venerdì 18 agosto 2017

The Crazy World of Arthur Brown al FIM di Erba, 26/05/2017. Recensione, foto e video.

 



Qualche mese fa rimasi stupito nel leggere che il mitico Arthur Brown sarebbe venuto in Italia, precisamente al FIM ad Erba. Ma Arthur Brown quello del Crazy World? Del fuoco in testa e del gruppo con Carl Palmer? Proprio lui (a parte il fatto che Palmer non faceva parte del primo Crazy World, come erroneamente molti scrivono, compresa Wikipedia; ma entrò nel gruppo per pochi mesi nel '69 in sostituzione al primo batterista, poco prima dello scioglimento del gruppo)! Fu una grande notizia per me, che da anni controllo regolarmente il suo sito ufficiale sperando in qualche data in terra italica, e puntualmente ne esco deluso. Un'occasione da non perdere quindi! Ma andiamo per gradi: qui vi racconterò come è stata la serata, o meglio la giornata, passata al FIM.

Arriviamo al Lariofiere intorno alle 4 del pomeriggio, (dico arriviamo perchè con me era anche Martina, la mia ragazza), ed iniziamo a girovagare nei 3 grandi padiglioni, di cui 2 con palco. Curiosiamo tra le bancarelle, parliamo con gente appassionata come noi, compriamo 2 album degli Arabs In Aspic alla bancarella della Black Widow Records (se non conoscete questo gruppo rimediate subito!), e con calma attendiamo le fatidiche 18:45, ora in cui Arthur Brown dovrebbe farsi vivo in una zona adibita ad interviste ed incontri con il pubblico.
Con qualche minuto di ritardo arriva, risponde ad un po' di domande e poi, al momento della foto di rito, corre giù dal palchetto per un cambio d'abito fulmineo (non si smentisce mai), ritorna e poi si dedica ai fan a lato palco. Siamo entrambi molto stupiti dalla sua simpatia e disponibilità: mi faccio autografare una copia del suo primo album, ci facciamo una foto insieme, e poi stretta di mano finale con me e baciamano con Martina (credo che non si sia più lavata quella mano ahah).
  
Dopo questa esperienza (che per noi già è valsa il prezzo del biglietto), ci spostiamo nel padiglione principale per assistere ad una manciata di band prima dell'arrivo del Crazy World. Si susseguono quindi i CAP (Consorzio Acqua Potabile), i Segno Del Comando e i Jumbo, due dei quali (il primo e il terzo) con un notevole Alvaro Fella alla voce. Ed eccoci quindi al gran momento, mi si perdoni un "track by track" che a volte può risultare pesante alla lettura, ma lo reputo necessario in questo caso.

Iniziamo da Nightmare, pezzo di apertura del suo primo album, risalente ormai a ben 49 anni fa. Dopo un'introduzione pacata ma inquietante all'organo, eccolo finalmente il signor Brown con un mantello scuro e un largo cappello. Pronto a far tremare le fondamenta con i suoi toni profondi e a tagliare il muro del suono creato dalla giovane band con il suo leggendario falsetto. E già qui si notano 2 cose: la prima è l'audio, che rimbomba all'inverosimile, prova del fatto che il luogo non era molto adatto a dei concerti, ma ci si può accontentare. L'altra cosa è... ma siamo sicuri che questo signore stia per compiere 75 anni? Urla, balla e salta più di un ventenne!

 Giusto il tempo di un estemporaneo "aloha" e subito si riparte con Devil's Grip, singolo precedente al primo album del Crazy World essendo del 1967, ed avanti di anni grazie alla tematica del testo ed il suono massiccio dell'hammond, ancora tutt'altro che affermato in certi ambiti nell'anno della summer of love. Altra magnifica prestazione condita da balletti folli ed un abito dal dubbio gusto, ma lui è lui e quindi glielo si perdona (anzi fa parte del suo fascino).

Segue Kites, cover di un famoso pezzo di Simon Dupree & The Big Sound, gruppo composto da 3 fratelli dal cognome Shulman, i quali diventeranno da lì a qualche anno parte integrante dei Gentle Giant. Ma parliamo della versione di Arthur Brown: musicalmente sembra sfiorare sonorità reggae e, quasi paradossalmente, territori non lontani dal tango (o forse sono io che sono stato condizionato dal notevole ballo di Brown con la bravissima ballerina di cui, purtroppo, non ricordo il nome).
Molto interessante davvero, uno dei picchi della serata indubbiamente.

Dopodiché eccoci ad un classico con la C maiuscola: I Put A Spell On You. Ho sempre sostenuto che
la sua versione fosse quella definitiva, superando nell'interpretazione persino l'originale di Screamin' Jay Hawkins. Altro cambio d'abito ovviamente e incredibile performance a livello vocale. Ma quello che rimane per forza in mente è il momento in cui Brown prende una delle 2 tastiere e la porta in giro per il palco, costringendo il povero tastierista a seguirlo continuando a suonare. Una scena esilarante e di gran spettacolo, chapeau al tastierista che non ha perso un colpo. Ovviamente nel momento di rimettere a posto la tastiera un cavo si stacca, così entrambi si mettono alla ricerca e pochi secondi dopo tutto torna alla normalità; salvo il fatto che quando Brown ritorna al microfono, è il suo di cavo a staccarsi, causando
momenti di ilarità sul palco e tra il pubblico. Instant karma is going to get you! (cit.)

