track, Welcome Tae Glasgae, Jussy's Girl e Sticky Situations sono solo alcuni dei brani che spiccano.
8 - Deep Purple - Turning To Crime
Ad appena un anno di distanza dal loro ultimo, ottimo album, i Deep Purple, complice il forzato stop ai tour, pubblicano il loro primo disco interamente composto da cover. Nulla di miracoloso, ovviamente, ma l'entusiasmo contagioso con cui la band affronta alcuni di questi brani rende l'album un ascolto assolutamente consigliato. 7 And 7 Is, Oh Well, Jenny Take a Ride!, White Room ed il medley finale Caught In The Act sono i vertici indiscussi.
7 - Brian Wilson - At My Piano/Long Promised Road
Un caso particolare questo, in cui ho voluto includere due album in una singola posizione, sia perchè entrambi opera di Brian Wilson, sia perchè usciti ad una settimana di distanza l'uno dall'altro. Long Promised Road è la colonna sonora dell'omonimo documentario, e contiene un paio di nuovi brani, qualche prova in studio dal vivo ed una manciata di tracce risalenti alle leggendarie session con Andy Paley nel 1994/95. Un album un po' caotico ma con qualche perla come la nuova Right Where I Belong e It's Not Easy Being Me, risalente gli anni '90.
At My Piano è invece un album di riarrangiamenti per solo pianoforte di una selezione di classici della carriera di Brian Wilson e dei Beach Boys, suonati da lui stesso con varie sovraincisioni per riprodurre i complessi arrangiamenti. Si tratta di un lavoro di fondamentale importanza, un raro caso in cui uno dei più importanti compositori del secolo scorso sveste i suoi brani e li rende più "comprensibili" a chi vuole studiarli o anche solo goderseli sotto una nuova luce. Solamente i Piano Rolls di Gershwin possono essere paragonati a questo album in quanto ad importanza storica.
6 - Robert Plant & Alison Krauss - Raise The Roof
Seguito del pluricelebrato Raising Sand dell'ormai lontano 2007, il duo Plant/Krauss torna con il difficile compito di bissare il successo dell'esordio. Tenendo conto del tiepido entusiasmo con cui ho accolto Raising Sand ai tempi, posso tranquillamente affermare che Raise The Roof, nonostante sicuramente non avrà gli stessi riconoscimenti del predecessore, ne esce a testa alta. Gli ingredienti sono gli stessi, ma la produzione (o meglio, il mastering) rende l'ascolto più piacevole, e le interpretazioni vocali del duo, specie di Plant, paiono più convinte, più azzeccate. Un piacevole e confortevole album consigliato a chiunque apprezzi certa musica di stampo americano, tra country, blues e folk.
5 - Joseph Williams - Denizen Tenant
Ne ho parlato qui. Uscito lo stesso giorno di I Found The Sun Again di Steve Lukather, suo compagno di band nei Toto, Denizen Tenant è probabilmente il miglior album della discontinua discografia di Joseph Williams. Tolte un paio di ridondanti cover, le canzoni sono meravigliosamente composte ed arrangiate, con quel tocco di modernità non invasiva e la ritrovata voce di Williams a stagliarsi su di esse. Probabilmente selezionando un manciata di canzoni di questo album ed un'altra manciata da quello di Lukather (che non è presente in lista per poco) si sarebbe avuto un ottimo album dei Toto, ma non si può avere tutto. Liberty Man, Black Dahlia, The Dream, No Lessons e World Broken hanno poco o nulla da invidiare ai migliori brani di Toto XIV.
4 - ABBA - Voyage
Il tanto atteso ritorno degli ABBA è una delle sorprese più inaspettate dell'anno. Già solo il nome ABBA in copertina avrebbe reso l'album degno di interesse per i fan, se a questo però ci aggiungiamo il fatto che l'album è effettivamente ottimo, cosa tutt'altro che scontata dopo 40 anni di pausa, non si può che applaudire. Tra vecchi brani ultimati ora e nuove composizioni, Voyage scorre che è un piacere, non facendo notare troppo distacco stilistico dai vecchi album, specialmente quelli della seconda metà degli anni '70 (prima della svolta più disco-elettronica di fine '70, inizio '80). Un perfetto esempio di come ancora oggi si possa fare dell'ottima musica pop.
3 - The Pillbugs - Marigold Something
Probabilmente la band meno nota in questa classifica, ma una delle più interessanti tra quelle nate dal revival psichedelico anni '90. Dopo lo scioglimento di ormai quasi 15 anni fa per via della morte del loro bassista, quest'anno ecco uscire un lungo album doppio, il terzo in questo formato nella loro discografia. Il loro consueto stile tra Beatles, Klaatu e Jellyfish è rimasto in ottimi brani come Holding Back and Up, Dangerman, This Is A Wrap, la lunga Trip into Darkness, Water Safe to Drink, mentre Miracles Come (Once In a While) sembra prendere anche dai primissimi Queen. Forse non un album imprescindibile del genere (le vette della cosiddetta neo-psichedelia ritengo che arrivino praticamente tutte dal collettivo Elephant 6), ma una gran bella sorpresa di questi tempi.
2 - The Beach Boys - Feel Flows: The Sunflower & Surf's Up Sessions 1969–1971
Ne ho parlato qui. Un gran bel cofanetto di cinque dischi che copre il periodo tra il 1969 ed il 1971 dei Beach Boys, inclusi gli album Sunflower e Surf's Up rimasterizzati, ma il fulcro è nell'enorme quantità di brani "di contorno": tra outtake alternative, canzoni scartate, idee abbozzate, tracce vocali e strumentali isolate, la quantità e qualità della musica qui inclusa è incredibile. La rivelazione sono senza dubbio i brani di Dennis Wilson, che proprio in quel periodo, nonostante il poco spazio concessogli nei dischi della band, si stava formando come compositore. Un cofanetto secondo solo alle leggendarie Smile Sessions in quanto a qualità ed importanza.
1 - Micky Dolenz - Dolenz Sings Nesmith
Ne ho parlato qui. Al primo posto con anche un discreto distacco c'è di diritto l'album in cui Micky Dolenz reinterpreta una selezione di brani composti da Michael Nesmith, sia nel periodo dei Monkees che successivamente. I recenti tristi eventi hanno involontariamente trasformato questo album in un tributo a Nesmith e alla sua arte, ma anche senza la recente componente emozionale è difficile rimanere indifferenti di fronte ad un album del genere. Le canzoni sono ottime, Dolenz canta ancora come un ragazzino e gli arrangiamenti e la produzione di Christian Nesmith, figlio di Michael, sono come un faro di speranza in mezzo alla freddezza e piattezza del 99% delle uscite moderne, evitando anche di usare l'autotune. Basterebbero da sole la versione raga di Circle Sky o la complessa versione di Tapioca Tundra a reggere l'intero album, ma in realtà c'è tanto, tanto altro. Un album magnifico.
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