giovedì 16 agosto 2018

Mikayel Abazyan - Something More (2018) Recensione

In un anno povero di uscite, per il sottoscritto, rilevanti, ecco finalmente un lavoro in grado di risollevare le sorti di un anno piuttosto incolore per la musica. Mikayel Abazyan, dall'Armenia, può forse essere noto ad una certa cerchia di persone per il suo collegamento a Peter Hammill, alla luce del suo tributo Something Deep Within Me del 2016 (oltre alla sua presenza nell'altro tributo All Of Us Pilgrims, realizzato con i membri del gruppo Facebook The Top Of The World Club) e della sua vocalità indubbiamente influenzata da esso, a tratti davvero molto vicina anche a livello timbrico. Ma questo Someting More è diverso innanzitutto nella sua natura, essendo un album di brani nuovi. Certo, l'influenza "Hammilliana" si sente a tratti nella già citata impostazione vocale e non solo, come è normale che sia, ma non è affatto l'unica via intrapresa in un album veramente interessante.

Shortcut apre l'album e già mette in chiaro ciò che ci troveremo davanti nel resto dell'album: si parla della vita, delle domande che essa ci fa porre. Il brano, caratterizzato da ripetuti riff ritmici di chitarra ed un costante crescendo, mostra certamente la già citata influenza stilistica di Peter Hammill, così come la successiva When?. Ciò che ho notato però, se proprio bisogna fare confronti tra i due, cosa comunque non certo necessaria, è un gusto melodico più spiccato nello stile di Mikayel, cosa che ho molto apprezzato. When? si dimostra essere un brano certamente più oscuro e misterioso, parlando dei dubbi su quando precisamente qualcosa è iniziato ad andare storto in una data situazione. Ho davvero apprezzato molto l'atmosfera che è in grado di creare, non lontana da quella di un vecchio film, non saprei spiegare meglio. Pitfalls riesce ad essere ancora più oscura, oltre che uno dei miei brani preferiti dell'intero album. Gl incroci di piano e archi, l'interpretazione intensa di Mikayel, le sinistre dissonanze che appaiono a tratti, l'armonica: tutto è in perfetto equilibrio in questi quasi 9 minuti. Il risolutivo crescendo ci porta, senza alcuna pausa, alla successiva What You Are, brano decisamente più positivo e ritmico del precedente. Ho particolarmente apprezzato, in questo brano ma non solo, la scelta di lasciar respirare la musica, che mai risulta claustrofobica, ma neanche finisce per annoiare. Bellissimo il riff doppiato dalla voce poco dopo la metà del brano. Lo spaventoso rumore di un terremoto introduce The Crack In The Ceiling, altro brano molto intenso che parla proprio del trauma che un terremoto può causare. Qui piano e voce fanno da padroni, fino a che l'inaspettata ma azzeccata tromba di Rafael Tatencyan fa capolino rendendo il brano ancora più affascinante. Le successive Lake Of Gusts e 15 Minutes Will Do alleggeriscono un po' la tensione portandoci in territori più "pop" che, per quanto mi riguarda, sono i benvenuti. Lake Of Gusts in particolare mi è rimasta in testa tanto da ritrovarmi a canticchiarla più volte. Diciamo che si sente qui un'influenza Beatlesiana che non posso non apprezzare. Entrambe sono ottimamente suonate, cantate e riarrangiate, con tocchi di classe come ad esempio la distorsione sulla voce, la chitarra con il wah e gli inserti di violino di Rima Mirzoyan (che ritroveremo anche nelle ultime due canzoni) in Lake Of Gusts. Che dire poi di No More? A mio parere il brano centrale dell'album, ispirato dalla recente sequela di tristi addii a personaggi che ci hanno segnato la vita in diversi campi artistici e non. Bella melodia, ottimo arrangiamento, e davvero intenso il finale. Uno dei pezzi più commoventi che io abbia mai avuto il piacere di ascoltare. Se anche l'album finisse qui per me sarebbe un capolavoro, ma ecco Castles Of Clouds (in sleep paralysis) che con un colpo di coda porta l'album alla sua conclusione nel migliore dei modi. Un bellissimo brano con un che di malinconico ed una melodia che mi ricorda un po' lo stile di Ray Davies, ed il che è un'ottima cosa.

Cosa aggiungere? Senza dubbio l'album migliore del 2018 per me. Le canzoni sono tutte memorabili e ben scritte, gli arrangiamenti sempre ottimi, le performance, sia di Mikayel che dei musicisti coinvolti, anche. Stili variegati e generi musicali diversi fra loro riescono a convivere in equilibrio in un album che riesce comunque a mantenere una chiara e definita direzione. In ultimo ho molto apprezzato i testi, sicuramente non banali e che richiedono attenzione per essere compresi ed apprezzati.
Un 9 abbondante come voto per me.
Vi consiglio caldamente di andare ad ascoltarlo e, perchè no, a comprarlo qui su Bandcamp, perchè merita davvero molta attenzione.

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