Segue un estratto di Gypsy's Escape, dal primo album dei Kingdom Come, con Arthur Brown via dal palco per lasciar spazio alla ballerina, che delizia il pubblico con una ottima performance!

 Riecco quindi tornare Arthur Brown con un nuovo costume. Questa volta ci troviamo davanti ad un pezzo a noi sconosciuto; trattasi di Touched By All, dal suo ultimo album Zim Zam Zim. Notevole brano strutturato in crescendo, in gran parte parlato, ma con impressionanti inserti quasi operistici di Brown sul finale. Quello che stupisce, a circa metà canzone, è il suo costume, che inaspettatamente si "accende". Una di quelle cose che decontestualizzate, o fatte da chiunque altro, avrebbero sfiorato il ridicolo, ma lui riesce a far trasparire gran classe anche in questo caso. Anche quando inizia a correre e saltare per il palco sembrando un albero di Natale umano.

A questo punto arriviamo ad un picco altissimo per me: una incredibile versione di Time Captives (o Captains?) dall'album Journey dei Kingdom Come, famoso per essere stato il primo ad usare una drum machine. Qui Brown arriva sul palco con una tunica sgargiante e con fare trionfale. E pian piano le sonorità fredde e puramente elettroniche lasciano il posto all'intera band che dà il massimo (anche ai cori) in un crescendo da pelle d'oca. Decisamente superiore alla versione in studio.

Dopo vette del genere come si potrà mai continuare? Beh, con Sunrise ovviamente! Potente ballata tra il blues e il soul, anche questa un continuo crescendo, e anche qui un Brown che ci fa seriamente dubitare della sua età, con urla che ghiacciano il sangue ora come nel 1971. Complimenti anche alla chitarrista, che si difende molto bene per tutto il concerto, ma che qui ha modo di stare un po' di più sotto i riflettori nei 2 bellissimi assoli presenti in questo brano.

"Io....sono... THE GOD OF HELLFIRE. AND I BRING YOU..." annuncia Brown in quello che è il momento che molti aspettavano. Il momento di Fire, pezzo trainante che marchiò a fuoco (eheh) la sua intera carriera. Niente elmetto infuocato (probabilmente per mancanza di tempo, o per questioni di sicurezza), ma una versione in grado di far alzare in piedi e cantare tutto il pubblico. E come ciliegina sulla torta, ad un certo punto eccolo proprio di fronte a noi Arthur, che scende dal palco e si mette a duettare con il pubblico stando in mezzo ad esso, letteralmente di fronte a me ad una distanza di circa mezzo metro scarso. Per poi concludere il pezzo tornando sul palco e affrontando l'ultimo crescendo con la sempre bravissima ballerina alle sue spalle. Un degno finale. O forse no...

Ebbene nonostante lo stesso Arthur prima di Fire annunciò di avere solo 5 minuti a disposizione, per fortuna si decide di fare uno strappo alla regola, regalandoci quindi una sorta di "encore" con il ripescaggio di Spirit Of Joy, sempre dall'album Journey dei Kingdom Come. E proprio di gioia si tratta, con ancora tutti in piedi da Fire a cantare insieme a lui. Portando così alla conclusione una bellissima serata, per noi indimenticabile.

Per chi è interessato a vedere i video ripresi al concerto, eccovi il link alla playlist.

Detto questo, volevo concludere dicendo ancora un paio di cose. Innanzitutto, alcuni aspetti dell'organizzazione mi hanno un po' deluso (audio a parte, di cui ho già parlato). Voglio dire, si sa che in un contesto comunque affine ad un festival i soundcheck, nei limiti del possibile, si fanno prima e in ordine contrario di apparizione. Qui no, qui ogni band aveva un'ora COMPRESO il soundcheck. Risultato? I CAP che hanno suonato 3 pezzi ad esempio... Ora, capisco che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, ma certi buchi nell'organizzazione mi hanno un po' lasciato l'amaro in bocca. Altra cosa che mi ha stupito e "deluso" è stato il numero di partecipanti. Io posso capire che magari Erba non sia il luogo più comodo da raggiungere per tutti, ma stiamo parlando di Arthur Brown! Un personaggio che ha rivoluzionato il modo di fare spettacolo nel mondo musicale. Che è stato fonte di ispirazione per chiunque ad un certo punto abbia anche solo pensato di mettersi un po' di trucco in faccia. Un personaggio che non suonava in Italia dal 1973. E ci saranno state si e no 100/150, massimo 200 persone. Sicuro che molta gente avrà preferito andare il giorno dopo grazie alla presenza di David Cross e David Jackson, ma non era forse meglio, dovendo per forza scegliere un solo giorno, godersi lo spettacolo di un artista la cui presenza nel nostro bel paese è tutt'altro che inflazionata, magari convincendolo così a tornare un giorno? Forse è mancata la pubblicità? Non credo, altrimenti non lo sarei venuto a sapere neanche io. Forse è stata ignoranza? Eeehhh...

Ma comunque, la perfezione non esiste e si sa. Quello che ci è rimasto è un senso di felicità e soddisfazione per essere riusciti a vedere un'autentica Leggenda.
Uno dei migliori concerti in assoluto per me.
Alla prossima!

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