Ora, vent'anni dopo, grazie al figlio Dhani e a Paul Hicks, finalmente possiamo ascoltare una nuova versione di ALL THINGS MUST PASS, interamente remixato e con l'aggiunta di ben tre CD contenenti materiale finora in gran parte inedito, per un totale di una settantina di canzoni. Ora, com'è solito fare in questi casi, l'album è uscito in innumerevoli diverse versioni, che vanno dalla più basilare su 2 CD fino all'esagerata edizione limitata super deluxe in baule di legno con statuette di Harrison con i nani ed altre cose perfette per far lievitare il prezzo. Qui non parlerò delle uscite fisiche ma mi limiterò a vedere il contenuto musicale, che per fortuna è presente anche sui maggiori siti di streaming.
IL REMIX
Come dico sempre quando parlo di remix, il mix non è mai una scienza esatta. Ci sono mix ottimi, altri un po' meno, tanto dipende dai gusti di chi ascolta, ma quando ci si trova di fronte ad un album al suo cinquantesimo anniversario (discorso simile a quello fatto con i remix dei Beatles), entra in gioco un altro elemento importante: l'abitudine. Se infatti a livello tecnico si può discutere su cosa sia meglio o peggio, di fatto anche un mix pieno di difetti dopo mezzo secolo di ascolti è così radicato nella mente degli ascoltatori che anche i suoi eventuali difetti e limiti diventano caratteristiche essenziali, a cui i fan faranno fatica a rinunciare. Dhani e Paul Hicks in questo caso, a parere di chi scrive, hanno fatto un lavoro egregio. Il wall of sound di Spector (o dello stesso Harrison) carico di riverbero è appena appena "addomesticato", asciugato, ripulito, senza però far perdere troppo le sue caratteristiche. Le voci sono più presenti, le frequenze basse più corpose e meno attutite, le chitarre sono più brillanti, ma il suono enorme che contraddistingueva l'album allora è ancora in gran parte presente. My Sweet Lord è un piacere da ascoltare, mentre Wah-Wah guadagna una potenza ancora maggiore, laddove invece una Let It Down sembra un pelo meno dinamica (qui forse più per un mastering che tende ad appiattire un pelo le dinamiche alzando il volume delle parti inizialmente più basse, come già visto con Long Long Long dal WHITE ALBUM, e com'è usanza ormai da anni); insomma la perfezione non esiste, ma in generale penso che l'album ora si ascolti con ancor più piacere, scoprendo anche dettagli inediti sparsi qua e là.
IL MATERIALE AGGIUNTO
In definitiva, tra l'album vero e proprio ed il materiale aggiunto siamo circa sulle quattro ore e mezza di musica, ed il che non è poco. Vale la pena darci un ascolto? A parere di chi scrive sì, in quanto è un ottima occasione per riscoprire un ottimo album, di riascoltarlo in una veste parzialmente nuova (seppur non radicalmente, ed in un certo senso è meglio così) e di godersi poi un Harrison totalmente inedito nell'immediato post-Beatles che lavora all'enorme mole di nuova musica accumulata negli anni. Magari lasciamo i cofanettoni ai ricchi fanatici, ma almeno un paio di stream li merita senza alcun dubbio.
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