Con The Man & The Journey si intende una coppia di lunghi brani musicali tematici, suite se vogliamo, proposti solamente in concerto nell'arco del 1969, lunghi circa una quarantina di minuti l'uno e composti sia da materiale nuovo, spesso frutto di improvvisazione, che da brani poi finiti in More e Ummagumma.
Quindi ci si trova davanti ad una situazione non dissimile al dilemma dell'uovo e della gallina, non tanto per i brani di More, comunque a grandi linee contemporanei, quanto per quelli di Ummagumma. Anche vero che, come vedremo più avanti quando analizzerò nel dettaglio il contenuto, sono anche presenti brani presi da album precedenti, implicando quindi una decisione di riutilizzare materiale già edito. Credo quindi che i brani allora ancora inediti non siano stati composti per una cosa o per l'altra specificatamente, ma che avendoli a disposizione si sia deciso semplicemente di usarli in quanto in qualche modo coerenti con il "concept". Questa sovrapposizione di materiale potrebbe spiegare la mancata pubblicazione ufficiale di una qualche testimonianza di The Man & The Journey ai tempi, cosa comunque considerata pare, e magari idealmente sostituita dal più normale disco live di Ummagumma.
Esistono varie testimonianze di questi concerti, tra cui una di bassa qualità proprio alla Royal Festival Hall, una versione ridotta suonata alla BBC per il programma Top Gear il 12 Maggio, ed il ben più famoso, per anni bootlegato e poi uscito in The Early Years 1965-1972 nel 2016, concerto al Concertgebouw di Amsterdam del 17 Settembre 1969.
Quest'ultimo concerto è sicuramente la miglior testimonianza di The Man & The Journey in quanto completo e di ottima qualità sonora. Indubbiamente ha delle occasionali rovinose cadute nella performance, ma ciò non impedisce di apprezzarne la bellezza. Basandoci quindi su questa versione, e citando eventuali differenze con altre se presenti, andiamo a vederne il contenuto:
The Man
Daybreak: la prima suite inizia con la bucolica Daybreak, a rappresentare l'alba, il risveglio, l'inizio della giornata dell'uomo. Di fatto si tratta di Grantchester Meadows, poi in Ummagumma, in una versione non del solo Waters alla chitarra e voce come nell'album, ma con anche Gilmour alla seconda chitarra e armonie vocali, e Wright ad inserire ottime parti di organo, assenti nella versione sull'album.
Work: dopo il risveglio il nostro protagonista va al lavoro, e questa sezione è introdotta da una rumorosa sirena, che lascia poi spazio ad un brano puramente percussivo guidato da Mason, con gli altri tre occupati a costruire un tavolo a suon di chiodi, martelli e sega, tutto a tempo di musica. Questa sezione non si tratta di un vero e proprio brano, e quindi non è presente su alcun album.
Teatime: questa sezione non è presente in The Early Years, anche perchè priva di un qualsivoglia elemento musicale, essendo in sostanza il momento della "pausa tè", in cui i Floyd si facevano servire il tè dai roadie sul palco. Sono in molti a tracciare una sorta di collegamento stilistico con Alan's Psychedelic Breakfast da Atom Heart Mother, di appena un anno dopo.
Afternoon: il pomeriggio, un momento di pigrizia e riposo, in un brano che molto probabilmente fu scritto ad hoc, in quanto non trovò poi spazio in nessun album dell'epoca. Bisognerà aspettare fino al 1971 per poterne ascoltare una versione in studio, sulla raccolta Relics, re-intitolata Biding My Time. Questo semplice brano blueseggiante è interessante specialmente per la performance di Wright al trombone.
Doing It!: altro brano guidato dalle percussioni che sta a rappresentare il rapporto sessuale, che non esiste su alcun album ma non è dissimile da certe cose come il finale di The Grand Vizier's Garden Party (Entertainment) da Ummagumma, Up The Khyber da More o addirittura Heart Beat Pig Meat dalla colonna sonora di Zariskie Point, a seconda della performance della singola serata.
Sleeping: il protagonista si addormenta, e a rappresentare questo momento ci pensa un classico brano atmosferico tipico della produzione dei Pink Floyd di quest'epoca. Difficile dire con certezza di che brano si tratti guardando agli album in studio, e forse il più plausibile è Quicksilver da More, qui però corredato dal suono di respiri.
Nightmare: a rappresentare l'incubo ci pensa una versione estesa di Cymbaline da More. Sia in questo caso che quando il brano veniva suonato dal vivo all'interno di una normale scaletta, esso finisce per diventare più spinto, implementare un assolo di Gilmour ed una sezione rumoristica centrale, entrambe le cose non presenti nella quasi acustica versione in studio.
Labyrinth: la breve chiusura della suite; a seconda delle versioni si tratta o di un semplice collage sonoro formato in gran parte da orologi, oppure di una reprise di Daybreak.
The Journey
The Beginning: l'inizio del viaggio, la partenza dalle verdi campagne inglesi, rappresentato qui da Green Is The Colour da More, in una versione anche qui estesa e con un crescendo finale.
Beset By The Creatures Of The Deep: il viaggio procede per mare, dove il protagonista è, letteralmente, "assalito dalle creature delle profondità", e quale miglior brano per rappresentare questa tensione di Careful With That Axe Eugene? Qui come in praticamente ogni concerto dell'epoca Careful inizia direttamente dalla fine di Green Is The Colour, senza alcuna pausa.
The Narrow Way: dopo essersi lasciati alle spalle le creature delle profondità, la nave si ritrova nel mezzo di una tempesta, prima di raggiungere finalmente la terra. Questa parte del viaggio è rappresentata da The Narrow Wat part III, da Ummagumma. Purtroppo la versione di Amsterdam ci regala un Gilmour che segue una linea melodica tutta sua, risultando a dir poco esilarante.
The Pink Jungle: il protagonista una volta a terra si ritrova a dover attraversare una misteriosa giungla, illustrata da un brano che si rivela essere un riarrangiamento di Pow. R Toc. H da The Piper At The Gates Of Dawn. In altri concerti il pezzo in questione prenderà le sembianze di un altro brano dalle tinte tribali non meglio identificato.
Behold The Temple Of Light: il protagonista raggiunge un non meglio identificato "tempio della luce", e ad accompagnarlo ci pensa un altro brano che si può definire inedito, caratterizzato da brillanti accordi di chitarra non dissimili dall'inizio di The Narrow Way part III da Ummagumma, ma che qui si sviluppano in un modo decisamente più interessante.
The End Of The Beginning: il viaggio si conclude in modo trionfale con quella che è l'ultima sezione del brano A Saucerful Of Secrets, chiamato anche Celestial Voices. In svariate occasioni Wright suonò questo brano con l'organo a canne, nelle sale da concerto che ne vantavano uno al loro interno, quando non addirittura con l'aggiunta di un coro.
In definitiva, questo lavoro sarebbe stato degno di una pubblicazione ufficiale? Di certo sarebbe stato molto interessante, ed avrebbe dato un ruolo ed una casa a brani che finiranno per essere "buttati" in album oggettivamente altalenanti, seppur carichi di fascino. Che poi l'idea ed il risultato abbiano quell'alone di pretenziosità ed ingenuità non lo metto in dubbio, ma non si può negare il fatto che The Man e The Journey rappresentino una delle migliori testimonianze, oltre agli album ufficiali, di uno dei periodi più interessanti e produttivi della carriera dei Pink Floyd.
Vi lascio un interessante video delle prove prima del concerto alla Royal Festival Hall:
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